Dall’inizio del ventesimo secolo e più ancora dagli anni Sessanta, l’istruzione delle bambine ha compiuto indiscutibili passi in avanti. Attualmente queste possiedono una scolarità media superiore di mezzo anno a quella dei maschi e ottengono titoli di studio più elevati: nel 2010 ha superato l’esame di maturità il 71% delle ragazze contro il 61% dei ragazzi.
Molti elementi suggeriscono che questa uguaglianza sia ormai consolidata. Pesano l’introduzione nel 1975 delle classi miste obbligatorie in tutte le istituzioni educative pubbliche, la pubblicazione di numerosi testi, soprattutto dopo gli anni Ottanta, per promuovere la parità tra ragazze e ragazzi nelle scuole, così come gli sforzi per rendere libere e consapevoli la scelte dei corsi e l’orientamento degli studenti. Da questo punto di vista, non sembra esservi una specifica domanda sociale di eguaglianza maschi-femmine.
Tuttavia, già a partire dalla scuola pre-elementare, vi è una categorizzazione molto marcata tra bambine e bambini, sia in termini di socializzazione (codificazione delle forme di socialità, occupazione ineguale degli spazi in classe e nei luoghi di ricreazione), sia nei contenuti dell’insegnamento e di apprendimento (libri di testo e di letteratura scolastica, attività, giochi per bambini), sia infine nell’atteggiamento del personale (comportamenti attesi e tollerati differenti per maschi e femmine). Già a partire dalla scuola pre-elementare vi è una categorizzazione molto marcata tra bambine e bambini, sia in termini di socializzazione, sia nei contenuti dell’insegnamento e di apprendimento, sia infine nell’atteggiamento del personale.Prodotta dalla stessa istituzione scolastica, questa categorizzazione indica che la scuola non ha un semplice ruolo di trasmissione della conoscenza. Rimane per molti aspetti il luogo privilegiato di apprendimento di comportamenti stereotipati che anticipano i ruoli sociali di maschi e femmine in età adulta. Vi è un aspetto implicito nel lavoro degli studenti: imparare a essere un uomo o una donna.
Un sistema di valori e rappresentazioni prescrittive istiga i bambini, se sono ragazze o ragazzi, a favorire determinati modi di pensare e di socializzare, adottare specifici tratti di personalità e scegliere alcune opzioni e discipline scolastiche. La scuola trasmette quello che alcuni ricercatori hanno chiamato un “curriculum nascosto”. Essa (ri)produce disuguaglianze e discriminazioni di genere.
Il sistema scolastico, lungi dall’essere una zona protetta della società, è permeabile alle norme vigenti. Come luogo di educazione alla cittadinanza e ai valori repubblicani, ha un ruolo decisivo nella lotta per la parità tra ragazze e ragazzi. È importante però che vi sia uno sforzo La scuola trasmette quello che alcuni ricercatori hanno chiamato un “curriculum nascosto”. Essa (ri)produce disuguaglianze e discriminazioni di genere.per coinvolgere tutti i soggetti interessati (insegnanti, dirigenti scolastici, facilitatori, studenti, famiglie). Ugualmente importante è che, oltre a processi mirati di presa di coscienza delle disuguaglianze e discriminazioni, siano messe in atto anche azioni specifiche per cercare di raggiungere una reale parità educativa, aprendo a tutti i giovani, ragazzi e ragazze, la più ampia gamma di prospettive.
Lottare contro il sessismo nei programmi
Nonostante la forte tendenza verso l’uguaglianza, che negli ultimi anni ha prodotto numerose ricerche scientifiche e mobilitazioni politiche e civili, i libri di testo e i programmi scolastici rimangono fortemente prigionieri di stereotipi di genere. A causa di resistenze strutturali o ideologiche, la messa in scena, nella società, dei ruoli di ragazze e ragazzi, così come di donne e uomini, è spesso standardizzata e tradizionale, caratterizzata da un approccio essenzialista, assenza di parità, squilibrio nella ripartizione dei compiti domestici e parentali, gerarchia tra lavori cosiddetti “femminili” e “maschili”.
