Unica pecca (non da poco, va detto) è un bookshop modestissimo, che in Italia ti aspetteresti in un piccolo museo locale, magari con sede in qualche stanza del Comune o della parrocchia (detto con tutto il rispetto), con pubblicazioni vetuste e senza neppure una guida breve dell’esposizione. Mi hanno però detto che quest’ultima è in corso di pubblicazione: dunque aspettiamo fiduciosi. Nel frattempo, per visitarlo, basterà il depliant consegnato col biglietto, e la memoria di alcune delle opere d’arte più belle studiate negli anni del Liceo e/o dell’Università: vi è infatti raccolto – insieme ad altro – il “meglio” dell’arte minoica.
La struttura del Museo, la storia di Creta
Ho molto pensato a come impostare questo articolo, perché il rischio è senza dubbio quello di trasformarlo in un noiosissimo trattatello di storia cretese. Volendo però scongiurarlo, mi limiterò a ricordare come l’esposizione sia su due piani, e che il pianterreno sia occupato dalle sale dell’archeologia cretese dalla protostoria fino al termine dell’età minoica, mentre il primo piano – dopo la strepitosa sala degli affreschi – veda i non meno interessanti resti della Creta d’epoca greca e romana. Infatti dopo gli splendori “palaziali” dell’età minoica (III-II millennio a.C. fino al suo “crollo” e alla conquista micenea) a Creta toccò la sorte di molte altre zone del mondo greco. Si affermò così una civiltà evoluta greca a tutti gli effetti, organizzata in poleis, che resistette fino ai successivi cambiamenti d’età ellenistica e alla conquista romana del 67 a.C. : quest’ultima portò al primato – a discapito della mitica Cnosso – della città di Gortina, che divenne in età imperiale capitale della provincia senatoria di Creta e Cirenaica.
Torniamo però al Museo, e soprattutto ai capolavori del pianterreno, dove troviamo – dopo quelli protostorici – reperti di epoca prepalaziale (2500-2000 a.C.), protopalaziale (2000-1700 a.C.), neopalaziale (1700-1400 a.C.), post-palaziale (1400-1100 a.C.). Infatti – come già ho scritto nel mio recente articolo su Kato Zakros – furono i labirintici palazzi il fulcro della vita dei cretesi d’età minoica: su tutti quello di Cnosso, ma anche quelli – per citare solo i maggiori – di Festo, Aghia Triada, Malia e, appunto, Kato Zakros.
- Rython a forma di toro, da Cnosso
- Vaso con polpo da Paleokastro (1500-1450 a.C.)
- Il famoso Disco di Festo
- La Dea dei serpenti, da Cnosso
- Parte del tesoro di Kato Zakros
- Rython a forma di conchiglia
Alcuni emozionanti reperti esposti al pianterreno
Rinuncio però da ora in poi a qualunque altro intento pedantesco e classificatorio per parlare invece dell’emozione che danno al visitatore le ceramiche, sia quelle geometrizzanti (splendide quelle dette “di Kamares” da Festo), sia quelle decorate da pesci o polpi (espressione del cosiddetto “stile marino”); i gioielli raffinati (che dire del pendaglio d’oro con due api da Malia?); l’enigmatico “Disco di Festo”, con scritte geroglifiche; i vasi rituali (detti rython) a forma di conchiglia o testa di toro: meravigliosi quelli da Cnosso e Zakros; oppure le due statuette a seno nudo della “Dea dei serpenti”, da Cnosso, simboli di fecondità e documenti concreti della matriarcato minoico.
Il primo piano: gli affreschi di Cnosso e l’epoca greco-romana
Impossibile poi non citare ancora la sala, all’inizio del primo piano, dove campeggiano – quasi fossimo in una moderna pinacoteca – gli affreschi del palazzo di Cnosso, di epoca neopalaziale. Sono in larga, larghissima, parte integrati, eppure è incredibile la suggestione che essi emanano. Come si fa, infatti, a non lasciarsi suggestionare dalla sensuale malizia della “Parigina”, dall’eleganza delle “Signore in blu” o dalla grazia solenne del “Principe dei gigli”? Come si fa a non farsi trasportare dalle immagini di tori, grifoni o delfini in un mondo dove realtà, fantasia, simbolo sembrano confondersi? Così come ho detto a proposito di Kato Zakros, guardandoli sei pervaso da una sorta di vertigine, di sensazione di trovarti davanti agli archetipi del mondo che si è sviluppato in seguito.
Nelle sale successive c’è poi l’arte greca, con esempi eccellenti di ogni epoca, e una ricchissima documentazione d’arte romana, impreziosita da numerose statue di dèi e imperatori provenienti da Gortina, dove – tra l’altro – scavano da anni alcuni amici dell’Università degli Studi di Milano.
- Affresco con taurocatapsia
- Affresco, Le signore in blu
- Affresco, I delfini
- Affresco, Il principe dei gigli
- Affresco, La parigina
- Scorcio della sezione greco-romana
Agli albori della Storia
Chi scrive ha dedicato allo studio del mondo romano e della sua cultura la maggior parte della propria vita, dunque non può che avere molto apprezzato questa sezione greco-romana. Ma in fondo i Greci e i Romani sono i nostri “fratelli maggiori”, davanti ai quali provare rispetto, quasi deferenza, ma non quella vertigine di cui sopra. Infatti penso che me la sentirei di rivolgere la parola ai ritratti Augusto o Adriano, per chiedere loro ragione delle loro scelte politiche o militari; ma non potrei mai chiedere nulla alla “Parigina” o agli atleti che volteggiano sui tori, perché mi parrebbe di interrompere una sorta di rito di iniziazione: quello della nostra Storia che sta scrivendo le solenni pagine iniziali del suo libro, dopo quelle introduttive redatte sulle rive dell’Eufrate e del Nilo.
Una Storia complessa e intricata, la nostra, che non a caso ha tra i suoi simboli iniziali proprio il Labirinto di Cnosso, a ricordare a noi tutti come sia facile perdersi nei meandri della realtà, e come sia necessario cercare il filo che l’attraversa; quel filo che s’addipana, come ha scritto Montale, ma che è maledettamente difficile sbrogliare e tenere in mano: d’altronde sono passati alcuni millenni e non è strano che – ogni giorno di più – i nodi della storia ci sembrino inestricabili.