I Principia di Oxford. Le domande della filosofia

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Come sa chi la pratica, la filosofia è in larga parte un domandare. Una riflessione sulla filosofia che non faccia i conti col suo domandare sarebbe priva di una solida base. Ma che cos’è una domanda filosofica? Luciano Floridi, nel suo “The Logic of Information”, propone una risposta piuttosto sofisticata. Seconda puntata dell’approfondimento sui “Principia” di Oxford.

Abbiamo già visto come The Logic of Information costituisca uno dei pilastri dei Principia di Oxford (qui). Il primo capitolo del libro svolge una raffinata discussione del quesito circa l’esistenza di domande filosofiche. Di seguito espongo la proposta di Floridi, almeno nei suoi passaggi Quelle filosofiche sono domande le cui risposte sono in linea di principio aperte al disaccordo informato, razionale e onesto, chiuse rispetto a un ulteriore domandare, ultime (ma non assolute), eventualmente vincolate da risorse empiriche e logico-matematiche, ma che richiedono risorse noetiche per venire risposte.salienti, perché è piuttosto interessante. Egli definisce quelle filosofiche come domande le cui risposte sono in linea di principio aperte al disaccordo informato, razionale e onesto, chiuse rispetto a un ulteriore domandare, ultime (ma non assolute), eventualmente vincolate da risorse empiriche e logico-matematiche, ma che richiedono risorse noetiche per venire risposte. Si vede subito che non si tratta di una definizione di immediata assimilazione e, del resto, l’autore vi dedica un denso capitolo. Proviamo ora a scomporre la definizione nei suoi nodi fondamentali, per comprenderli uno a uno.

Si tratta in primo luogo, si è detto, di domande aperte. Per capirle, è utile andare, per contrasto, a ciò che avviene, secondo quanto dice Floridi, alle domande empiriche (p.e. “Quante penne ci sono ora sulla mia scrivania?) o a quelle logico-matematiche (p.e. “Qual è la tavola di verità dell’implicazione materiale?”). Se disponiamo delle risorse necessarie e sufficienti per formulare la risposta a una domanda empirico o logico-matematica, la questione si chiude immediatamente. Al contrario, le domande filosofiche continuano a potersi porre, perché in linea di principio è sempre possibile che vi sia un disaccordo informato, razionale, e onesto riguardo alle risposte Chiedersi se ci sono domande aperte è una domanda aperta, allo stesso modo che discutere se la filosofia è morta è fare filosofia.fornite. Floridi propone il test della domanda ragionevolmente reiterabile il quale serve a identificare le domande aperte. Se Alice chiede a Bob in quanti vengono alla festa e Bob risponde “In otto” è inutile porre di nuovo la stessa domanda. D’altra parte, se Alice chiede a Bob “Perché organizziamo una festa domenica sera?”, ogni risposta che Bob voglia fornire non chiuderà il discorso e Alice potrà sensatamente riproporre il quesito “Sì, d’accordo, ma perché lo facciamo?”. Del resto, chiedersi se ci sono domande aperte è una domanda aperta, allo stesso modo che discutere se la filosofia è morta è fare filosofia. Ovviamente, il fatto di essere aperta è una condizione necessaria, ma non sufficiente per l’autentica domanda filosofica; vediamo ora le altre condizioni.

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Uno dei passaggi a prima vista strani della definizione proposta da Floridi è che le domande della filosofia sono prima dette “aperte” e poi dette “chiuse” e il lettore ne può restare confuso. Abbiamo visto che l’apertura riguarda il fatto che la reiterazione della domanda non porta alla mera ripetizione della stessa risposta già data. Quanto alla chiusura di cui parla l’autore, essa ha una connotazione tecnica che Le domande filosofiche sono chiuse nel senso che le risposte alle domande filosofiche aprono nuove domande che sono ancora filosofiche.si ispira alla matematica; in quest’ambito un insieme si dice chiuso sotto un’operazione se, applicando quell’operazione su membri di quell’insieme, produce sempre membri di quell’insieme. Un esempio può aiutare: l’insieme degli interi positivi 1, 2, 3… è chiuso sotto l’addizione, perché se si sommano due interi positivi si ottiene un intero positivo. D’altra parte, lo stesso insieme non è chiuso sotto la sottrazione: per esempio a sottrarre 3 da 2 si ottiene un intero negativo, -1. Ora, le domande filosofiche, ritiene Floridi, sono chiuse nel senso che le risposte alle domande filosofiche aprono nuove domande che sono ancora filosofiche.

