Elle è stato presentato con grande successo al Festival di Cannes e ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui i Golden Globe per il Miglior film straniero e la Migliore attrice protagonista e i César per il Miglior Film e la Migliore attrice protagonista. Isabelle Huppert ha ottenuto, inoltre, la candidatura agli Oscar come Migliore attrice protagonista.
Il film è tratto dal romanzo “Oh…” di Philippe Djian, che Paul Verhoeven ha amato fin dalla prima lettura. La protagonista è Michèle, manager di una società di videogames, cinica, fredda e distaccata, tanto sul lavoro che nella sua vita privata. Un giorno viene aggredita e stuprata da uno sconosciuto mascherato, che entra improvvisamente in casa sua dal giardino. Senza rivolgersi alla polizia, Michèle si mette alla ricerca dell’uomo, e quando lo trova comincia con lui un pericoloso gioco.
Lo stupro non è solo l’elemento scatenante di tutta la storia, è anche il simbolo estremo di una società in cui la violenza pervade ogni aspetto delle relazioni sociali. L’indagine criminale ci introduce in un mondo che, dietro una facciata di apparente normalità, nasconde rabbia repressa, odio, aggressività, menzogne, tradimenti e perversioni.
Verhoeven sceglie un registro narrativo distaccato, con venature ironiche e sarcastiche, che seppur inquietanti contribuiscono ad alleggerire l’atmosfera dell’opera, sempre velata d’ambiguità, di non detti che sfuggono e scorrono in controluce sotto la superficie del racconto. La messa in scena è tesa e rigorosa, con una regia volutamente secca e lineare. Il montaggio è a volte quasi impercettibile, con sequenze giustapposte in continuità visiva e ampio uso di piani sequenza, Una modalità narrativa che rifiuta il protagonismo autoriale, per privilegiare lo sguardo dello spettatore come punto di vista naturale, immediato, a volte quasi voyeuristico.
La sequenza dello stupro, rivissuta più volte attraverso il ricordo di Michèle, interrompe solo momentaneamente il flusso dell’opera, come un’improvvisa onda anomala subito inghiottita dal respiro narrativo del film. Una scelta in linea con la psicologia di Michèle, che sembra assorbire l’irruzione della violenza della sua vita senza traumi apparenti, come se si stesse muovendo dentro i confini di un territorio familiare, di cui ben conosce le regole del gioco. Nonostante lo stupro, Michèle non accetta il ruolo della vittima, anzi ne allontana ogni tentazione con un comportamento spezzante, che manifesta una forza inossidabile. Attraversa l’esperienza con lucida consapevolezza, come un passaggio quasi obbligato e forse liberatorio rispetto al suo passato più oscuro, rimosso e indicibile. Un atteggiamento che suscita nello spettatore reazioni ed emozioni contradditorie, stranianti. Come si può decidere di prendere sottobraccio l’orrore e farsene complici? Come si può accettarlo e viverlo quasi come un’ineluttabile forma catartica del proprio destino? Le risposte sono svelate a poco a poco nel film attraverso schegge del passato di Michèle, che tornano a tormentare la sua esistenza. Scopriremo che il suo algido rapporto con il mondo, il suo bisogno di distacco dalla realtà, nasce forse da un infantile e istintivo bisogno di sopravvivenza.
Isabelle Huppert è assolutamente straordinaria. Interpreta il ruolo di Michèle con sguardi e sorrisi ambigui, che tradiscono a ogni stante un senso altro, un registro emotivo occulto, sotterraneo, insondabile. Dietro la spietata durezza e il cinismo, Huppert riesce sempre a far apparire il lato fragile di una psicologia interrotta, complessa e lacerata.
Da non perdere assolutamente.
Elle
Regia: Paul Verhoeven
Con: Isabelle Huppert, Laurent Lafitte, Anne Consigny, Charles Berling, Virginie Efira, Christian Berkel, Judith Magre, Jonas Bloquet, Alice Isaaz.
Durata: 130 minuti
Produzione: Francia, 2016