Il Museo Archeologico di Iraklion, a Creta

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Finalmente, mi vien da dire! Finalmente sono riuscito a visitare il Museo Archeologico di Iraklion, a Creta, che ha riaperto solo nel 2014 dopo oltre tredici anni di lavori. In realtà dal 2001 alcuni oggetti erano comunque visibili in una striminzita sezione temporanea dell’esposizione, ma certo l’effetto del nuovo Museo è tutt’altra cosa, sia per la quantità-qualità del materiale esposto, sia per la sobria – elegante e rigorosa nel contempo – modalità espressiva dei reperti.

Unica pecca (non da poco, va detto) è un bookshop modestissimo, che in Italia ti aspetteresti in un piccolo museo locale, magari con sede in qualche stanza del Comune o della parrocchia (detto con tutto il rispetto), con pubblicazioni vetuste e senza neppure una guida breve dell’esposizione. Mi hanno però detto che quest’ultima è in corso di pubblicazione: dunque aspettiamo fiduciosi. Nel frattempo, per visitarlo, basterà il depliant consegnato col biglietto, e la memoria di alcune delle opere d’arte più belle studiate negli anni del Liceo e/o dell’Università: vi è infatti raccolto – insieme ad altro – il “meglio” dell’arte minoica.

La struttura del Museo, la storia di Creta
Ho molto pensato a come impostare questo articolo, perché il rischio è senza dubbio quello di trasformarlo in un noiosissimo trattatello di storia cretese. Volendo però scongiurarlo, mi limiterò a ricordare come l’esposizione sia su due piani, e che il pianterreno sia occupato dalle sale dell’archeologia cretese dalla protostoria fino al termine dell’età minoica, mentre il primo piano – dopo la strepitosa sala degli affreschi – veda i non meno interessanti resti della Creta d’epoca greca e romana. Infatti dopo gli splendori “palaziali” dell’età minoica (III-II millennio a.C. fino al suo “crollo” e alla conquista micenea) a Creta toccò la sorte di molte altre zone del mondo greco. Si affermò così una civiltà evoluta greca a tutti gli effetti,  organizzata in poleis, che resistette fino ai successivi cambiamenti d’età ellenistica e alla conquista romana del 67 a.C. : quest’ultima portò al primato – a discapito della mitica Cnosso – della città di Gortina, che divenne in età imperiale capitale della provincia senatoria di Creta e Cirenaica.

Torniamo però al Museo, e soprattutto ai capolavori del pianterreno, dove troviamo – dopo quelli protostorici – reperti di epoca prepalaziale (2500-2000 a.C.), protopalaziale (2000-1700 a.C.), neopalaziale (1700-1400 a.C.), post-palaziale (1400-1100 a.C.). Infatti – come già ho scritto nel mio recente articolo su Kato Zakros – furono i labirintici palazzi il fulcro della vita dei cretesi d’età minoica: su tutti quello di Cnosso, ma anche quelli – per citare solo i maggiori – di Festo, Aghia Triada, Malia e, appunto, Kato Zakros.

  • xRython a forma di toro, da Cnosso
  • xVaso con polpo da Paleokastro (1500-1450 a.C.)
  • xIl famoso Disco di Festo
  • xLa Dea dei serpenti, da Cnosso
  • xParte del tesoro di Kato Zakros
  • xRython a forma di conchiglia

Alcuni emozionanti reperti esposti al pianterreno
Rinuncio però da ora in poi a qualunque altro intento pedantesco e classificatorio per parlare invece dell’emozione che danno al visitatore le ceramiche, sia quelle geometrizzanti (splendide quelle dette “di Kamares” da Festo), sia quelle decorate da pesci o polpi (espressione del cosiddetto “stile marino”); i gioielli raffinati (che dire del pendaglio d’oro con due api da Malia?); l’enigmatico “Disco di Festo”, con scritte geroglifiche; i vasi rituali (detti rython) a forma di conchiglia o testa di toro: meravigliosi quelli da Cnosso e Zakros; oppure le due statuette a seno nudo della “Dea dei serpenti”, da Cnosso, simboli di fecondità e documenti concreti della matriarcato minoico.

Il primo piano: gli affreschi di Cnosso e l’epoca greco-romana 
Impossibile poi non citare ancora la sala, all’inizio del primo piano, dove campeggiano – quasi fossimo in una moderna pinacoteca – gli affreschi del palazzo di Cnosso, di epoca neopalaziale. Sono in larga, larghissima, parte integrati, eppure è incredibile la suggestione che essi emanano. Come si fa, infatti, a non lasciarsi suggestionare dalla sensuale malizia della “Parigina”, dall’eleganza delle “Signore in blu” o dalla grazia solenne del “Principe dei gigli”? Come si fa a non farsi trasportare dalle immagini di tori, grifoni o delfini in un mondo dove realtà, fantasia, simbolo sembrano confondersi? Così come ho detto a proposito di Kato Zakros, guardandoli sei pervaso da una sorta di vertigine, di sensazione di trovarti davanti agli archetipi del mondo che si è sviluppato in seguito.

Nelle sale successive c’è poi l’arte greca, con esempi eccellenti di ogni epoca, e una ricchissima documentazione d’arte romana, impreziosita da numerose statue di dèi e imperatori  provenienti da Gortina, dove – tra l’altro – scavano da anni alcuni amici dell’Università degli Studi di Milano.

  • xAffresco con taurocatapsia
  • xAffresco, Le signore in blu
  • xAffresco, I delfini
  • xAffresco, Il principe dei gigli
  • xAffresco, La parigina
  • xScorcio della sezione greco-romana

Agli albori della Storia
Chi scrive ha dedicato allo studio del mondo romano e della sua cultura la maggior parte della propria vita, dunque non può che avere molto apprezzato questa sezione greco-romana. Ma in fondo i Greci e i Romani sono i nostri “fratelli maggiori”, davanti ai quali provare rispetto, quasi deferenza, ma non quella vertigine di cui sopra. Infatti penso che me la sentirei di rivolgere la parola ai ritratti  Augusto o Adriano, per chiedere loro ragione delle loro scelte politiche o militari; ma non potrei mai chiedere nulla alla “Parigina” o agli atleti che volteggiano sui tori, perché mi parrebbe di interrompere una sorta di rito di iniziazione: quello della nostra Storia che sta scrivendo le solenni pagine iniziali del suo libro, dopo quelle introduttive redatte sulle rive dell’Eufrate e del Nilo.

Una Storia complessa e intricata, la nostra, che non a caso ha tra i suoi simboli iniziali proprio il Labirinto di Cnosso, a ricordare a noi tutti come sia facile perdersi nei meandri della realtà, e come sia necessario cercare il filo che l’attraversa; quel filo che s’addipana, come ha scritto Montale, ma che è maledettamente difficile sbrogliare e tenere in mano: d’altronde sono passati alcuni millenni e non è strano che – ogni giorno di più – i nodi della storia ci sembrino inestricabili.

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Mauro Reali

Docente di Liceo, Dottore di Ricerca in Storia Antica, è autore di testi Loescher di Letteratura Latina e di Storia. Le sue ricerche scientifiche, realizzate presso l’Università degli Studi di Milano, riguardano l’Epigrafia latina e la Storia romana. È giornalista pubblicista e Direttore responsabile de «La ricerca».

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