La pandemia, il lockdown, la crisi economica, il vissuto di questi ultimi due anni hanno per sempre cambiato le esistenze di ognuno di noi. Niente è più come prima. Giovani e meno giovani hanno vissuto direttamente o indirettamente un dramma senza precedenti. Il biennio di COVID-19 ha comportato lutti, distanziamento fisico, disuguaglianze, sofferenze di ogni genere. Vite spezzate. Abbracci spezzati. L’economia in crisi. La distanza fisica. Il controllo sociale. I primi mesi di pandemia sono stati questo e altro. Scuole chiuse. Smart working e DAD. Difficoltà sistemiche nella riorganizzazione pratico-logistica della scuola, dell’università, della pubblica amministrazione, di interi settori produttivi e commerciali. Tutti ci siamo forzatamente riadattati a questa nuova realtà digitale e polverizzata. A pagare maggiormente le conseguenze di tutto ciò sono state le categorie sociali “tradizionalmente” escluse e messe ai margini: indigenti, anziani, migranti, disoccupati e appunto i giovani, le/gli studenti.
L’impatto del COVID-19 sul benessere scolastico ed extra-scuola dei giovani
L’ultimo rapporto ISTAT1 su benessere scolastico e pandemia delinea un quadro preoccupante. L’indagine, condotta lo scorso anno nelle scuole secondarie, mostra come il distanziamento fisico abbia causato un crollo della frequentazione di amici (-50,5% delle/i studenti) e un incremento del ricorso a chat e social (+69,5% delle/i studenti). Una quota non trascurabile di alunne/i ha segnalato un peggioramento della situazione economica delle famiglie (29,4%), in particolare tra le/gli studenti stranieri che hanno sofferto maggiormente delle disuguaglianze digitali o digital divide, specie in relazione alla didattica a distanza. Anche nella vita extra-scolastica si assiste a un netto divario tra italiani e stranieri. Viaggiare, uscire, frequentare cene, aperitivi e feste sono attività mancate molto più agli studenti italiani. Lo stesso vale per la pratica sportiva2, rimarcando ulteriormente la già evidente esclusione sociale dei coetanei stranieri.
Una riflessione utile a comprendere l’impatto generale del COVID-19 sui ragazzi è quella proposta dal dott. P. Rabajoli, psicologo e psicoterapeuta dell’età evolutiva dello Sportello TiAscolto, pubblicata dal Gruppo Abele3:
Al netto dell’impatto delle chiusure sugli aspetti di apprendimento, penso che per molti ragazzi i lockdown abbiano rappresentato una marcata interruzione all’esplorazione del mondo e della vita sociale, che la pandemia ha reso un luogo percepito come pericoloso, e alla possibilità di instaurare e coltivare quei legami esterni al contesto famigliare che permettono confronto e contatto sia con altri adulti che con i pari età. Questo senza considerare tutte quelle situazioni in cui il contesto famigliare non rappresenta un ambiente protetto ma una fonte di problemi, che la chiusura di luoghi e attività educative ha esacerbato, così come le situazioni già di fragilità si sono acuite in conseguenza alle chiusure di spazi che hanno funzione di supporto individuale e sociale.
Pur non essendo venuto meno il bisogno di stare con gli altri, tra i giovani sono tuttavia aumentati i rischi per la salute mentale4. In ambito scolastico-adolescenziale, alcuni studi internazionali mostrano come anche gli episodi di violenza, bullismo e cyberbullismo siano recentemente aumentati. Già il report Behind the numbers ending school violence and bullying5 evidenziava come il bullismo fosse molto diffuso nel contesto scolastico a livello globale.
Tale rapporto faceva riferimento a dati raccolti da due indagini internazionali condotte su larga scala nel lungo periodo, ovvero la Global school-based student health survey (GSHS)6 dell’OMS e la Health Behaviour in School-aged Children (HBSC) dell’HBSC Consortium7, le quali mostrano globalmente che un terzo degli studenti è stato nel corso dell’esperienza scolastica vittima di bullismo. Non di meno, l’organizzazione di beneficienza Time for Inclusive Education (TIE) nel 2020 ha studiato gli effetti del lockdown sul benessere dei giovani in Scozia, mostrando come le esperienze di bullismo online risultino essere cresciute notevolmente8.