Le domande, si noti, conducono ad altre domande. Floridi fa l’esempio secondo cui “Hai comprato sei bottiglie di vino?” può portare alla Le domande filosofiche occupano i nodi principali nei nostri insiemi di domande, sono delle specie di rotonde sulle strade della vita.domanda “Stai organizzando una festa?”, che può diventare “Cosa stai festeggiando?”. Si creano così catene di domande. Quelle filosofiche hanno la caratteristica di essere domande ultime, ritiene Floridi, non già nel senso che vengono alla fine di una catena di domande, quanto piuttosto nel senso che sono le più influenti sulla cascata di ulteriori domande e risposte. A seconda di come si pongano certe domande su Dio, ad esempio, e di come le si affronti seguono a cascata nuove domande. Le domande filosofiche occupano i nodi principali nei nostri insiemi di domande, sono delle specie di rotonde sulle strade della vita, nota suggestivamente Floridi (cfr. p. 15).

Floridi ritiene che le risposte alle domande non siano isolate, ma che abbiamo sempre a che fare con reti di domande, tali che la La soluzione delle domande più semplici rende più agevole fornire risposta alle domande più complesse.risoluzione delle domande empiriche e logico-matematiche restringa lo spazio disponibile per le domande filosofiche, così come avviene per le parole crociate, ove la soluzione delle domande più semplici rende più agevole fornire risposta alle domande più complesse. In questo senso le domande filosofiche sono, in qualche modo, vincolate.

Infine, va chiarito cosa significhi che le domande filosofiche richiedono risorse noetiche. Le risorse noetiche di qualcuno, secondo la concettualizzazione sviluppata da Floridi, sono – per stare a una lista che non vuole essere chiusa – l’insieme delle credenze, delle letture sul web, lo sfondo culturale, il linguaggio, la religione, l’arte, le pratiche sociali, i ricordi di ciò che è stato e le attese di ciò che sarà, l’intelligenza emotiva e sociale, le esperienze passate. Si tratta di quello che altrove Floridi definisce come “capitale semantico” (qui il link).

Dunque le domande filosofiche sono in linea di principio aperte, ultime ma non assolute, chiuse all’ulteriore interrogare, eventualmente vincolate da risorse empiriche o logico-matematiche e richiedono risorse noetiche per trovare risposta. Il fascino del modo di intendere le domande filosofiche da parte di Floridi può però venire pienamente inteso solo alla luce della sua più generale intuizione che la filosofia è design concettuale: di questo egli scrive alla fine del primo capitolo e soprattutto nel secondo, ma ne parleremo un’altra volta.


Per approfondire, dello stesso autore su «La ricerca»:

I Principia di Oxford
L’iperstoria e il suo paradosso: riflessioni sull’infosfera #1
Giano ovvero la tecnologia: riflessioni sull’infosfera #2
Il che cosa dell’istruzione elettronica: riflessioni sull’infosfera #3

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Gian Paolo Terravecchia

Cultore della materia in filosofia morale all’Università di Padova, si occupa principalmente di filosofia sociale, filosofia morale, teoria della normatività, fenomenologia e filosofia analitica. È coautore di manuali di filosofia per Loescher editore. Di recente ha pubblicato: “Tesine e percorsi. Metodi e scorciatoie per la scrittura saggistica”, scritto con Enrico Furlan.

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