Hardcore! Oltre lo sguardo

Tempo di lettura stimato: 3 minuti
Potrebbe essere facile liquidare “Hardcore!” come un fragoroso e noioso “sparatutto” trasformato in film, e altrettanto riduttivo considerarlo solamente un prodotto della generazione figlia di un’estetica nutrita di smartphone e playstation, permeata dalla passione onanistica del selfie, di un farsi immagine che fa perdere il contatto con se stessi e con la realtà.

Il film è girato tutto in soggettiva, dentro un mondo che sembra un videogioco frenetico e chiassoso, in cui si combatte e si spara per sopravvivere. Ma forse non solo.
I titoli di testa, splendidi e manieristicamente postmoderni, terminano proprio con una pallottola che entra nella testa. Se Louis Buñuel nel suo capolavoro Un chien andalou (1929) affida a un rasoio che taglia un occhio la funzione di lacerare il visibile, di portarlo oltre la nostra consapevolezza o meglio oltre il nostro inconscio di spettatori, Ilya Naishuller deflagra il nostro cervello e i nostri sensi con un proiettile. Simbolo espressivo di un film in cui la sparatoria diventa sopravvivenza e narrazione – o meglio, sopravvivenza della narrazione.

Nello stesso anno del film di Buñuel, Dziga Vertov gira L’uomo con la macchina da presa, capolavoro del cinema costruttivista e della teorizzazione dell’estetica del cineocchio. Un caleidoscopio di riprese, effetti, montaggi frenetici e innovativi che segna una nuova frontiera espressiva, aprendo il campo a riflessioni sullo sguardo ancora oggi attualissime.
Il film di Naishuller, invece, più che quella del cineocchio, racconta l’estetica di un proiettile-occhio. Il nostro sguardo diventa un mirino di un’arma pronta a sparare senza capire perché. E proprio questa riflessione sullo sguardo sembra essere l’aspetto più interessante del film, forse l’unico.
L’escamotage del film in soggettiva non è certo nuovo: basti pensare a La fuga (1947) di Dalmes Davis. Quello che cambia in Hardcore! è il registro narrativo freneticamente ossessivo e privo di punti di riferimento. Un universo ambiguo e falso, che crea smarrimento continuo, duplicazioni, sovrapposizioni, sdoppiamenti esistenziali. L’occhio vede senza capire, senza comprendere. Cosa è vero, reale e cosa no? Di chi e di cosa puoi fidarti? Nel dubbio, spara.

Un film in cui si sprecano le citazioni visive e tematiche, da Hitchcock a Carpenter, da Kubrik a Cronenberg. La deriva dei generi, che già aveva travolto il cinema classico, traghettandolo verso una contaminazione postmoderna, prosegue il suo tumultuoso corso. Non si tratta più solo di mischiare i generi cinematografici, ma i linguaggi dei media. Cinema, videogiochi, smartphone, internet, sembrano convergere verso un magma che stordisce i sensi e rimuove ogni barriera e inibizione.
La nostra esperienza di spettatori rinasce dentro un punto di vista unico clonato all’infinito, che paradossalmente la soggettiva ci rende estraneo. Più che identificarci in uno sguardo ci sembra di essere dominati da uno sguardo che ci violenta, in modo incomprensibile. Il ritmo del film sembra volerci immergere nella sua rumorosa e sanguinosa superficie visiva senza scampo. Ma in realtà tutto ciò crea una repulsione, una reazione di allontanamento annoiato e straniante dal film stesso. Finchè non ci togliamo il proiettile dalla testa.
Game over!

Hardcore!
Un film di Ilya Naishuller
Con Sharlto Copley, Haley Bennett, Danila Kozlovsky, Cyrus Arnold, Ilya Naishuller, Will Stewart, Darya Charusha.
Durata: 95 min
Produzione: USA, Russia 2015

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Alessio Turazza

Consulente nel settore cinema e home entertainment, collabora con diverse aziende del settore. Ha lavorato come marketing manager editoriale per Arnoldo Mondadori Editore, Medusa Film e Warner Bros.

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