Altre ricerche condotte in Nord America e Asia hanno rilevato un aumento di episodi di cyberbullismo durante il lockdown9 e investigato l’impatto che la pandemia sta avendo sull’ansia e la depressione giovanile, confermando una certa correlazione tra distanziamento fisico e aumento di casi di autolesionismo e tentativi di suicidio10.
Il bullismo tra ragazze: un fenomeno in crescita?
Sebbene ci sia da tempo una crescente attenzione sul tema, reso più visibile dalle piattaforme social, solo da alcuni anni i media tradizionali si stanno occupando di questo fenomeno dando maggior enfasi e – a tratti – spettacolarizzando le aggressioni tra ragazze. Come evidenziato dall’UNESCO11, la percentuale di maschi che subiscono atti bullistici risulta infatti poco più elevata di quella delle ragazze. Stando ai dati GSHS, nel 30,4% dei casi, le vittime tra i 13 e i 15 anni sono femmine e nel 34,8% dei casi sono maschi. I dati HBSC mostrano una fotografia simile, dove nel 28,2% dei casi le vittime sono femmine e, nel 30,5%, maschi.
Dal punto di vista quantitativo il bullismo maschile e femminile hanno quindi una rilevanza pressoché identica. Tuttavia, a livello qualitativo, le manifestazioni di sopraffazione tra ragazze/i risultano scarsamente indagate nelle loro differenze. Tale gap trova riscontro nella propensione epistemologica delle scienze umane e sociali ad adottare approcci neutri (e quindi maschili) nell’interpretazione delle cause e delle articolazioni dei fenomeni sociali, come ad esempio il bullismo. Questa tendenza non agevola la piena comprensione delle differenze strutturali e strutturanti dei fenomeni sociali. Sappiamo ad esempio come, nel bullismo, venga attaccato chi è percepito dal gruppo di pari come diverso/a sulla base dell’aspetto fisico, della provenienza etnica, dell’appartenenza religiosa, dell’orientamento e dell’identità sessuale e di genere12.
Nonostante le evidenze empiriche mostrino delle specificità a partire dal genere e dalle diversità significanti, il bullismo viene tendenzialmente affrontato sulla base dell’età dei soggetti coinvolti, dell’ambito di dispiegamento (scuola, extra-scuola, carceri minorili ecc.), della condizione personale (psicologica, relazionale ecc.), mentre manca quasi del tutto uno sguardo analitico di genere e intersezionale. Quello femminile è un tipo di bullismo caratterizzato proprio dal genere in cui si identifica la persona che lo agisce/subisce.
Trattandosi di un fenomeno in prevalenza intra-genere13, le bulle attaccano soprattutto le altre ragazze14, privilegiando gli spazi della relazione15. Al contrario, i ragazzi tendono a prevaricare indistintamente femmine e maschi, adottando prevalentemente forme dirette di bullismo, privilegiando la forza fisica al fine di infliggere il maggior danno possibile e affermare la propria personalità16. Le ragazze sono invece in prevalenza vittime di aggressioni verbali, esclusione ed emarginazione sociale, violenze psicologiche17 e cyberbullismo18.
Il bullismo femminile, specie in ambito scolastico, è difficile da individuare. Spesso non è riconosciuto né dalle/i insegnanti né dalle famiglie. È un fenomeno complesso, composto da molteplici elementi che caratterizzano la specificità delle relazioni aggressive e violente tra ragazze19, frutto di interazioni articolate, trasversali e multidimensionali. Erroneamente il bullismo femminile viene rappresentato come tendenza recente. Tuttalpiù, ciò che emerge dalla letteratura scientifica è la necessità di adottare approcci teorici e analitici di genere capaci di entrare ed evidenziare il più possibile le sfumature e caratterizzazioni di tale fenomeno.
La ricerca nazionale sul bullismo femminile
A seguito della pubblicazione del volume collettaneo Comprendere il bullismo femminile, curato da Giuseppe Burgio, è emersa l’esigenza di avviare in Italia un’indagine che potesse arricchire il dibattito accademico e istituzionale sul tema. Nel 2018 è stata così avviata una ricerca esplorativa che ha coinvolto 48 studentesse maggiorenni di tre scuole secondarie di Verona, realizzando 5 focus group sui significati e le rappresentazioni del bullismo femminile21. Questa prima fase è servita per definire in seguito il progetto di ricerca nazionale Il bullismo femminile a scuola. Un’indagine intersezionale mixed-method, coinvolgendo ragazze/i tra i 14-16 anni.
