Come hanno vissuto le famiglie con bambini e familiari autistici in questo periodo? Quali difficoltà ulteriori hanno incontrato le famiglie di questi ragazzi, costretti a casa senza scuola, senza centri diurni e senza le piccole importanti abitudini che caratterizzavano la giornata quotidiana? Un esempio di queste difficoltà ci viene da Prato, dove vive Edoardo Savoia, 17 anni a settembre, affetto da disturbo dello spettro autistico. Per evitare assembramenti, l’altalena dei giardini dove passava oltre un quarto d’ora quasi tutti i giorni è stata transennata. Quello che comporta un piccolo disagio per altri ragazzi, per lui è invece una grande delusione, che ha contribuito ad aumentare i momenti di ansia e le criticità comportamentali. Racconteremo ancora di Edo, e della sua famiglia, in un prossimo articolo.
L’educatore ludico Gabriele Mari, che abbiamo già incontrato, utilizza il gioco anche nell’ambito dell’autismo e della disabilità intellettiva. Ricorriamo a lui per farci dare qualche consiglio in proposito.
D: Nelle famiglie con bambini e familiari autistici non dev’essere stato semplice, in questo periodo, spiegare che non si poteva più uscire di casa come prima. In questi casi, forse è possibile dirottare l’attenzione su alcune alternative, e una di queste è il gioco. Quali giochi consiglieresti alle famiglie di bambini e adulti affetti da autismo?
R: Avere a che fare con una persona con autismo, e i familiari questo lo sanno bene, vuol dire prima di tutto entrare nel suo mondo, nel suo modo di essere e di funzionare.
Uno dei primi consigli è quindi quello di portare, anche nell’ambito del gioco, quella strutturazione, di tempi e di spazi, che permette al bambino con autismo di comprendere al meglio le richieste che gli vengono fatte e di utilizzare in maniera efficace le proprie competenze.
Ogni persona è diversa dall’altra, quindi è difficile dare risposte preconfezionate che vadano bene per tutti. Solitamente, però, uno dei pochi consigli che mi sento di dare come punto di partenza è il gioco del Domino. Per diversi motivi: è un gioco semplice, le cui regole di base richiedono un numero relativamente basso di competenze (in primis la capacità di riconoscere e appaiare figure o numeri uguali) rappresentando quindi una soglia di ingresso molto accessibile; è un gioco classico, che i familiari possono già conoscere e che magari hanno già in casa; è un gioco adatto a tutte le età, quindi potete iniziarci a giocare quando il bambino è piccolo e portarlo avanti fino in età adulta, senza pericolo di infantilizzazione; infine è uno strumento flessibile e malleabile, nel senso che, con un minimo di manualità, è possibile costruire una versione personalizzata del gioco con carta, cartoncino, pennarelli o stampante, per andare incontro alle capacità e agli interessi del bambino. Quest’aspetto dell’individualizzazione del gioco è molto importante, in generale, per far leva sulla motivazione della persona: il gioco deve essere innanzitutto divertimento, e per poterlo essere deve partire da una spinta volontaria. Se so che a Marco piacciono i dinosauri, costruendo un Domino con i dinosauri avrò molte più probabilità che Marco ci voglia giocare rispetto ad una versione classica con i puntini (a cui Marco potrebbe non attribuire nessun significato).
Le regole del Domino sono semplici e si prestano ad essere schematizzate in una task analysis (analisi del compito) che aiuti a strutturare il tempo e le sequenza di gioco. Quando tocca a me devo eseguire i seguenti passi: 1) controllare se tra le mie tessere ho una figura uguale a quelle poste alle due estremità del “serpentone” delle tessere già giocate sul tavolo; 2) se sì, gioco la mia tessera sul tavolo accostandola alla giusta estremità; 3) se no, pesco una nuova tessera dalla pila di pesca; 4) passo il turno al giocatore alla mia sinistra.
Per facilitare la comprensione e il rispetto del concetto di turno si può utilizzare un oggetto segnaturno (ad esempio un pedone) da passare di mano in mano al cambio di turno. Un’altra utile facilitazione è quella di segnalare visivamente le due figure alle estremità del serpentone (le uniche sul tavolo a cui il bambino deve prestare attenzione) attraverso l’utilizzo di due segnalini o frecce di cartoncino, in modo da direzionare lo sguardo solo sulle informazioni necessarie al momento.
