Il lirismo di Filippo de Pisis in mostra a Milano

Tempo di lettura stimato: 6 minuti
Il Museo del Novecento di Milano dedica a Filippo de Pisis (Ferrara 1896 – Milano 1956) un’ampia retrospettiva, con la finalità di dimostrare il ruolo di protagonista che l’artista ferrarese – eclettico, poetico, originale e pertanto sempre ai margini delle varie “correnti” novecentesche… – ebbe nell’esperienza della pittura italiana tra le due guerre.

[bxslider id=”de-pisis-01″]

La mostra è promossa e prodotta da Comune di Milano Cultura / Museo del Novecento e dalla casa editrice Electa, con il sostegno della Associazione per Filippo de Pisis. Aperta al pubblico dal 4 ottobre al 1 marzo 2020, l’esposizione è curata da Pier Giovanni Castagnoli con Danka Giacon, conservatrice del Museo del Novecento (Catalogo Electa).

Che de Pisis mi piaccia, mi intrighi, come pochi altri pittori del Novecento (ad esempio Picasso e i fratelli De Chirico-Savinio) già l’ho detto, quando ne scrissi su queste colonne nel 2013, in un articolo a margine di una mostra tenutasi al Castello di Traversetolo; articolo nel quale mi ero avventurato anche in qualche riflessione sul rapporto tra pittura e letteratura. Continuo infatti a pensare che le desolate conchiglie (e non solo) dipinte sulla spiaggia da de Pisis siano il miglior “correlativo oggettivo” degli Ossi in versi di Montale, a loro volta “correlativo oggettivo” del male di vivere…

de Pisis: cronologia essenziale

La mostra milanese, a dire il vero, è molto rigorosa, quasi austera. Una mostra il cui filo conduttore non è tanto un’idea, ma la cronologia esistenziale e pittorica del Nostro, a partire dal 1916, quando nella sua Ferrara risiedevano – arruolatisi volontari – i fratelli de Chirico, con i quali ebbe familiarità; al gruppo si unì più tardi anche Carlo Carrà, e scusate se è poco… Lo troviamo poi in giro per l’Italia e l’Europa: a Roma (1920-1924), a Parigi (1925-1939), a Londra (con due viaggi nel 1935 e 1938), a Milano (1940-43) e a Venezia (1943-1949); quindi il suo disagio psichico lo portò a frequenti ricoveri nella clinica Villa Fiorita di Brugherio (presso Monza), che si prolungarono fino alla morte (1956).

 

Non è questa la sede per parlare delle ragioni della profonda inquietudine del pittore, sfociata in patologia; né forse, davanti a queste cose, è bene trovarne a tutti i costi una ragione. Certamente, però, la sua omosessualità non celata (che gli costò nel 1943 l’accusa di essere un “perturbatore della morale”), unita alla sua eccentricità (si vestiva da dandy e non si separava quasi mai dal fedele pappagallo Cocò) contribuirono a rendere non semplice la vita a un uomo che invece di vita, e soprattutto di pittura, era affamato.

I capolavori in mostra a Milano

A proposito di pittura, l’esposizione milanese, con i suoi novanta dipinti di varia provenienza pubblica e privata, ci mostra tutte le fasi e tutti i soggetti del suo dipingere; ciò che accomuna i quadri è comunque, oltre la qualità davvero notevole, un evidente lirismo: la realtà vi appare infatti sempre soggettivamente filtrata dall’“io” pittorico dell’artista.

Abbiamo dunque le opere giovanili, influenzate dalla Metafisica dell’amico Giorgio de Chirico, il cui ascendente è visibile nella Natura morta occidentale (1919). Ci sono poi le stupende, mature, nature morte, che rappresentano una sorta di fil-rouge di tutta la sua produzione; esse sono spesso nobilitate sia dalla presenza di pesci, conchiglie o fiori (era un esperto di botanica!) sia di altri enigmatici oggetti; inoltre vi fanno qualche volta capolino altri quadri, in una sorta di coltissima “metapittura”.

