Educazione ambientale: ultima chiamata

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Abbiamo visto il documentario “Ultima chiamata”, una coproduzione italo-norvegese che prende le mosse dal profetico rapporto “The Limits of Growth”, e abbiamo chiesto al suo regista di raccontarci perché un film può spiegare meglio di tanti dibattiti la vera portata e le ripercussioni dell’attuale crisi economica ed energetica.

 

A Winthertur, nel dicembre 2012, c’eravamo anche noi, insieme a un sacco di neve e di giovani provenienti da tutto il mondo e uniti dall’ambizione di cambiare il corso della storia.
È stato il Club di Roma a rendere possibile l’incontro fra così tante esperienze diverse, con lo scopo d’iniziare a creare una rete.
Il Club di Roma fu concepito e creato da un torinese, Aurelio Peccei, nel 1968. Quattro anni dopo, nel 1972, fu pubblicato il primo rapporto scientifico. Il libro s’intitolava The Limits to Growth (“I limiti della crescita”, pubblicato da Mondadori in Italia con il titolo I limiti dello sviluppo), e lanciava un avvertimento: se la crescita continuerà senza tenere conto della finitezza del pianeta Terra e delle sue risorse, se ne supereranno i limiti e si andrà incontro al collasso. L’impatto del libro fu talmente forte, nel mondo intero, che se ne discute ancor oggi, continuando però a non ascoltare il suo messaggio. Di The Limits to Growth abbiamo raccontato la storia in un documentario intitolato Ultima chiamata, presentato e premiato per la prima volta al Festival Cinemambiente di Torino nel giugno del 2013.
Il progetto Change the Course di Winthertur sarebbe piaciuto ad Aurelio Peccei, che dedicò gran parte dei suoi ultimi tre anni di vita, dal 1981 al 1984, al progetto Forum Humanum: una rete di giovani ricercatori per l’approfondimento dei problemi delle relazioni internazionali. Dopo aver sollecitato il mondo e i suoi leader a preoccuparsi del futuro delle prossime generazioni, Peccei si rivolgeva direttamente ai giovani, forte della convinzione che dovessero essere loro i primi agenti del cambiamento.
Durante le riprese di Ultima chiamata ricordo un aneddoto raccontatoci da Anna Pignocchi, la segretaria di Peccei: Aurelio si trova alla stazione di Amsterdam dopo un summit internazionale, pronto a ripartire per un nuovo impegno. Seduto per terra un giovane hippie intento a leggere una copia di The Limits to Growth. L’elegante e attempato ex-manager italiano si ferma a parlare del libro con il ragazzo: l’incontro e la chiacchierata, dice poi, sono per lui molto più gratificanti del summit cui ha appena partecipato.
Perché The Limits to Growth e Aurelio Peccei sono importanti oggi, nel 2014? Perché stiamo vivendo lo scenario che loro avevano previsto più di 40 anni fa – quello scenario che gli economisti, i politici, le multinazionali e i media hanno deciso di consegnare alle nuove generazioni. Le crisi che stiamo vivendo, in primo luogo quella ambientale legata al cambiamento climatico, insieme a quella economica e finanziaria, sono spacciate per temporanee, in attesa di un imminente ripristino della crescita. Se assumiamo il punto di vista degli autori di The Limits to Growth, di Peccei e del loro approccio sistemico, invece, allora diventano sintomi di una crisi globale, che si sta verificando perché abbiamo superato da tempo i limiti del nostro sistema. Mentre io scrivo e voi state leggendo le emissioni di CO2 continuano ad aumentare, nonostante il 99% della comunità scientifica internazionale ammonisca che devono assolutamente ridursi per evitare un ulteriore innalzamento delle temperature, responsabile di un circolo vizioso che l’uomo potrebbe non essere più in grado di controllare.

