Gabriele Basilico e il respiro della città

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“Il compito del fotografo è di lavorare sulla distanza, di prendere le misure, di trovare un equilibrio tra un qui e un là, di riordinare lo spazio, di cercare infine un senso possibile del luogo” (Gabriele Basilico).
L’allestimento all’UniCredit Pavilion.

Le vacanze invernali a Milano hanno offerto più di qualche buona occasione d’incontro con l’arte, ma chi avesse buoni propositi fino al 31 gennaio ha ancora tempo per visitare la mostra Ascolto il tuo cuore, città: 150 scatti del fotografo Gabriele Basilico, un corredo di pannelli che ne accompagna la visione con le parole dello stesso fotografo e una selezione di filmati che ne documentano oltre quarant’anni di attività.
Milanese, classe ’44, già studente di architettura con un interesse particolare per le città di nuova fondazione (le cosiddette new town), Gabriele Basilico inaugura la sua storia fotografica alla fine degli anni Sessanta, quando, appena venticinquenne documenta un viaggio a Glasgow con scatti che testimoniano una città post industriale e già segnata dal declino. Negli anni a seguire, su iniziativa personale o per commissione, specializza un interesse quasi esclusivo per gli spazi urbani. La notorietà lo raggiunge all’inizio degli anni Ottanta, quando presenta al Padiglione di Arte Contemporanea di Milano il suo ciclo forse più famoso: Milano. Ritratti di fabbriche.
Quello che mi interessa è l’umanità dell’architettura. È un paradosso: fotografo l’architettura, lo spazio, il paesaggio urbano senza le persone, ma penso che le mie fotografie siano profondamente dedicate all’umanità del luogo che è stato costruito da persone che non si vedono.Di lì a poco il governo francese gli commissiona uno studio sui mutamenti del paesaggio contemporaneo: trascorre due anni nel nord della Francia e ne trae ispirazione per una ricerca sui porti d’Europa, dal 1985 fino al 1988 ritrae undici città portuali. Nella mostra milanese la sezione I Porti è quella che chiude il percorso: il paesaggio, vivo e mutante del cielo e del mare irrompe nelle fotografie, ma il tratto distintivo degli scatti di Basilico resta l’assenza di persone, il tentativo di catturare e fissare il senso dei luoghi ritratti nell’istante che precede (o segue) il loro animarsi.
“Quello che mi interessa”, scrive, “è l’umanità dell’architettura. È un paradosso: fotografo l’architettura, lo spazio, il paesaggio urbano senza le persone, ma penso che le mie fotografie siano profondamente dedicate all’umanità del luogo che è stato costruito da persone che non si vedono”.

L’allestimento all’UniCredit Pavilion.

Negli anni successivi è ancora la città, vuota di persone, il centro dell’ispirazione di Gabriele Basilico: da Milano a Napoli, da Mosca a Parigi a Berlino, da Istanbul a Madrid, da Rio a San Francisco fino a Shanghai. Sono le immagini selezionate nella sezione, Metropoli, che apre la mostra. Il soggetto è lo spazio nel suo evolvere. Il paesaggio urbano contemporaneo si configura come la chiave per indagare il “fenomeno sociale ed estetico delle grandi, rapide, incontenibili trasformazioni in atto”. A volte la trasformazione è l’esito di processi violenti, la distruzione bellica a cui fa seguito una rinascita: a Beirut, la città La città da estranea può diventare luogo di appartenenza, basta osservarla con occhio disincantato.devastata dalla guerra civile, Basilico torna più volte tra il 1991 e il 2011; il primo di questi viaggi è al centro di uno dei preziosi documentari proiettati all’interno della mostra.
Il percorso espositivo evidenzia una costante, la città come non la immagini, perché i soggetti fotografati sono quasi sempre lontani dai centri storici e da una certa retorica che ricopre in genere i luoghi sui quali, per convenzione culturale, tendiamo a fermare lo sguardo. Negli scatti di Gabriele Basilico il senso del paesaggio urbano si manifesta nella “mescolanza di vecchio e di nuovo, di eccellenza e mediocrità”, dove, per usare le parole dello stesso fotografo, “la città da estranea può diventare luogo di appartenenza, basta osservarla con occhio disincantato”.