  • xFilippo de Pisis, Grande natura morta, 1944, Olio su tela, 188 × 215,5 cm, Milano, Museo del Novecento, © Filippo de Pisis by SIAE 2019
  • xFilippo de Pisis, Natura morta con ragnatele, 1951, Firenze, Galleria degli Uffizi, © Filippo de Pisis by SIAE 2019
  • xFilippo de Pisis, Cielo a Villa Fiorita, 1952, Collezione privata, © Filippo de Pisis by SIAE 2019

Tra tutte segnalo Natura morta con le uova (1924); I pesci sacri (1925); Natura morta con il “Capriccio di Goya” (1925); Natura morta con fiori e funghi (1926); Natura morta marina (1929); Natura morta con panettone (1941); Grande natura morta (1944), anche se forse nessuna opera eguaglia l’emozione scaturita davanti alla Natura morta con ragnatele (1951) e Il cielo a Villa Fiorita (1952). Infatti le nervose pennellate nere del primo quadro, unita alla presenza delle ragnatele, e il “cielo in una stanza” del secondo, ci fanno percepire che gli oggetti dipinti non sono l’esito di una visione oculare, ma la reificazione dei mutevoli stati d’animo del loro autore.

  • xFilippo de Pisis, L’archeologo, 1928, Musei di Nervi – Galleria d’Arte Moderna di Genova, © Filippo de Pisis by SIAE 2019
  • xFilippo de Pisis, Ponte di Rialto, 1947, Collezione privata, Courtesy Galleria Tega e Farsetti Arte, © Farsetti Arte, © Filippo de Pisis by SIAE 2019
  • xFilippo de Pisis, La Cupola degli Invalidi e la Torre Eiffel (Paesaggio Parigino), 1926, Milano, Collezione Augusto e Francesca Giovanardi, Foto di Alvise Aspesi, © Filippo de Pisis by SIAE 2019
  • xFilippo de Pisis, Veduta veneziana, 1939, Udine, Casa Cavazzini Museo d’Arte Moderna e Contemporanea, © Filippo de Pisis by SIAE 2019

Che dire poi dei paesaggi? Misterioso quello denominato L’archeologo (1928), intriso ancora di influenze metafisiche, ma vivacissimi e colorati quelli che ritraggono le amate viuzze di Parigi e il suggestivo Ponte di Rialto di Venezia, che egli dipinse rapidamente en plen air, ammiccando alla lezione dell’Impressionismo; splendido pure il Grande paesaggio (1940), sospeso tra cielo e mare. Espressivi, molto espressivi, sono i ritratti, su tutti quello del Marinaio francese (1930), nel quale de Pisis crea un dialogo tra la scena in primo piano e lo sfondo ricco di oggetti, tra i quali il guanto che rimanda ancora una volta alle tele di de Chirico: credo che il Grande Metafisico, le cui opere sono ora in mostra nel limitrofo Palazzo Reale, sarebbe contento di questa vicinanza e contemporaneità anche postuma.

x
Filippo de Pisis, Il marinaio francese, 1930, Collezione privata, © Filippo de Pisis by SIAE 2019

Ma torniamo al Marinaio; lo sguardo del marinaretto, infatti, è in bilico tra durezza e malinconia, quella stessa malinconia che dovette fare compagnia al nostro pittore, che la critica e il mercato valorizzarono appieno soprattutto quando le sue condizioni lo tenevano rinchiuso a Brugherio, dove comunque non smise mai di dipingere.

x
Filippo de Pisis, La bottiglia di champagne, 1928, Milano, Collezione Augusto e Francesca Giovanardi, © Filippo de Pisis by SIAE 2019

Mi piace però chiudere questa mia breve recensione con l’accenno a un dipinto di qualche anno prima (1928), e cioè la meravigliosa Natura morta con bottiglia di champagne, che allude a quella joie de vivre che il marchesino Luigi Tibertelli de Pisis ha spesso inseguito e raramente afferrato. I due bicchieri in primo piano sembrano chiederci di brindare alla sua grande arte: credo che nessuno di quelli che visiteranno questa mostra milanese si tirerà indietro!

Condividi:

Mauro Reali

Docente di Liceo, Dottore di Ricerca in Storia Antica, è autore di testi Loescher di Letteratura Latina e di Storia. Le sue ricerche scientifiche, realizzate presso l’Università degli Studi di Milano, riguardano l’Epigrafia latina e la Storia romana. È giornalista pubblicista e Direttore responsabile de «La ricerca».

Contatti

Loescher Editore
Via Vittorio Amedeo II, 18 – 10121 Torino

laricerca@loescher.it
info.laricerca@loescher.it