 

L’ultima chiamata
Mi e vi chiedo: c’è davvero qualcosa di più importante di cui parlare? Se ne discute nel Parlamento italiano? Si insegna educazione ambientale nelle scuole italiane? Le uniche occasioni in cui se parla sono, purtroppo, i day after i disastri ambientali – sempre più frequenti eppure immediatamente e inesorabilmente dimenticati, fagocitati dal flusso di nuove notizie.
Non so quanto un documentario possa realmente incidere nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questi temi. Noi ci stiamo provando: vi racconto quello che stiamo facendo.
Ultima chiamata è una coproduzione italo-norvegese fra la nostra casa di produzione, Zenit Arti Audiovisive, e Skofteland Film.
In Norvegia è stato trasmesso dalla televisione pubblica, NRK, nei giorni precedenti le ultime elezioni politiche, per stimolare il dibattito. Alle tribune elettorali è stato chiamato a intervenire Jorgen Randers, uno dei protagonisti del film nonché coautore di The Limits to Growth. Il partito verde è entrato per la prima volta in Parlamento.
In Italia l’allora ministro dell’Ambiente Andrea Orlando – presente alla proiezione a Cinemambiente – aveva promesso di proporne la visione in Parlamento. Ora il film è stato acquisito da RAI Storia: non sappiamo ancora quando, ma il pubblico televisivo potrà vederlo.
Negli Stati Uniti Last Call (il sito del film www.lastcallthefilm.org.) è distribuito nel circuito educativo da The Video Project, di San Francisco. Un circuito, quello americano, che crea un mercato specifico, alimentato dalle biblioteche delle università e delle scuole alla ricerca di documentari da utilizzare in ambito didattico. Qui in Italia iniziano ad arrivare le prime richieste, promosse da insegnanti che hanno visto il film e che lo vogliono far vedere ai loro studenti. Sono per ora iniziative sporadiche e rese complicate dalle restrizioni di budget delle scuole, ma ci sono, e pensiamo siano destinate ad aumentare. Le partecipazioni di Ultima chiamata ai festival stanno creando diverse occasioni in ambito educativo. A Mantova, ad esempio: a settembre la proiezione al Festival della Letteratura; a dicembre al Cinema Oberdan, doppio spettacolo la sera e la mattina per le scuole della provincia. In questi giorni siamo stati contattati dalla direttrice del Festival scientifico CAID di Atene per avere il permesso di portare Ultima chiamata in un tour per scuole della Grecia.
Quando ci è possibile partecipiamo direttamente a progetti educativi che prevedono di utilizzare il nostro documentario. L’associazione culturale ScienzaAttiva, ad esempio, ci ha proposto di partecipare al festival letterario per ragazzi Mare di libri, di Rimini, insieme a un gruppo di studenti che vedranno il film, lo discuteranno con me e con Massimo Arvat, il produttore, e lo presenteranno insieme a noi a giugno. Andrea Vico di ScienzaAttiva ha anche elaborato un progetto didattico intorno al film, la cui parte finale prevede un gioco di ruolo che ha lo scopo di far mettere gli studenti nei panni degli scienziati e dei politici, per capirne comportamenti e decisioni.
Se vi capiterà di vedere la versione integrale di Ultima chiamata (90 minuti, quella che verrà trasmessa da RAI Storia ne dura 52) avrete l’occasione di assistere a due roleplay ideati e condotti da Dennis Meadows, uno degli autori di The Limits to Growth. Sono giochi molto semplici ed efficaci, che hanno il pregio di far comprendere in un attimo e intuitivamente cose teoricamente complicate.
Durante le riprese del documentario mi sono imbattuto anche in altri giochi. Elizabeth Sawin, del Climate Interactive, ha ad esempio elaborato un software incentrato sul cambiamento climatico: cambiando i parametri, si vedono le conseguenze sul cambiamento climatico. Cambi i parametri e vedi le conseguenze delle tue azioni nel tempo. John Sterman, che insegna Dinamica dei Sistemi e i concetti di The Limits to Growth al MIT di Boston, mi raccontava invece di un gioco in cui fa interpretare agli studenti i decisori delle politiche mondiali sull’ambiente. La prima parte del gioco si conclude sempre nello stesso modo: gli studenti prendono le stesse decisioni che prendono i politici e le imprese. Solo messi di fronte alle conseguenze di tali decisioni, nella seconda fase del gioco, imparano a comportarsi in modo meno miope.
La consapevolezza nasce dall’educazione, ed è l’unico modo per affrontare le crisi che abbiamo di fronte: “ultima chiamata” per l’educazione alle tematiche ambientali.

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