Il joystick intelligente. Percorsi di filosofia e videogiochi è un libro di Tancredi Riina pubblicato nel 2021 da Mimesis, nella collana Il caffè dei filosofi. Nel libro si discute di Assassin’s Creed, Pokémon, Nier: Automata, Nier: Automata 3c3c1d119440927, Animal Crossing: New Horizons, No Man’s Sky, The Outer Worlds. Il testo risulta accessibile e, anzi, interessante anche a chi, come me, il controller non l’ha mai preso in mano, o quasi. Riina ha una non comune capacità di coinvolgere il lettore, rendendo la lettura piacevole, ravvivata da intuizioni sorprendenti, spesso profonde, espresse abitando con naturalezza i mondi del gaming e della filosofia.
Per apprezzare e valutare l’operazione svolta da Riina, sarà utile fare un passo indietro e chiedersi come ci si può accostare filosoficamente a un videogame e quali sono le modalità con le quali si può leggere un prodotto videoludico.
In primo luogo, si può applicare un apparato concettuale elaborato dalla filosofia su un dato che ci si presenta, in questo caso i contenuti di un videogioco. Qui la filosofia è nell’occhio di chi guarda. Che egli lo si faccia per sfoggiare cultura, per nobilitare un contenuto, suggerendo che è più di ciò che sembra, per svolgere un gioco intellettuale o per testare un paradigma, resta sempre il fatto che quel che c’è da dire lo mette il narratore. Il contenuto su cui il suo discorso si applica non è però indifferente: se di buona qualità, può interagire con l’artefatto concettuale filosofico, mostrandone le potenzialità esplicative, oppure i limiti, se non addirittura il fallimento. Questa modalità, la più povera come vedremo, non è molto adottata da Riina (per esempio, però, lo è – peraltro con raffinata consapevolezza e con esiti ermeneutici interessanti – in No Man’s Sky, nella parte iniziale in cui rilegge il gioco alla luce dell’idealismo fichtiano). Riina, piuttosto, adotta soprattutto le modalità che presenterò ora di seguito e già questo fatto fa capire che il libro si propone come un’operazione di qualità.
Una seconda modalità dipende dal fatto che il contenuto ha una propria filosofia sotterranea. Ciò può darsi per diversi motivi. Ad esempio, perché il creatore del videogioco (individuo o collettivo), in quanto parte di una certa società e di una certa cultura, ha creato un qualcosa che è espressione della propria Weltanschauung che egli non ha inteso esplicitare e che è soggiacente alla vicenda. Il libro di Riina, al riguardo, ne offre una esemplificazione discutendo Pokémon. Oppure l’autore del videogioco ha intenzionalmente nascosto un contenuto filosofico nelle pieghe del gioco (e lo sappiamo, ad esempio, perché ha lasciato tracce troppo evidenti perché siano frutto del caso, oppure perché ce lo dice lui stesso nelle interviste): è in parte il caso di Nier: Automata e del suo creatore Yoko Taro e di The Outer Worlds.
Quando pensiamo ai videogiochi, prodotti commerciali di massa, ci aspettiamo che il filosofo possa al massimo arrivare a questa seconda modalità ermeneutica. In realtà però, il libro di Riina ci sorprende, mostrando che è possibile anche una terza modalità. Essa consiste nell’usare la filosofia per dare conto dell’esplicito riferimento filosofico che emerge nel gioco. In questo caso la filosofia, come riferimento culturale, è scopertamente presente nel contenuto fruito e l’approccio filosofico consiste nel riflettere, con competenza, su quanto intenzionalmente ed esplicitamente espresso. Le modalità miste poi tra queste tre modalità creano effetti ermeneutici piuttosto intriganti, per le situazioni di vaghezza intermedia che aprono a una pluralità di letture.
Vi sarebbe, infine, almeno un’altra modalità, cioè l’utilizzo dei contenuti videoludici per elaborare una riflessione filosofica propria (questa almeno la spiegazione che, forse con eccessivo ottimismo, Simone Regazzoni offre della filosofia pop). Quest’ultima modalità non pare praticata da Riina nel libro, che invece, in maniera a tratti brillante e ispirata, è più interessato a lasciarsi interrogare dai giochi, esplorandoli nel momento ludico e come opportunità di riflessione speculativa. Almeno è così, se non si prende troppo sul serio il finale a sorpresa del libro.
