Emerge inoltre, spesso, un marcato disinteresse per una valutazione serena di chi e a quali condizioni sia in grado di esercitare il ruolo genitoriale nell’interesse dei bambini. Difendere la propria posizione appare più importante che cercare di comprendere.
Queste poche indicazioni si rivolgono, invece, senza differenza a chiunque e per qualunque motivo si trovi a svolgere un ruolo genitoriale oggi, nei confronti di pre-adolescenti e adolescenti. Detta la difficoltà di definire il ruolo genitoriale senza incorrere in strali di diversa origine, certo è che oggi diventa ancora più complesso esercitare detto ruolo per una serie di condizioni esterne e di difficoltà peculiari: la crisi economica, l’altissima disoccupazione giovanile, la fine delle certezze, la chiusura di prospettive di scelta certe che le generazioni precedenti hanno conosciuto.
I ragazzi e le ragazze si trovano, oggi, nella difficilissima condizione di avere una prospettiva di futuro peggiore di quello delle generazioni che li hanno preceduti. Il futuro, nell’immaginario che abbiamo costruito e che continuiamo a frequentare, è il tempo della speranza è il tempo in cui si declinano gli effetti delle scelte compiute oggi, è il tempo in cui si distendono i progetti e i desideri possono trovare appagamento. Quest’idea di futuro, questa rappresentazione di un progetto lungo la vita di una donna e di un uomo è oggi in discussione. Come si può chiedere a un ragazzo o a una ragazza di costruire, al futuro remoto, un progetto di sviluppo personale e, attraverso un percorso formativo, professionale quando la società che abbiamo costruito non è in grado di declinare un futuro prossimo? Quando il presente in cui li facciamo crescere è il tempo dell’incertezza e offre largo spazio al pessimismo?
Le prospettive professionali e quelle relative al tipo di welfare non sono certo rosee (con in testa le questioni della disoccupazione giovanile, della dispersione scolastica, dei tempi e dei modi della “pensione”); i contraddittori mutamenti nei sistemi di istruzione disorientano; la fine della corrispondenza tra percorso formativo seguito e attività lavorativa esercitata rende difficile una linearità prospettica, un’università impoverita strutturalmente come quantità di offerta (proprio mentre rincorriamo obiettivi di lifelong learning) e nella quale è sempre più complesso compiere scelte ragionevoli, rischia di svalutare l’alta formazione; legami affettivi che stanno mutando di forma, durata ed intensità senza trovare, spesso, adeguate tutele in termini di diritti; un mercato del lavoro che si fa imprevedibile, legato a mutamenti improvvisi e fuori dal controllo di ciascuno dei mercati; ciò che appariva governato dalle logiche più elementari ci sfugge traducendosi in qualcosa di iper-complesso… Come è possibile proporre ai giovani la nostra esperienza? Un mondo interconnesso, complesso, in cui le traiettorie si disegnano mentre si percorrono e le storie si raccontano vivendole, richiede competenze, significati e un pensiero differenti da quelli che per noi sono stati funzionali (o meno) a diventare adulti, cittadini, lavoratori.
Fare il genitore nell’epoca moderna e contemporanea non è stato semplice, ma, certo è stato un ruolo che conteneva in sé una speranza: poter riservare ai propri figli un futuro migliore del proprio presente, sperare che i propri figli incontrassero difficoltà, dolori ed ostacoli minori di quelli che si sono incontrati a nostra volta. Finché l’esperienza individuale si inseriva in un sistema collettivo in cui questo era possibile e, anzi, probabile, ovvero fino a che ciascuna generazione ha avuto, in media, una posizione sociale migliore di quella dei genitori, un “potere d’acquisto” più elevato, maggiori comodità, migliori condizioni igieniche, di salute, una alimentazione più sana e variata, uno stato che offriva garanzie maggiori delle precedenti e molto altro ancora, questa tensione era una sorta di spinta sociale alla speranza, al riporre fiducia nel futuro, al credere che ciò che non era vero e possibile oggi per sé lo sarebbe stato, un giorno, per i propri figli.
Qualcosa si è rotto? Dove e come si è interrotta questa speranza?
Non è questa la sede per proporre analisi complessive, certo è opportuno proporre alcune prime indicazioni, in vista di eventuali successivi approfondimenti.
Svolgere oggi il ruolo genitoriale in relazione alle scelte dei figli non significa, se lo è mai stato, indicare la strada giusta, piuttosto accompagnare e sostenere le giovani gambe che tentano più strade senza mai sostituirsi e senza ridurre l’autonomia (anzi sostenendone in ogni modo lo sviluppo). L’obiettivo di ogni genitore, da questo punto di vista, dovrebbe essere allora quello di consentire ai bambini (sin dalla più tenera età) di poter effettuare esperienze “protette” di scelta, in cui cioè le conseguenze non siano irreparabili (per quanto sia importante, gradualmente, far sperimentare a ragazzi e ragazze anche le conseguenze delle proprie scelte), di fare esperienze di progettualità, di differimento di un desiderio nel tempo e di scomposizione dei passi che occorrono per realizzarlo. L’obiettivo di ogni genitore dovrebbe essere quello di consentire l’esplorazione di più traiettorie di vita possibili e dunque di favorire il rapporto con le esperienze degli altri e con l’incredibile patrimonio di storie costituito da romanzi e film.