Lo studio, impiegando coerentemente metodologie qualitative e quantitative, amplia la comprensione del bullismo femminile in una prospettiva di genere e intersezionale e ne misura l’incidenza quantitativa nei territori coinvolti tra Nord (Verona, Milano e Genova), Centro (Arezzo e Perugia) e Sud Italia (Foggia e Palermo).
Il progetto, sotto la supervisione scientifica dei proff. Antonia De Vita (Università di Verona) e Giuseppe Burgio (Università di Enna “Kore”), ha coinvolto gli atenei di Milano-Bicocca, Genova, Perugia, Foggia, Verona, Enna “Kore”. La ricerca, avviata nel 2020, ha fatto i conti con l’emergenza COVID-19. I lockdown hanno imposto la riprogettazione del disegno di ricerca. Sono state adottate metodologie di ricerca innovative, online e con dinamiche partecipative Student’s Voice per rendere il più efficace possibile il lavoro a distanza con le/gli studenti22.
Le prime risultanze e considerazioni finali
Le prime elaborazioni dei dati (De Vita e Burgio, in pubblicazione) mostrano come le relazioni con gli adulti (genitori, insegnanti e educatori) arrivino “dopo”, essendo il bullismo tra ragazze un esempio di “relazioni-in-situazione”, legato al contesto condiviso tra pari, lontano e/o poco decifrabile dagli adulti di riferimento. Queste relazioni si concretizzano come accadimenti relazionali di spazi fisici, di materialità e immaterialità, di situazioni e atmosfere.
Un altro aspetto evidenziato è l’impatto delle rappresentazioni culturali nel palcoscenico del bullismo. La svalutazione del femminile è un tratto caratteristico e un pilastro del dominio patriarcale. C’è una rappresentazione situata dei significati e del valore socioculturale che attorno al genere, alle relazioni intra-genere e alle espressioni di aggressività, violenza, rabbia sono mobilitati e consentono di comprendere al meglio la fenomenologia del bullismo.
Emerge con forza la necessità di unire i saperi, approcci epistemologici e metodologie provenienti da più discipline, tradizioni e esperienze di lavoro sul campo per raggiungere una più onnicomprensiva interpretazione del bullismo femminile. Tale processo interpretativo richiede la necessità di includere le ragazze come persone competenti da coinvolgere nel processo di elaborazione di azioni di contrasto al bullismo.
Condurre questa ricerca in pandemia, ripensare al disegno della ricerca, alle possibilità offerte dal digitale, alle disponibilità delle scuole, delle/i ragazze/i, delle loro famiglie e insegnanti, non è stato affatto semplice e immediato. Al di là dei ritardi inevitabili che ciò ha comportato, la lontananza tra noi ricercatrici e ricercatori e le comunità scolastiche ha imposto in primis la definizione e l’adozione di approcci il più possibile inclusivi ed esplicativi per colmare le distanze e guadagnare la fiducia e la collaborazione di tutti i soggetti coinvolti.
L’esperienza di ricerca, con i focus group e con il questionario online, ha consentito di entrare in contatto con migliaia di studenti in piena adolescenza, nel mezzo di una crisi senza precedenti. I limiti e le perplessità affiorati nella riprogettazione online sono stati risolti via dal vissuto delle/i studenti. La dimensione digitale della ricerca ha permesso di entrare nelle stanze delle/i adolescenti, nelle loro case, nel loro intimo, e questo ha reso possibile un’interazione inaspettata. Il safe space costruito grazie all’interazione con le/gli insegnanti e la cura relazionale co-costruita con le/i ragazze/i ha reso tutto molto conviviale e partecipativo.
È emersa una notevole voglia di parlarsi, di ascoltarsi, di sentirsi meno sole, di rendersi conto che esistono possibilità per uscire dai buchi neri e dagli interstizi violenti dei social. Partecipare (per loro) è stato qualcosa di gratificante, confortante e rincuorante. È stata una “terapia di gruppo”, oltre che azione capacitante e coscientizzante. La stanza online si è rivelata un contesto privilegiato per co-costruire spazi di mutuo aiuto-ascolto. La quiete e la fiducia costruita grazie all’intimità co-definita ha incentivato (in particolare le ragazze) ad aprirsi e a condividere vissuti per noi inimmaginabili.