Colpisce poi l’erudizione non solo filosofica di Riina, che si serve appropriatamente del pensiero di decine di nomi, tra cui, senza pretese di esaustività e seguendo un ordine di prima comparsa: per i classici della filosofia, Marx, Peirce, James, Gorgia, Parmenide, Cioran, Kant, Nietzsche, Jaspers, Feyerabend, Bentham, Mill, Kongzi (più noto come Confucio), Mozi (Mo Tzu), Eraclito, Empedocle, Sunzi (Sun Tzu), Pitagora, Aristotele, Hegel, Simmel, Bergson, Scheler, Plessner, Gehlen, Sartre, Engels, Pascal, Heidegger, Platone, Weber, Kierkegaard, Camus, Hobbes, Berlin, Nozick, MacIntyre, Marcuse, Foucault, Schopenhauer, Cartesio, Spinoza, Comte, Bakunin, Horkheimer, Adorno; oltre a Marcello Ghilardi, Michel Onfray, Henri Lefebvre, Guy Debord, Arne Næss, Felix Guattari, Peter Singer, Tom Regan, Donna Haraway, Bernard Suits, Henry David Thoreau, Ralph Waldo Emerson, Nick Bostrom; quanto, infine, quanto ai non filosofi: Konrad Lorenz, James Lovelock, Simone de Beauvoir, Jessica Benjamin, Richard Wagner, Johan Huizinga, Artur C. Clarke, Philip K. Dick, Jorge Luis Borges, Pierre Simon Laplace e Giuseppe Verdi; è il caso poi di aggiungere fuori dagli elenchi, l’immancabile Elon Musk.
A questa impressionante mole di fonti va aggiunta una frequentazione della community dei gamer e dei relativi gruppi di discussione, con puntuali riferimenti sitografici offerti da Riina. Si direbbe una lista assurdamente eccessiva se non fosse che gli autori e i riferimenti sono introdotti con competenza e al momento opportuno, senza appesantire e distogliere dalla discussione del gioco, ma anzi per dare profondità alla riflessione.
Un primo importante risultato del libro è che esso mostra a chi guarda con pregiudizio ai videogiochi che, a scavare, c’è tanto da dire e non già proiettando le proprie idee intellettuali, superiori, profonde e raffinate su una materia che probabilmente non le merita. Riina infatti, tutto al contrario, mette in luce che le questioni interessanti sono là, nella cosa stessa, in questo caso cioè nel gioco.
Un secondo risultato è il livello della riflessione che, se paga inevitabilmente il prezzo dell’orizzonte pop del libro, non è mai superficiale, mostrando in maniera efficace il potere esplicativo dei modelli filosofici di volta in volta utilizzati. Così Riina lascia intendere tra le righe che un gamer privo di formazione filosofica, si perde una parte del piacere del gioco, non cogliendone le implicazioni.
Infine, un esito divertente del libro è la capacità di Riina di decostruire il gioco, rivelando gli aspetti meno evidenti, sorprendenti, e talvolta addirittura inquietanti, persino nei giochi più rassicuranti e “pucciosi”, come Animal Crossing: New Orizons. Rimaniamo a questo caso, che è forse il più clamoroso. Riina ci fa immergere nelle dinamiche di gioco: comprato un pacchetto vacanze ci trasferiamo in un’isola deserta. Dopo aver raccolto legna e conchiglie, dopo aver pescato, vivendo la nostra avventura in un ambiente naturale incontaminato e amichevole, bello da vedere e rassicurante nella sua prevedibile ordinarietà, ormai colmi di bucolica serenità e pace, a un certo punto con stupore ci scopriamo sfruttati e Riina osserva sornione che è «Tutto per colpa di un procione capitalista» (p. 173). Infatti, il tanuki Tom Nook, un NPC dai tratti rassicuranti e amichevoli, ci ha concesso un prestito. Per ripagarlo lavoriamo per lui, ma anziché estinguerlo, lo aumentiamo per costruire la nostra casa (un passo avanti rispetto alla tenda iniziale). Tom ci vende poi oggetti belli, ma perfettamente inutili per arredarla. Se non sappiamo dove metterli, tanto peggio: possiamo sempre indebitarci per ampliarla. Più lavoriamo, più si aprono opzioni d’acquisto, con esse aumenta il debito e con esso il nostro sfruttamento. Non ci si può più fidare nemmeno di un procione gentile!
Le questioni che vengono affrontate nel libro di Riina sono le più grandi della filosofia, come ad esempio: il rapporto con l’ambiente, il senso della vita, il rapporto con l’altro, la possibilità di cooperare e le forme della competizione, la propria natura e il proprio destino, la ricerca del senso della vita. Ogni gioco viene presentato e discusso, per poi passare al successivo, così che il libro non sembra essere qualcosa di più di una raccolta di saggi, se non fosse che il suo finale a sorpresa suggerisce lo sguardo dell’autore sul percorso svolto e, forse, anche su tutto il resto. A fine libro è utile il glossario che spiega sigle e termini, come FPS, DLC, Hack’n’slash, NPC, altrimenti indigeribili al profano. Va però segnalato all’editore che purtroppo manca al libro un editing più accurato e, a fine volume, una lista dei nomi citati. Sono segnalazioni doverose, anche e soprattutto in vista della prossima fatica di Riina che attendiamo impazienti.