Gli stereotipi nella
letteratura per ragazzi
Dalla scuola pre-elementare, se non prima, la letteratura infantile presenta stereotipi molto marcati: le donne e gli uomini sono spesso raffigurati con caratteristiche distinte, “naturali” o a priori, che li portano a occupare ruoli sociali e professionali molto diversi e diseguali. Nei libri, le figure femminili sono meno numerose di quelle maschili. I pronomi sono al maschile; si descrive un’immagine invariabilmente maschile del mondo presentandola come legittima, “normale”. Ad esempio, il modo con cui si illustrano i mestieri mostra archetipi culturali che vanno Il modo con cui si illustrano i mestieri mostra archetipi culturali che vanno oltre la realtà stessa del mercato del lavoro: tipi di professione, livelli di responsabilità e predilezioni occupazionali sono ancora più differenziati di quando accada realmente.oltre la realtà stessa del mercato del lavoro: tipi di professione, livelli di responsabilità e predilezioni occupazionali sono ancora più differenziati di quando accada realmente. Spesso queste rappresentazioni costruiscono e impongono un’immagine della società più caricaturale che verosimile.
Vi è quindi un ampio campo d’azione per una pedagogia demistificatoria degli stereotipi. Tuttavia, la denuncia esplicita dell’esistenza di questi stereotipi negli strumenti educativi, in particolare quando è veicolata da testi e avviene senza la mediazione di un adulto (insegnante o genitore), può essere difficile o contro-produttiva, anche quando è fatta nel tentativo di combatterli.
Il rinnovamento
dei manuali
Il problema dei libri di testo è stato molto studiato. Nonostante i miglioramenti, molto resta ancora da fare in almeno tre settori: la rappresentazione paritaria di personaggi maschili e femminili (nei testi di matematica le figure femminili sono cinque volte meno numerose, secondo uno studio di 2012); il persistere di una stretta relazione fra posizioni sociali e genere; la difficoltà a svolgere i temi connessi alla dimensione biologica dei maschi e delle femmine.
Nel 2008, l’HALDE (Alta Autorità Contro la Discriminazione e per la Uguaglianza) ha pubblicato un rapporto sugli stereotipi e le discriminazioni nei libri di scuola (in relazione al genere, provenienza, età e handicap). Risulta che, se pure i responsabili editoriali sembrano ormai consapevoli di questi problemi, il funzionamento strutturale del mondo dell’editoria costituisce un grave ostacolo nell’evoluzione verso una maggiore parità. Se pure i responsabili editoriali sembrano ormai consapevoli di questi problemi, il funzionamento strutturale del mondo dell’editoria costituisce un grave ostacolo nell’evoluzione verso una maggiore parità.Pesano la moltiplicazione degli attori coinvolti, la scarsa consapevolezza di certi autori, la mancanza di consultazione di specialisti. Soprattutto poi, pesa il fatto che gli stereotipi di genere sono insidiosi, perché radicati nelle abitudini. Vi è tuttavia un progresso significativo nei manuali di lingua.
Alcuni manuali di scienze della vita e della terra dedicano parte del loro contenuto alla questione di genere, all’orientamento sessuale e alle relazioni tra uomini e donne. Tuttavia, la confusione e l’ignoranza dei problemi connessi alla costruzione sociale delle identità dimostrate da un gran numero di autori suggeriscono la necessità di sviluppare la formazione in questo campo.
Il ruolo degli strumenti didattici parascolastici
Alcuni editori propongono testi integrativi ai manuali, focalizzati sugli argomenti fondamentali dei programmi. I più conosciuti sono i “quaderni di lavoro per le vacanze”, ma ve ne sono per l’intero anno scolastico, noti come “eserciziari”. Questa letteratura è spesso motivata da esigenze meramente commerciali e promuove la diffusione di prodotti sessualmente connotati. Inoltre è molto più abbondante per le ragazze che per i ragazzi, rafforzando così gli stereotipi di un diverso impegno nella lettura e della sottomissione delle prime e della ribellione dei secondi alle norme scolastiche.
Programmi e contenuti “mainstream”
Le opere che fanno da supporto pedagogico (romanzi, opere teatrali, opere d’arte, i classici in particolare) spesso offrono, per gli standard del nostro tempo, un’immagine degradata delle donne. Senza rimettere in discussione questo corpus (sarebbe assurdo amputare la cultura e la storia sottoponendole a una sorta di “riabilitazione morale”), si potrebbe tentare di contestualizzarlo, all’interno dei corsi ordinari, ponendolo in relazione ai mutamenti nelle relazioni di genere avvenuti a partire dal ventesimo secolo.
