L’esposizione, curata da Adele Scarpari e Sergio Merlo, ha preso spunto dal progetto Nuova Biblioteca Manoscritta, sostenuto dalla Regione Veneto con l’apporto scientifico dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, volto alla catalogazione online dei manoscritti presenti nelle biblioteche venete. Nella mostra sono stati esposti manoscritti conservati nella Biblioteca Bertoliana di Vicenza, a dimostrazione che le biblioteche civiche italiane possiedono materiale di grande interesse.
Molto originale il taglio dato alla mostra, allestita secondo sezioni relative ai campi più significativi della scheda catalografica di Nuova Biblioteca Manoscritta, organizzati secondo le due principali aree di descrizione, esterna e interna. La descrizione esterna fornisce informazioni sulla storia del manoscritto e sulla sua struttura materiale (come legatura, illustrazioni, ma anche provenienza e copista), mentre la descrizione interna si concentra sul testo dell’opera.
Le prime vetrine della mostra erano dedicate all’illustrazione, l’apparato iconografico che accompagna, arricchisce o spiega il testo scritto. Parlando di manoscritti, pensiamo inevitabilmente alle miniature, dalla parola latina minium, minio, il colore rosso talvolta utilizzato per tracciare le iniziali di un capoverso e i brani iniziali o finali del testo.
Per gran parte del Medioevo, l’opera di trascrizione e decorazione di testi sacri, ma anche di opere di letteratura e filosofia, era eseguita nei monasteri, in un particolare ambiente chiamato scriptorium. Con la nascita delle Università in epoca comunale – e soprattutto dalla fine del XIV secolo –, l’attività si diffuse in ambito laico, per mezzo di copisti, anche itineranti, e botteghe artigianali in grado di realizzare e vendere codici completi e tutto l’occorrente per scrivere e miniare: pergamena, colori, penne e pennelli.
- Hymnarium
- Acquerello
- Decretales Gregorii IX – glosse
- Computus Lunaris
- Commissione del doge – piatto anteriore
- Manoscritto in lode all’elefante
Il miniatore interveniva dopo il lavoro del copista, tracciando il disegno generalmente con la punta di piombo e ripassando la traccia con la penna d’oca intinta nell’inchiostro. Il lavoro poteva essere ripartito fra più monaci: uno addetto alle iniziali miniate e alle parti decorative e uno responsabile delle scene più complesse. Prima di procedere alla stesura dei colori veniva realizzato il fondo oro, con procedimento analogo a quello utilizzato per stendere la foglia d’oro nella pittura su tavola, quindi si completava la miniatura con i colori, pigmenti mescolati con chiara d’uovo o gomma arabica. Testi base per imparare i segreti della miniatura erano De Arte Illuminandi, ricettario tecnico in latino del XIV secolo e il Libro dell’Arte di Cennino Cennini. Un manoscritto del XV secolo esposto in mostra, del filosofo scozzese Duns Scoto, faceva capire come si doveva presentare, prima della colorazione, un disegno a penna preparatorio con cornice a piena pagina, vignetta e spazio per lo stemma.
Le Tabulae secretorum, manoscritto di orazioni risalente al XV secolo, proponeva invece il testo scritto inserito in una ricca ed elegante cornice floreale, iniziali miniate figurate e una scena centrale con la Resurrezione di Cristo. Un Hymnarium (raccolta di inni religiosi), di grande formato, degli inizi del XVI secolo, dimostrava come il repertorio iconografico classico – con grottesche, immagini mitologiche, ma anche elementi di architettura, vasi, cammei –, riscoperto dalla cultura umanistica, sia presente anche nei manoscritti e non solo nella grande pittura su tavola o ad affresco.
Ma la miniatura non è l’unica forma di illustrazione di un codice. Avanzando nei secoli troviamo altri tipi di decorazione, com’è il caso del manoscritto del 1627 esposto in mostra, con i fiori e le piante presenti nel giardino della villa di Andrea Vendramin dipinti ad acquerello.
Un’altra sezione era dedicata alla provenienza del manoscritto, dato importante, ma non sempre disponibile. Questa informazione ci racconta la storia del volume, ci parla dell’ambito territoriale in cui è stato realizzato e delle persone che lo hanno letto, sottolineato, commentato o magari cancellato, rendendole più vive e reali.
Il terzo campo selezionato è quello relativo ai copisti. Ovviamente più il codice è antico più è difficile recuperare questo dato, che ci fa conoscere chi ha materialmente trascritto il testo, quali sono stati i sistemi di copia, le soluzioni grafiche e le scelte dei committenti. Prima di iniziare il lavoro, il copista doveva definire gli spazi dedicati alla scrittura e quelli riservati alla decorazione miniata.
Ponte fra la storia del codice e lo studio del testo scritto, la sezione annotazioni (che siano glosse o appunti marginali nei manoscritti moderni) ci introduceva alla descrizione interna del manoscritto.
