I Simbolisti a Palazzo Reale di Milano: tra sogni e incubi

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Il Simbolismo. Arte in Europa dalla Belle Époque alla Grande Guerra è un’iniziativa promossa dal Comune di Milano-Cultura e prodotta da Palazzo Reale, 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e Arthemisia Group, con la curatela di Fernando Mazzocca e Claudia Zevi in collaborazione con Michel Draguet. Spero si capirà, da quanto scriverò in questo articolo, che si tratta di un evento che non si può e non si deve perdere (chiude il 5 giugno), e che è opportuno suggerire anche agli studenti della scuola secondaria superiore, soprattutto (ma non solo) a quelli dell’ultimo anno.

Partiamo allora dai Simbolisti. Non è facile definire questo movimento, che interessò varie manifestazioni della cultura europea tra i secoli XIX e XX e che si colloca pertanto tra il Romanticismo e l’Art Nouveau; esso, infatti, rappresenta da un lato una reazione al realismo e allo scientismo dell’arte ottocentesca, dall’altro rifiuta la più “moderna” trasformazione dell’arte stessa in “bene di consumo”.

Sulla scia di Baudelaire e dei suoi Fiori del male (opera letteraria che funge un po’ da fil rouge della mostra milanese) i poeti, i pittori, gli scultori, i musicisti vicini a questa tendenza affermano la peculiarità e l’unicità della loro condizione, e ricercano nella sfera privata, talora intima o addirittura onirica una “via di fuga” da un mondo che sentono lontano, se non ostile. D’altronde, che esista una dimensione nascosta, segreta, in certi casi più “vera” di quella Sulla scia di Baudelaire e dei suoi Fiori del male i Simbolisti affermano la peculiarità e l’unicità della loro condizione, e ricercano nella sfera privata, talora intima o addirittura onirica una via di fuga da un mondo che sentono ostile.reale non l’avevano detto solo gli antichi Greci e Romani, inventori di miti sublimi (e carichi anch’essi di valenze simboliche); lo affermava – proprio in quegli anni – il grande Sigmund Freud, che nel 1900 editò L’interpretazione dei sogni.

E anche la mostra di Palazzo Reale, in cui sono ammirabili (in qualche caso per la prima volta in Italia) alcuni tra i più significativi capolavori del Simbolismo europeo, dà talvolta allo spettatore l’impressione di trovarsi immerso in un sogno (o un incubo?), anzi in più d’uno, complice la costante luce soffusa. Che dire davanti a una delle icone dell’idea simbolista del mondo, e cioè «Carezze (L’Arte)», con la straordinaria donna-ghepardo (la Sfinge?) che accarezza un giovane (Edipo?) dipinta da Fernad Khnopff? Si tratta di un’opera eccezionale proveniente dal Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique di Bruxelles, come l’inquietante e nel contempo sublime testa di Orfeo che galleggia sull’acqua insieme con la sua lira («Orfeo morto») di Jean Delville. Non meno importanti sono l’opera di Ferdinand Hodler, intitolata l’«Eletto», dall’Osthaus Museum di Hagen e «Il silenzio della foresta» di Arnold Böcklin, dalla Galleria Nazionale di Poznan. E poi troviamo dipinti di Odilon Redon, Max Klinger, Franx von Stuck, Gustave Moreau…
Insomma: siamo davvero davanti ad uno degli eventi più “ricchi” della stagione culturale milanese.

  • x Fernand Khnopff, «Carezze (L’Arte)», 1896
  • x Jean Delville, «Orfeo morto», 1893
  • x Franz von Stuck, «Il peccato», 1908
  • x Gaetano Previati, «L’Eroica», 1907
  • xGiovanni Segantini, «L’Amore alla fonte della vita», 1896
  • x Kienerk Giorgio, «La Giovinezza», 1902
  • x Galileo Chini, «La Primavera classica» 1914
  • x Giulio Aristide Sartorio, «L’Amore (Amor sublima impuro Amor ti prostra)», 1906-07, dal ciclo «Il poema della vita umana»
  • x Giulio Aristide Sartorio, «La sirena», 1893

L’esposizione ha un respiro di carattere internazionale, anche perché la Mitteleuropa (Belgio in primis) ha prodotto alcuni tra i maggiori pittori simbolisti. Non mancano però dipinti di Giovanni Segantini, Gaetano Previati, Galileo Chini, Ettore Tito, Giorgio Kienerk. Impossibile, inoltre, non ricordare la presenza in mostra del ciclo pittorico (ma dalla potenza scultorea!) di Giulio Aristide Sartorio dal titolo «Il poema della vita umana», realizzato per la Biennale del 1907, la stessa dove venne allestita la famosa Sala dell’Arte del Sogno che ha rappresentato la consacrazione ufficiale del Simbolismo in Italia.

L’esposizione ha un respiro di carattere internazionale, ma non mancano però dipinti di pittori italiani, come Segantini.Come sempre faccio, al di là della doverosa informazione sulla natura della mostra, mi permetto un’osservazione del tutto personale, dichiarando di avere particolarmente apprezzato due sezioni dell’esposizione. Si tratta di quella intitolata «Il canto di Orfeo», interamente dedicata a questo mito (e come poteva non piacere a un classicista?), e di quella denominata «L’acqua metafora della vita». E da entrambe scelgo un quadro, cominciando proprio dall’«Orfeo morto» di Jean Delville (1893), i cui colori (leggere varianti del blu) si apprezzano solo dal vivo, e continuando – per quando concerne l’altra sezione – con un dipinto dello stesso anno, e cioè la splendida «Sirena» di Giulio Aristide Sartorio conservata alla GAM di Torino.

E se qui mi debbo fermare, perché altrimenti questa recensione diventerebbe davvero troppo lunga, voglio però concludere con quest’ultima riflessione: dopo avere visto donne fatali, immagini sataniche o salvifiche, descrizioni di una natura spesso “innaturale”, riveder le stelle di Piazza Duomo, usciti da Palazzo Reale, può avere nel visitatore un doppio effetto. Ci si può infatti sentire strappati con dispiacere a un bel sogno o fortunosamente sottratti a un inquietante incubo; dipende dalle sale dove più ci si è soffermati, oppure – più semplicemente – dal nostro stato d’animo.

Io confesso che sarei volentieri ritornato dentro per un altro giro, ma l’ora si stava facendo tarda. Ho allora almeno sperato (o sognato?) che in metropolitana mi si sedesse a fianco una fascinosa e seducente donna-ghepardo, proprio come quella del quadro di Khnopff; non è però avvenuto niente di tutto ciò, anche perché sono rimasto in piedi, pigiato da ogni parte dalla calca dei passeggeri che rincasavano dopo il lavoro.

Ho dunque partecipato – come comparsa – a uno di quei riti massificanti propri della modernità ai quali i Simbolisti cercavano di opporsi in ogni modo, e dai quali invece noi non possiamo più in alcun modo esentarci…

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Mauro Reali

Docente di Liceo, Dottore di Ricerca in Storia Antica, è autore di testi Loescher di Letteratura Latina e di Storia. Le sue ricerche scientifiche, realizzate presso l’Università degli Studi di Milano, riguardano l’Epigrafia latina e la Storia romana. È giornalista pubblicista e Direttore responsabile de «La ricerca».

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