La sezione probabilmente più significativa della mostra, per la relazione con il luogo che la ospita, è intitolata Porta Nuova: ai quaranta Ritratti di fabbriche (1978-80), si affiancano gli scatti che documentano la trasformazione del quartiere alle spalle della Stazione Garibaldi. Qui Basilico ha concentrato appunto sin dalla fine degli anni Settanta il suo interesse, con un bianco e nero silenzioso e immobile che a un primo sguardo potrebbe ricordare certi paesaggi di De Chirico e che invece traduce un respiro vitale o, per usare le parole del fotografo, “la città come qualcosa di vivo, come un organismo che respira, come un grande corpo in trasformazione”.
La città come qualcosa di vivo, come un organismo che respira, come un grande corpo in trasformazione.L’ultimo lavoro prima della scomparsa (a Milano nel 2013) si deve alla commissione della società immobiliare che ha gestito i lavori dell’intera area: un reportage della radicale trasformazione del quartiere (dal 2007 al 2012), qui testimoniato da sedici tavole, dal Ground Zero dei primi scavi ai palazzi e alle torri residenziali più alte d’Italia.
La mostra Ascolto il tuo cuore, città, ospitata proprio in uno degli edifici simbolo di quest’ultima evoluzione della metropoli milanese, è un’occasione davvero unica per trovare uno sguardo affettuoso e insieme disincantato sulla città. Se fotografare un luogo è un modo per cercare di comprendere meglio l’umanità di chi lo popola, gli scatti di Gabriele Basilico sono lo specchio grazie al quale può capitare che la città in cui lavoriamo, studiamo o crediamo di abitare alla fine “investa e abiti” noi, “frammenti fluttuanti del suo immenso corpo”.

L’allestimento all’UniCredit Pavilion.

Per chi non ne avesse abbastanza, solo fino al 16 gennaio, Milano in questi giorni ospita un’altra mostra dedicata allo stesso fotografo (non da solo questa volta): Gabriele Basilico / Masiar Pasquali. Viaggi in Iran (Bel Vedere fotografia – Milano, via Santa Maria Valle, 5), accostamento di due differenti sguardi fotografici sull’Iran. Le foto di Basilico sono il reportage di un viaggio avventuroso, compiuto nel 1970 su una Fiat 124 dall’Italia verso Kabul, già raccolti nel libro Gabriele Basilico. Iran 1970 (Humboldt Books 1915, testi di Gabriele Basilico, Giovanna Calvenzi e Luca Doninelli): un Basilico prima di Basilico, secondo la definizione di Luca Doninelli, perché qui le persone ci sono e si coglie anzi una volontà precisa di testimoniare non soltanto i luoghi ma anche gli incontri, i volti, gli sguardi. Al viaggio di Basilico fa eco un altro viaggio in Iran, quello del giovane italo-persiano Masiar Pasquali alla ricerca delle proprie radici e di una madre lontana per quasi vent’anni. Imperdibile.

GABRIELE BASILICO: ASCOLTO IL TUO CUORE, CITTÀ
Unicredit Pavillon, Piazza Gae Aulenti 10, fino al 31 gennaio 2016
GABRIELE BASILICO / MASIAR PASQUALI VIAGGI IN IRAN
Bel Vedere fotografia – Milano, via Santa Maria Valle 5 tel+fax 02.6590879, ancora dal 7 al 16 gennaio 2016 da martedì a sabato, ore 15-19, ingresso libero

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Elena Rausa

Docente di Lettere nei Licei e Dottoressa di Ricerca in Italianistica. Ha pubblicato tre romanzi: “Le invisibili” (Neri Pozza, 2024), “Ognuno riconosce i suoi” (Neri Pozza, 2018), “Marta nella corrente” (Neri Pozza, 2014).

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