Le glosse venivano inizialmente utilizzate per chiarire parole dal significato difficile o raro, tanto che a volte, nelle copiature successive, la perifrasi finiva per sostituire la stessa parola difficile a cui si riferiva. Fra le annotazioni dobbiamo considerare anche le maniculae o manine, disegni a penna, talvolta colorati, a forma, appunto, di mano, per indicare luoghi di particolare interesse del testo.
Le annotazioni ci parlano della fortuna critica di un testo, della sua accoglienza da parte dei lettori. Non necessariamente, però, gli appunti presi sulla pagina di un libro si riferiscono al contenuto del testo. Abbiamo così trovato esposto anche il Computus Lunaris di Bono da Lucca, in cui è annotata una specie di contratto con cui, nel 1494, una bambina di nove anni veniva affidata a una famiglia facoltosa in qualità di fantesca.
Due vetrine erano dedicate alle legature, che ci permettono di ricostruire la tecnica di realizzazione del libro antico. Utilizzate primariamente per proteggere il libro, le legature – su assi di legno o cartone, in cuoio, a incasso, a ventaglio – si sono spesso trasformate in ulteriori elementi di pregio e interesse artistico. Fra gli esemplari in mostra era presente la Commissione del doge Pasquale Cicogna a Costantin Zane della seconda metà del XVI sec., con legatura dogale a scomparti incassati, detta “a cassettoni” e, nel vano centrale, il Leone di San Marco in moleca, ovvero raffigurato frontalmente e accovacciato, in una posizione che ricorda il granchio, moleca in veneziano.
Le tracce delle borchie presenti sulla coperta del manoscritto De instructione sacerdotis di Albertanus de Brixia del XIV secolo ci ricordano che è dal Cinquecento che i libri vengono collocati verticalmente, mentre in passato venivano conservati orizzontalmente.
Con la sezione testi si approdava decisamente alla seconda parte della scheda di catalogo, relativa alla descrizione interna del manoscritto e del suo contenuto, in cui sono indicati, quando presenti, autore e titolo. In mancanza di questi dati, l’identificazione del testo avviene attraverso l’incipit e l’explicit del testo, ovvero le prime e le ultime parole. Fra i manoscritti esposti si potevano ammirare l’Erbario vicentino di Antonio Turra, uno dei più importanti naturalisti italiani del Settecento, il primo ad applicare la classificazione di Linneo a 1700 specie di piante del nostro paese, e Il viaggio da Creta in Egitto ed al Sinai. 1576-1577 del viaggiatore vicentino Filippo Pigafetta.
L’ultima sezione della mostra era relativa alle lingue straniere, quindi ai manoscritti in lingua diversa dall’italiano e dal latino presenti all’interno della Bertoliana. Fra i testi esposti, il De Amicitia di Cicerone in inglese, risalente alla seconda metà del XVIII secolo, le Istruzioni di Alchimia del XVI secolo in tedesco (ma con i titoli in latino) e un interessante manoscritto in olandese datato 1634-1650, che dalle prime ricerche risulta unico al mondo, in lode all’elefante.
La Biblioteca Bertoliana offre da anni alle scuole un collaudato itinerario relativo alla storia del libro, a cui si può affiancare la possibilità di imparare a consultare il catalogo di una biblioteca e a fare una ricerca bibliografica. Talvolta sono le stesse scuole locali a chiedere itinerari di visita particolari, da concordare con i responsabili interni, in base al materiale conservato in biblioteca. È così possibile approfondire, ad esempio, la figura di Antonio Fogazzaro inserita in un contesto risorgimentale o la storia di Vicenza vista attraverso i documenti.
Nell’epoca dell’e-book, un salto in un passato ricco di fascino, e che ha ancora molto da dire.
Informazioni: conservazione@bibliotecabertoliana.itTel. 0444 578210
Per approfondire:
– Barbara Vanin, Anna Cappello, Lorena Dal Poz, Elena Boaga, Vendraghino alla scoperta dei manoscritti, Regione Veneto, 2004 (scaricabile qui)
– Manoscritto miniato, Scuola Vivaldi – I Circolo didattico di Spinea – classe quinta, insegnante N. Paterno, in collaborazione con Biblioteca comunale di Spinea e Biblioteca del Museo Correr, a.s. 2005/2006 (scaricabile qui)
– Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Fiorentino – Sezione Didattica, Miniatura. Tecnica e materiali, a cura di Maria Paola Masini, Livorno, Sillabe, 2003
– La forma del libro. Dal rotolo al codice (secoli III a.C.-XIX d.C.), catalogo della mostra (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, 2008) a cura di Franca Arduini, Firenze, Mandragora, 2008
– Bruno Blasselle, Il libro. Dal papiro a Gutenberg, Milano, Universale Electa/Gallimard, 1997