Gli studenti potrebbero essere invitati a discutere il ruolo e l’immagine di donne (e uomini) trasmessi da opere specifiche: “In cosa questo ruolo e questa immagine sono oggi inaccettabili? Perché, al momento della loro creazione, spettatori e lettori li accettarono?”.
I classici in particolare spesso offrono, per gli standard del nostro tempo, un’immagine degradata delle donne. Senza rimettere in discussione questo corpus, si potrebbe tentare di contestualizzarlo.Inoltre, potrebbero essere messi in atto gruppi di discussione per aumentare la consapevolezza tra gli studenti nell’ambito dei corsi di etica laica. Il rapporto svolto nell’aprile 2013 dal ministero dell’Educazione nazionale su questo tema insiste sulla importanza del principio dell’uguaglianza tra ragazzi e ragazze e la lotta contro ogni forma di discriminazione. Propone non solo un insegnamento interdisciplinare di questi valori, ma anche lo svolgimento di specifici dibattiti, in particolare sui fondamenti dei principi di uguaglianza, sui mezzi per orientare le pratiche partecipative e migliorare il coinvolgimento degli studenti nella comunità.
Tuttavia, i bambini non hanno sempre un atteggiamento positivo verso i valori promossi dalla scuola e i gruppi di discussione non dovrebbero porsi come una soluzione miracolosa (soprattutto se gli animatori non sono sufficientemente preparati ad affrontare la questione degli stereotipi maschio/femmina), né tanto meno essere l’unica iniziativa prevista.
La diversità dei risultati fra maschi e femmine
I test PISA dimostrano che, in Francia come negli altri Paesi OCSE, ragazze e ragazzi ottengono risultati differenti: le prime sono superiori nell’analisi dei testi (nella lettura in particolare), mentre i secondi lo sono in matematica. Sono differenze che preoccupano le autorità pubbliche.
Il modo in cui gli studenti si avvicinano alla lettura dipende dalle conoscenze acquisite e dalle caratteristiche dei testi che leggono. Secondo le rilevazioni PISA, ragazze e ragazzi amano la lettura in modo molto diseguale, in particolare perché non leggono gli stessi libri: le ragazze preferiscono romanzi e testi lunghi, i ragazzi quelli corti. Inoltre, il gusto per la lettura (più forte nelle ragazze) è strettamente correlato al C’è la convinzione che la lettura sia “naturalmente” un’attività femminile e che, per un “gusto innato”, le ragazze, più che ragazzi, siano destinate a impegnarsi nelle cosiddetta lettura seria.successo in francese. In Francia, come in tutti i Paesi OCSE, i ragazzi sono sottorappresentati tra i “lettori eclettici e profondi” e sovrarappresentati tra i “lettori superficiali ed esclusivi”. Oltre che leggere meno (e meno per piacere) rispetto alle ragazze, sono meno consapevoli delle strategie efficaci nell’apprendimento della lettura.
Questa situazione deriva in gran parte dalla convinzione che la lettura sia “naturalmente” un’attività femminile e che, per un “gusto innato”, le ragazze, più che ragazzi, siano destinate a impegnarsi nelle cosiddetta lettura seria.
In realtà questi risultati sono fortemente correlati con l’ambiente sociale, in particolare per quanto riguarda la conoscenza della lingua: gli studenti provenienti da un ambiente socio-economico ricco hanno più familiarità con le strategie di apprendimento che gli studenti provenienti da ambienti svantaggiati. Questi sono, ragazze e ragazzi allo stesso modo, meno performanti. In Francia, secondo i dati PISA, il divario nella comprensione scritta è 2-3 volte più alto tra i bambini provenienti da questi ambienti che tra le ragazze e i ragazzi dello stesso ambiente sociale. La variabile socio-economica è più forte di quella di genere, ma è un fattore aggravante nei maschi.
Per un targeting didattico non discriminatorio
Data questa situazione, possiamo chiederci se sarebbe utile istituire politiche d’apprendimento mirate e differenziate, in matematica per le ragazze e in lettura per i ragazzi, soprattutto nelle scuole delle aree svantaggiate. Certi Paesi, come il Regno Unito e alcune province canadesi, hanno scelto di sviluppare politiche educative diseguali per maschi e femmine.