Ci hanno parlato delle scuole medie come girone infernale del bullismo femminile, di modelli di femminilità corretta, di genitori che non ascoltano o arrivano “troppo tardi”, di conseguenze drammatiche causate dalla prevaricazione e dal disagio nel non sentirsi mai giuste. Episodi dolorosi. Vite spezzate. Reputazioni da costruire e ricostruire. Identità fluide. Identità in costruzione. Ne è emerso un quadro decisamente complesso e ricco di spunti di riflessione sul ruolo che la scuola deve assumere, in quanto momento chiave delle identità in formazione degli adolescenti e in qualità di istituzione e comunità di pratica, chiamata a individuare percorsi e soluzioni in grado di fronteggiare questa che non è un’emergenza, ma realtà con cui ci si deve misurare.
NOTE
- ISTAT, I ragazzi e la pandemia: vita quotidiana “a distanza”, «Le nuove generazioni e il covid», https://bit.ly/giovaniepandemia, Roma, 2022.
- Ibidem, p. 5.
- T. Castellano, Le fragilità del mondo adulto e gli effetti della pandemia sui più giovani, https://www.gruppoabele. org/, 12 maggio 2021.
- L. Papa, Giovani adulti in pandemia tra solitudine e resilienza, consultabile all’indirizzo https://bit.ly/psicologinews, 24 maggio 2021.
- UNESCO, Behind the numbers ending school violence and bullying, Paris 2019.
- Condotta tra il 2003 e il 2017.
- Condotta tra il 1982 e il 2018.
- TIE, Online in lockdown. Wellbeing, bullying and prejudice, consultabile all’indirizzo https://bit.ly/timeforinclusiveedu, Time for Inclusive Education, 2020.
- C.P. Barlett, A. Rinker e B. Roth, Cyberbullying perpetration in the COVID-19 era: An application of general strain theory, in «The Journal of Social Psychology», 161, 4, pp. 466-476, 2021.
- D. Courtney et al., COVID-19 impacts on child and youth anxiety and depression: challenges and opportunities, in «The Canadian Journal of Psychiatry», 65(10), pp. 688-691, 2020.
- Cfr. indagini GSHS e HBSC.
- UNESCO, Behind the numbers ending school violence and bullying, cit. 2019; G. Burgio (a cura di), Comprendere il bullismo femminile. Genere, dinamiche relazionali, rappresentazioni, FrancoAngeli, Milano 2018; Out in the open: education sector responses to violence based on sexual orientation and gender identity/expression, Paris 2016.
- K. Schlieper, Experiencing Bullying between Genders: A Quantitative Study done at UNH, «Perspectives», 4(1), 4, 2012.
- E. Nigris, I conflitti a scuola. La mediazione pedagogico-didattica, Bruno Mondadori, Milano 2002.
- A. De Vita e F. Vittori, Bullismo femminile e costruzione dell’identità di genere, in «Fragilità contemporanee. Fenomenologie della violenza e della vulnerabilità», a cura di A. De Vita, Mimesis Edizioni, Sesto San Giovanni 2021, pp. 139-161.
- A.C. Baldry, D.P. Farrington e A. Sorrentino, School bullying and cyberbullying among boys and girls: Roles and overlap, in «Journal of Aggression, Maltreatment & Trauma», 26(9), 937-951, 2017.
- J.L. Viljoen, M.L. O’Neill e A. Sidhu, Bullying behaviors in female and male adolescent offenders: Prevalence, types, and association with psychosocial adjustment, cit.
- C. Barlett e S.M. Coyne, (2014). A meta-analysis of sex differences in cyber-bullying behavior: The moderating role of age, in «Aggressive behavior», 40(5), pp. 474-488, 2014.
- G. Burgio (a cura di), Comprendere il bullismo femminile. Genere, dinamiche relazionali, rappresentazioni, cit.
- Ibidem.
- A. De Vita e F. Vittori, Bullismo femminile e costruzione dell’identità di genere, cit.
- In totale sono state/i coinvolte/i oltre 4000 ragazze/i in tutto il Paese.