- Busto del cosiddetto Annibale, marmo bianco, seconda metà del XVI sec, Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica
- Busto cosiddetto di Scipione l’Africano, bronzo, Napoli, Museo Archeologio Nazionale
Annibale, Roma, il Mediterraneo
Il titolo dell’esposizione – resa possibile dalla collaborazione di vari soggetti pubblici e privati1 – è Annibale, un mito mediterraneo. Ciò è già di per sé indicativo, da un lato perché il sostantivo “mito” allude alla plurisecolare fortuna di questo personaggio, complici le narrazioni degli storici Polibio e Tito Livio; dall’altro perché l’aggettivo “mediterraneo” indica l’ambito spaziale del conflitto dei Cartaginesi con Roma durante la Seconda guerra punica (219-202 a.C.), e – in fondo – la ragione stessa del contendere: il controllo dei territori che su questo mare si affacciano.
Come tutti sappiamo, alla fine fu Roma ad avere le meglio, perché Scipione Africano – nella battaglia di Zama – sconfisse Annibale nella “sua” Africa, dopo che questi aveva più volte sovrastato le legioni romane durante gli anni di permanenza punica in Italia, dove era giunto dopo l’avventuroso passaggio delle Alpi con tanto di elefanti a seguito. Tra l’altro, se è vero che Annibale e Scipione furono acerrimi nemici, essi – riferiscono gli storici – dovettero provare anche una reciproca forma di stima, o almeno di rispetto. E se lo sconfitto Annibale morì suicida in esilio nel 183 d.C. in Bitinia, anche il vittorioso Scipione fu poi emarginato dalla politica romana e morì forse nello stesso anno, suggerendo così una sorta di parallelismo tra i due generali. I “miti” legati alla Seconda guerra punica, pertanto, furono (e sono) almeno due (cioè Annibale e Scipione); ma in fondo fu la stessa guerra a diventare uno dei “miti” fondanti della nuova identità della Repubblica Romana, che, per effetto della virtù dei suoi cittadini-soldati, si preparava – virgilianamente parlando – a parcere subiectis et debellare superbos.
Tra rigore scientifico e alta divulgazione
La mostra è curata dal più grande studioso italiano (forse mondiale) di Annibale, e cioè Giovanni Brizzi, docente presso l’Università di Bologna e autore di numerose pubblicazioni in materia (con Filli Rossi e Marco Podini, Brizzi ha anche prodotto un agile Quaderno della mostra). Ciò le conferisce il giusto rigore scientifico, che non è però disgiunto da una dimensione divulgativa che indirizza l’evento, oltre che a tutti gli appassionati, anche agli studenti di ogni ordine e grado. Infatti il percorso ideato, che muove dalla giovinezza di Annibale (durante la quale maturò l’odio contro Roma) e arriva fino alla sua morte, alterna la visione di importanti reperti archeologici o storico-artistici (non molti, a dire il vero, ma di grande valore documentario) a sezioni “crossmediali”, costituite da bellissimi video e suggestive proiezioni murali (commovente quello del passaggio del Alpi innevate, paurose quelle degli scontri bellici) e dalle ricostruzioni delle battaglie tra Annibale e i Romani: tra queste quella combattuta presso il fiume Trebbia nel 218 a.C., non lontano da quella Placentia (oggi, appunto, Piacenza) che i Romani avevano da poco fondato (insieme con Cremona) come avamposto coloniale contro l’invasione punica.
I principali oggetti in mostra
- Piatto con elefante da Capena, Museo di Villa Giulia (Roma)
- Statuetta di elefante da guerra con torre, II-I sec. a.C., terracotta, Napoli, Museo Archeologio Nazionale
- Corazza anatomica, 340 a.C., bronzo, Canosa, Museo Archeologico Nazionale di Palazzo Sinesi (BT)
Tra gli oggetti in mostra spiccano monete (antiche e più recenti), armature, e statue di una certa importanza, quali un Eracle Epitrapezios in bronzo, proveniente dal Museo Archeologico di Napoli al pari dello pseudo-ritratto di Scipione Africano da Ercolano, anch’esso bronzeo. Non potevano inoltre mancare una copia in resina del celebre busto di Annibale da Capua conservato alle Gallerie del Quirinale, ma – soprattutto – lo splendido piatto ceramico con gli elefanti in assetto da guerra dal Museo etrusco di Villa Giulia: questo si trova (giustamente, data la sua bellezza e il suo enorme valore documentario) in ogni libro di storia che parli di Pirro o Annibale, che con i loro pachidermi avevano non poco spaventato i Romani! Pachidermi che vennero poi – in quanto animali esotici atti a suscitare la fantasia – serialmente riprodotti anche in oggetti decorativi più modesti, come dimostra una statua in terracotta dal Museo Archeologico di Napoli.
- F. Goya, Annibale vincitore contemola l’Italia dalle Alpi, 1771, Madrid, Museo del Prado
- Annibale sulle Alpi, Benedict Masson, 1881, olio su tela, Musée des Beaux Arts, Chambéry
Ma se di “mito” parliamo, ecco che Annibale compare in incisioni e dipinti di ogni epoca, soprattutto nell’atto – già più volte menzionato – di valicare le Alpi: così lo raffigurarono anche Francisco Goya, in un dipinto proveniente dal Prado, Paolo Borroni, in un quadro della Galleria Nazionale di Parma, o Benedict Masson, in un olio dal Museo di Chambery. E che “mito” sarebbe mai senza qualche doveroso passaggio cinematografico? La mostra propone infatti anche uno spazio per la proiezione di sequenze cinematografiche dedicate ad Annibale e alle sue imprese. Tra queste Cabiria (1914), ritenuto la più celebre pellicola italiana del cinema muto (tra gli sceneggiatori anche un tal Gabriele D’Annunzio…) di cui sono in esposizione alcuni dei costumi originali.
- Costumi originali del film Cabiria (1915)
- Illustrazione Giovanni Maisto, Art Direction TWOSHOT e Gli Orsi Studio
Locale e globale, Annibale e Piacenza
Insomma: nei suggestivi sotterranei di Palazzo Farnese, tramite un allestimento minimale ma elegante, con un sapiente gioco di luci e ombre, Annibale – oltre duemila anni dopo il suo drammatico suicidio – è tornato a rivivere. E la sua storia politica e militare è stata, in un’interessante sezione della mostra, messa in relazione con i primordi della città di Piacenza, della cui fondazione già si è detto; ciò a testimonianza che anche questo (oggi) tranquillo centro abitato, posto lungo le rive del Po, è stato coinvolto in vicende di più ampio respiro mediterraneo, in quell’ottica “globale” che fu propria del mondo romano. No, l’Urbe non era ancora quella Roma Universalis di età imperiale avanzata oggetto di una mostra ora al Colosseo, ma si stava avviando a diventarlo: Annibale era proprio uno degli ultimi ostacoli che avrebbe potuto impedirle tale espansione.
NOTA
1. La mostra è stata promossa dalla Fondazione Piacenza e Vigevano, dal Comune di Piacenza, dalla Diocesi di Piacenza-Bobbio e dai Musei di Palazzo Farnese, con il patrocinio del MiBAC, della Provincia di Piacenza, di Musei in Rete, di Destinazione Emilia, col contributo della Regione Emilia-Romagna, della Camera di Commercio di Piacenza, di Iren, in collaborazione con Capitale Cultura e Fondazione Cineteca Italiana di Milano; main partner Crédit Agricole Italia; media partner «La Libertà».