Un elemento essenziale per il successo di questi programmi sta nel coinvolgimento dei genitori. Negli ambienti popolari, questi si sentono spesso non legittimati a monitorare il lavoro scolastico dei figli. Non è che se ne disinteressino; è che non posseggono i codici culturali necessari per questo supporto. Inoltre, le famiglie hanno un contatto più o meno diretto con la scuola a seconda del contesto locale. Nelle aree di periferia, in cui tali contatti sono bassi, è importante coinvolgere i genitori in modo più efficace.
Infine, le madri si interessano alla scolarità dei figli più dei padri, in tutti gli ambienti sociali, tanto che si può ipotizzare un deficit di identificazione paterna da parte dei ragazzi per quanto riguarda il lavoro scolastico. Sarebbe quindi utile incoraggiare i padri a essere coinvolti, attraverso incontri informativi, o esperienze di tutoraggio con i figli a scuola.
Ad esempio, nelle scuole elementari del Québec si praticano le “serate dei ragazzi”. Per (ri)dare ai bambini il gusto della lettura e prevenire l’abbandono scolastico, le scuole organizzano sessioni di lettura, la sera, in cui i ragazzi sono accompagnati dal loro padre, dal nonno o da un altro maschio adulto. Attraverso l’emulazione si cerca in questo modo di mostrare ai ragazzi che la lettura può essere un’attività maschile valorizzante.
In Ontario, una guida pratica dal titolo Me Read? No Way! (Io, leggere? Certo che no!), destinata ai docenti, elenca diverse esperienze positive per incoraggiare la lettura tra i ragazzi. Insiste anche sul fatto che le ragazze non dovrebbero essere trascurate: si tratta di adattare strumenti e metodi pedagogici (tipi di supporto, diversificazione dei temi letterari, tono dei testi, svolgimento di dibattiti letterari, laboratori collettivi di scrittura) in modo che possano aiutare anche le ragazze.
Le differenze di genere nei comportamenti
Malgrado (o forse proprio per) l’adesione apparentemente più forte rispetto ai ragazzi alle norme scolastiche (avvisi, disciplina, rispetto per l’autorità, discrezione, capacità di concentrazione, ecc.), le ragazze subiscono un deficit di attenzione da parte degli insegnanti. Ne conseguono spesso una scarsa fiducia in se stesse e forme di autocensura.
Le ricerche eseguite su come si svolge l’effettivo lavoro scolastico indicano che i ragazzi sono meno attenti, più rumorosi e indisciplinati rispetto alle ragazze. Cercano di accaparrarsi l’attenzione dei coetanei e degli insegnanti e prendono più facilmente la parola, anche quando non sono autorizzati: occupano lo “spazio sonoro” della classe. Autoaffermazione e rapporti conflittuali con i professori sono più frequenti fra i maschi. Più calme, le ragazze usano tecniche corporee per rimanere o sembrare attente (autocontrollo fisico, sguardo fisso verso l’insegnante o la lavagna, ecc.).
Lo sviluppo di questi comportamenti differenziati ha implicazioni per tutta la vita, in particolare nel mondo del lavoro. Competenze come la fiducia in se stessi, la capacità di difendere un parere o far valere i propri interessi (la negoziazione dello stipendio, per esempio) nascono nelle scuole. Le ragazze sembrano rispettare maggiormente le norme scolastiche (presenze, compiti a casa, ecc.) e ottengono migliori risultati accademici (voti alti agli esami, una scolarizzazione più lunga), ma questo non garantisce loro una migliore integrazione professionale. Vi sono altre abilità, più apprezzate nel mercato del lavoro, che rimangono poco valorizzate a scuola, e comunque sono per lo più appannaggio dei ragazzi. Per esempio il parlare in pubblico, l’impegno in attività associative, l’assunzione di responsabilità, ecc. Incoraggiare le ragazze a sviluppare queste competenze a scuola potrebbe da un lato aumentare la loro fiducia, dall’altro rivelarsi utile quando entreranno nel mercato del lavoro.
Ruoli di genere e attese degli insegnanti
I maestri (uomini e donne) della scuola pre-elementare spesso dividono la scolaresca fra maschi e femmine e formulano aspettative differenziate nei loro confronti. Anche se non intenzionalmente, si comportano in modo diverso con i ragazzi e con le ragazze, a causa dei pregiudizi su entrambi i gruppi. Questa categorizzazione si trasforma in una gerarchizzazione. Così, le ragazze sono considerate “naturalmente” più studiose e laboriose. Sono meno incoraggiate a lavorare e si ritiene richiedano meno attenzione. Sono pregiudizi interiorizzati dalle ragazze, che adeguano il comportamento di conseguenza.