Un gioco come il Domino permette di approcciare anche bambini non verbali e a basso funzionamento, essendo principalmente basato su un codice visivo che non richiede la parola.
Se invece volete mettere in gioco, nel vero senso del termine, competenze verbali ed espressive, vi consiglio di provare Raccontami una Storia, un gioco di carte che ho pubblicato nel 2016 con Pendragon Game Studio.
Partendo dalla comunicazione per immagini tipica della Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) e passando per la strutturazione della fiaba classica di Vladimir Propp, il gioco permette di creare una storia collettiva che stimola la capacità di scelta, la creatività, l’empatia e l’espressività verbale. Anche questo gioco, con carta, matita e bustine protettive per le carte, è facilmente modificabile per adattarsi a qualsiasi esigenza di personalizzazione.
D: E qualche gioco per persone con disabilità intellettive?
R: Anche nel caso di disabilità intellettive può aiutare schematizzare la sequenza di gioco attraverso un’analisi del compito scritta, meglio ancora se corredata da immagini, un vero e proprio diagramma di flusso che aiuti le capacità metacognitive del ragazzo. Un gioco che prende le mosse dal Domino ed è di larghissima diffusione è Uno della Mattel.
Rispetto al Domino, in Uno l’abbinamento di una carta con la successiva può essere fatto attraverso due codici equivalenti: l’immagine (rappresentata da un numero nell’Uno classico) o il colore. Ogni carta racchiude due elementi disgiunti, quindi la processazione delle informazioni potrebbe essere più lunga e meno lineare, privilegiando magari l’immagine a discapito del colore, ma con un po’ di esercizio è facilmente padroneggiabile.
Ne esistono anche innumerevoli versioni tematizzate, con le immagini al posto dei numeri (Uno Junior) e giochi similari (Unico della Clementoni, Zero della Chicco) che possono facilitare i primi approcci.
Il punto di forza di Uno, comunque, non risiede tanto nelle meccaniche di gioco (molto soggette, tra l’altro, all’elemento fortuna), quanto nella sua capillare diffusione, particolare molto importante dal punto di vista sociale: se insegnate a vostro figlio a giocare a Uno in casa, poi potrà giocarci con i cugini al pranzo di Natale, con i compagni di scuola durante la ricreazione, con gli amici in ludoteca o con un gruppo di ragazzi sconosciuti al tavolino di un bar una domenica al mare.
Un gioco conosciuto da molti può davvero diventare un’occasione sociale di inclusione: il gioco, come qualsiasi altra cosa che insegniamo a nostro figlio, deve tendere alla sua maggiore autonomia e alla piena espressione delle sue capacità all’interno di un ambiente sociale.
Oltre che sull’autonomia, il gioco può spingere molto anche sul pedale dell’autostima, dimensione importantissima nei ragazzi con disabilità intellettiva. Conoscendo le aree di competenza di vostro figlio, cercate giochi che lavorino sui suoi punti di forza. Il gioco diventerà così uno strumento attraverso cui mettere alla prova con successo le proprie capacità, un modo per sentirsi efficaci e vincenti, e vi assicuro che non è cosa da poco. Vostro figlio ha una buona memoria? Fatelo giocare con giochi che includano l’elemento mnemonico. Magari non il classico Memory: esistono tanti giochi di memoria molto più divertenti, ad esempio Zicke Zacke Spenna il Pollo di Simba Toys o Gigamon di Red Glove.
Un ultimo consiglio di carattere generale: quasi tutti i giochi da tavolo possono essere adatti (o adattati) all’utilizzo con bambini e ragazzi con autismo o disabilità intellettiva, ma la spinta e il divertimento devono partire dai genitori. Non esistono bacchette magiche, ma esistono passioni, emozioni e voglia di coinvolgere vostro figlio in qualcosa che prima di tutto deve convincere, coinvolgere e divertire voi stessi. Mettete via il gioco dell’oca e tutti quei giochi che si autoproclamano “educativi” e andate alla scoperta del mondo – immenso ma semisconosciuto – dei giochi da tavolo moderni. Troverete pane per i vostri denti, e per quelli di vostro figlio.