Qualche giorno fa il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina (PD) è andato a inaugurare al MUST di Vimercate (MB) una bella mostra di quadri – per lo più ritratti, ma non solo – di Renato Guttuso (1911-1987), intitolata appunto Renato Guttuso. Ritratti, che sarà visitabile fino al 21 febbraio 2016. E cosa vi ha trovato? Un ritratto di Lenin dipinto dal Maestro siciliano…
Nulla di strano, si potrebbe obiettare, poiché Guttuso – fervente comunista e per ben due volte eletto in Senato con la falce e il martello – ha dipinto questo ed altro! Tra l’altro, nel 1972 egli ricevette proprio il premio Lenin e gli venne dedicata una grande mostra all’Accademia delle arti di Mosca.
Eppure, “quel” Lenin ora a Vimercate non era (e non è) un quadro qualunque, poiché venne donato dal pittore stesso a quella sezione del PCI di Bergamo, che proprio il giovane Martina, dirigente locale, dovette chiudere alcuni anni dopo la fine del vecchio partito di Togliatti e Berlinguer, ormai connotato da altre sigle (PDS e poi DS prima dell’attuale PD, che ne ha raccolto parte dell’eredità). E quell’atto di chiusura di sezione – simbolico congedo dal Novecento – coincise anche con la donazione di “quel” Lenin all’Associazione Enrico Berlinguer di Roma.
Dal Martina che “liquida”, al Martina che “inaugura”, dal Martina di lotta a quello di governo, insomma: il tutto, però, sempre e comunque sotto lo sguardo severo, tra l’imbronciato e l’assorto del padre della Rivoluzione Russa. Combinazione? Scherzo del destino? Mah… Mi piace comunque pensare che all’inaugurazione sia avvenuto uno scambio di battute tra i due (“Compagno Maurizio, che male ti avevo fatto per spedirmi a Roma?” “Scusa, Volodia, niente di personale, ma non eri più di moda…”), o forse che Lenin – le cui “gesta” inaugurarono il Novecento – abbia illustrato le radici storico-ideologiche del “secolo breve” al giovane politico italiano, che è nato nel 1978: l’anno del sequestro Moro e dell’elezione di Sandro Pertini alla Presidenza della Repubblica da parte di un parlamento sui cui scranni sedeva anche Guttuso.
- La locandina, col ritratto di Corrado Cagli
- Il Ministro Martina all’inaugurazione
- Ritratto di Lenin
- Ritratto di Alberto Moravia
- Ritratto di Romolo Valli
- La contadina
- Le incisioni per le Georgiche
In effetti comprendere la pittura di Renato Guttuso è impossibile senza conoscere la storia del tempo che l’ha espressa.
È così per il ritratto, in prestito dalla Pinacoteca di Brera, di Alberto Moravia (1940), con cui Guttuso ebbe rapporti di amicizia e di condivisione delle scelte culturali e politiche (Moravia fu infatti eletto al Parlamento Europeo nelle liste del PCI): a mio avviso si configura davvero come il fiore all’occhiello di questa mostra, anche perché alle spalle del romanziere è riprodotta un’opera di Picasso, artista che Guttuso voleva omaggiare non meno dell’amico scrittore.
Ma è così pure per quelli del pittore Corrado Cagli (1956) proveniente dal Museo civico di Asti, o del grande attore Romolo Valli – tra i prediletti di Visconti – proveniente dal Museo Civico di Gualtieri (RE). Guardandoli ci sembra di respirare quel clima di osmosi tra politica, letteratura, pittura, cinema, che ha caratterizzato il nostro fervido e inquieto Dopoguerra. Dopoguerra nel quale la pittura “impegnata” di Guttuso guardò con attenzione al mondo del lavoro (Il boscaiolo, 1950; Contadina, 1954), pur subendo il fascino anche dei morbidi corpi femminili (Le donne di Algeri, 1957) e delle nature morte dai colori siciliani (Natura morta, 1958).
Concludono il percorso espositivo vimercatese, costituito da una ventina di quadri di varia provenienza e dalle tecniche più diverse, un trittico di magnifiche incisioni ideate per illustrare le Georgiche di Virgilio, provenienti dal Museo Polironiano di San Benedetto Po (MN): tra esse spicca una commovente resa dell’episodio di Orfeo ed Euridice, che non poteva non impressionare il latinista che sta ora scrivendo…
Insomma: Angelo Marchesi, con la collaborazione di Massimo Pesenti (e con gli auspici del sindaco Paolo Brambilla e dell’Assessore Mariasole Mascia), ha realizzato un’esposizione che dà lustro al Museo che dirige e alla vita culturale della città di Vimercate. E che, giustamente, valorizza il lato più autentico dell’arte di Guttuso, pittore tecnicamente straordinario che ha attraversato con uno stile inconfondibile le varie correnti del Novecento (dalle suggestioni cubiste al realismo sociale), alla cui reputazione hanno forse nuociuto in vita gli eccessi di mondanità, gli onori (e i disonori) del gossip e del mercato artistico, alle cui lusinghe non fu insensibile.
Ma qui a vigilare sul Nostro non c’è la sua Musa e ventennale amante, e cioè l’esuberante Marta Marzotto, bensì – non dimentichiamolo – il “capoccione” dell’austero Vladimir Ilich Lenin, il quale, nonostante sia morto nel 1924, un po’ di soggezione a tutti noi (e forse anche al Ministro Martina) la suscita ancora. E chissà se qualcuno ha avuto il coraggio di sussurrare al ritratto del leader bolscevico che la storica sede romana del PCI di Via delle Botteghe Oscure (il cui aggettivo “oscure” evocava inconsciamente segreti complotti rivoluzionari…) è ora un supermarket, e che l’attuale PD si riunisce (sic!) in Largo del Nazareno, nome che evoca invece la città d’origine della famiglia di Gesù? Temo non capirebbe (un po’ faccio fatica a capirlo anch’io, lo ammetto…).
Meglio dunque portargli una bella copia della Pravda dei tempi andati, o meglio ancora sottoporgli la visione dello straordinario film di Wolfgang Becker Good Bye, Lenin! (2003), che potrebbe pure strappargli un breve sorriso.