Per quanto riguarda i sistemi di valutazione, le ricerche dimostrano che i compiti ben scritti tendono ad essere sopravvalutati quando sono prodotti da ragazzi e sottovalutati quando lo sono dalle ragazzeAl contrario, proprio perché fondate su aspettative maggiori, le pretese verso i ragazzi sono più forti e le sanzioni più severe (il che può portare, da parte loro, a un più deciso rifiuto della scuola). Per quanto riguarda i sistemi di valutazione, le ricerche dimostrano che i compiti ben scritti tendono ad essere sopravvalutati quando sono prodotti da ragazzi e sottovalutati quando lo sono dalle ragazze. Al contrario, i compiti malfatti sono valutati in modo più indulgente quando arrivano da ragazze. I ragazzi beneficiano anche di una maggiore attenzione degli insegnanti, in particolare in matematica e nelle materie scientifiche: sono più stimolati a lavorare e, soprattutto, a partecipare, il che riconferma lo stereotipo di uno spazio pubblico prevalentemente maschile. Secondo queste ricerche, gli insegnanti interagiscono in media per il 44% con le ragazze e per il 56% con i ragazzi.
I maestri tendono anche a proporre esercizi il cui contenuto è in relazione con gli interessi dei maschi. In matematica, i buoni alunni ricevono più attenzione delle buone alunne (incoraggiamenti a nuove scoperte, ecc.). È diffusa l’idea che le ragazze che riescono in questa materia lo facciano senza sforzo e senza un interesse particolare per la disciplina. Quelle poco brillanti sono considerate “per essenza” insufficienti e non si attribuisce il loro insuccesso a uno studio minore. Anche loro credono che i ragazzi riescano con meno sforzi. Si svalutano, contrariamente a questi ultimi. Tendono a interiorizzare il fatto che la loro riuscita sia meno importante agli occhi degli adulti. È l’inverso per i ragazzi.
Processi differenziati di socializzazione
È difficile capire quanto la scelta delle ragazze di impegnarsi in occupazioni meno competitive dipenda dalla previsione delle difficoltà del successo professionale o dall’interiorizzazione di una pretesa inferiorità.
Sembra che non pensino, finché sono alle medie o alle superiori, alla segmentazione di genere delle professioni. In effetti, il 35% delle ragazze di 15 anni aspira a esercitare una professione intellettuale, scientifica o gestionale, mentre solo il 17% delle donne occupano tali posti di lavoro, due volte meno. Per quanto riguarda i ragazzi, le proporzioni sono rispettivamente il 31% e il 22%.
Inoltre, sembra esservi una maggiore solidarietà tra le ragazze che tra i ragazzi nel lavoro scolastico. Osservazioni sul campo dimostrano che hanno generalmente un atteggiamento collaborativo (lavoro di gruppo, aiuto reciproco nei compiti a casa), mentre i ragazzi prediligono atteggiamenti competitivi e quindi più individualisti. Secondo Marie Duru-Bellat, autrice di un saggio sulla educazione di genere nelle scuole, questi stereotipi diventano più cogenti nelle classi miste. In questi contesti, infatti, gli studenti di entrambi i sessi non solo tendono a soddisfare le aspettative degli insegnanti, ma cercano anche di conformarsi ai modelli di sessualità condivisi dai coetanei.
In certe situazioni, la socializzazione dei ragazzi sembra porsi in contraddizione con le norme scolastiche, tanto che gli alunni che ostentano nonchalance verso l’autorità guadagnano prestigio tra i coetanei. Sono comportamenti presenti soprattutto negli ambienti “popolari”. È quindi anche per paura di essere rifiutati dai loro compagni maschi o d’essere assimilati alle ragazze o qualificati come omosessuali o “intellettuali” (in senso peggiorativo) che i ragazzi non aderiscono (o non vogliono sembrare aderire) alle norme scolastiche: obbedire e ascoltare sono in contraddizione con l’idea di mascolinità che hanno elaborato.
Tratto da: Marie-Cécile Naves e Vanessa Wisnia-Weill, Lutter contre les stéréotypes filles-garçons, Commissariat général à la stratégie et à la prospective, 2014
Traduzione di Ubaldo Nicola