Gli storici e gli antropologi hanno dimostrato che non esiste un modello di mascolinità universale. In diversi periodi storici, ogni cultura costruisce la mascolinità in modo differente.
Ne consegue che, in società multiculturali come gli Stati Uniti, è probabile che vi siano contemporaneamente più definizioni di mascolinità. Le ricerche sociologiche mostrano che è così. Vi sono differenze fra latini e anglosassoni nell’esprimere la mascolinità, e il significato di questo termine è diverso nella vita della classe operaia e in quella borghese.
Particolarmente importante è che vi sono più tipi di mascolinità anche all’interno di ogni specifico ambiente culturale. È probabile che in un luogo di lavoro, un quartiere o gruppo di pari ci siano differenti modi di “fare” mascolinità. Nella classe media urbana, per esempio, ne esiste una versione organizzata sul valore del dominio e della “leadership”, accanto a un’altra focalizzata sulla competenza, che invece dà risalto alla professionalità e all’acquisizione di conoscenze tecniche.
Gerarchia ed egemonia
Le diverse mascolinità non siedono fianco a fianco come piatti di un buffet; tipicamente, alcune sono più rispettate di altre. Alcune possono essere oggetto di disprezzo, come quella omosessuale nella cultura occidentale moderna. Alcune sono socialmente emarginate, come la mascolinità delle minoranze etniche prive di potere. Altre sono esemplari, simboli da ammirare, come la mascolinità degli eroi sportivi.
La forma di mascolinità culturalmente dominante in un dato ambiente si chiama maschilità egemone. “Egemone” significa in una posizione di autorità culturale, non di dominanza totale; alti tipi persistono al suo fianco. La forma egemonica non deve essere la più comune. Lo si vedenei gruppi di pari a scuola, dove un piccolo numero di ragazzi influenti è ammirato da molti altri che non riescono a riprodurre analoghe prestazioni.
Mascolinità collettive
Le strutture di genere dividono i singoli comportamenti in “maschili” e “femminili”. Sono tratti attribuiti agli individui: diciamo che un uomo (o una donna) è maschile, o che si comporta in modo maschile. Ma questi modelli esistono anche a livello collettivo. Sono nelle istituzioni, nelle società, negli eserciti, nei governi, nelle scuole, nei luoghi di lavoro e persino, come mostra la ricerca criminologica, nei gruppi informali come le bande di strada.
Le mascolinità non esistono prima dei comportamenti sociali, come stati corporei o dati permanenti della personalità. Cominciano ad esistere quando le persone agiscono. Sono pratiche sociali messe in atto nella vita quotidiana. Diverse ricerche etno-metodologiche hanno dimostrato come noi “facciamo il genere” persino nel nostro modo di condurre una conversazione. La mascolinità, dunque, è ben lungi dall’essere un concetto semplice. Dai bodybuilder in palestra ai manager in sala conferenze, ai ragazzi nel cortile della scuola: le persone lavorano duramente per produrre mascolinità appropriate.
Il carattere stratificato
e dinamico del genere
Uno dei motivi principali per cui la mascolinità non è fissa è che non è fatta di modelli omogenei. Sia la psicoanalisi sia l’etnografia hanno rivelato che a volte lo studio della mascolinità rivela desideri e logiche contraddittorie. L’eterosessualità attiva di un uomo può nascondere un desiderio omosessuale più profondo; l’identificazione di un ragazzo con gli uomini può coesistere o lottare con un’identificazione più femminile.
Inoltre, se in diverse epoche e culture esistono diverse mascolinità, si può dedurre che queste siano suscettibili di cambiamento. È un fatto importante per gli educatori, dal momento che l’ordine del giorno nel campo educativo ruota attorno alla possibilità di cambiamento nelle relazioni di genere.
La scuola come agente
di mascolinità
Un passo fondamentale per capire come la scuola costruisce il genere è “pensare istituzionalmente”. Come nel caso delle aziende, dei luoghi di lavoro, e dello Stato, il genere è incorporato nei principi istituzionali attraverso i quali la scuola funziona: divisione del lavoro, modelli di autorità, e così via. La totalità di principi è il regime di genere di una scuola, un fattore che differenzia fra loro gli istituti, pur entro i limiti stabiliti dalla cultura e dal sistema educativo locale.
È possibile indicare quattro elementi fondamentali di ogni regime di genere scolastico.
Il primo sta nelle relazioni di potere, che includono, per gli insegnanti, questioni di controllo e di gestione dell’autorità, per gli alunni modelli di dominio e di accesso alle risorse. Uno schema frequente è l’associazione della mascolinità con l’autorità, con la conseguente concentrazione di uomini nelle posizioni di vigilanza dei sistemi scolastici. Tra gli alunni, i rapporti di potere possono essere altrettanto visibili. Per esempio,in una ricerca etnografica in una scuola superiore della classe operaia inglese Cristopher Prendergast ha mostrato come il controllo dello spazio del campo di gioco nelle partite di calcio informali è fondamentale nel mantenere l’egemonia di una mascolinità aggressiva e fisica nel gruppo di pari.
Una struttura simbolica particolarmente importante è il genere delle materie, ossia la qualificazione di alcune aree del curriculum come maschili e altre come femminili.Il secondo elemento sta nella divisione del lavoro, che include le specializzazioni di genere tra gli insegnanti, come la concentrazione di donne nell’area linguistico-letteraria e di uomini in quelle scientifiche, matematiche e industriali. Questo criterio, però, comprende anche le specializzazioni informali tra gli alunni: basti pensare alle classi elementari in cui l’insegnante chiede un “ragazzo forte” per aiutare a spostare un mobile.
Il terzo elemento concerne i modelli emotivi, ciò che il sociologo Arlie Hochschild ha chiamato le “regole del sentimento”, che valgono per tutte le professioni. Tra le più importanti regole di sentimento nelle scuole vi sono quelle legate alla sessualità. E come suggeriscono numerose ricerche il divieto dell’omosessualità può giocare un ruolo particolarmente importante nelle definizioni di mascolinità.
Conta infine la simbolizzazione. Le scuole importano gran parte della simbolizzazione di genere dalla cultura della società in cui vivono, ma hanno anche sistemi simbolici propri: uniformi e codici di abbigliamento, abitudini linguistiche formali e informali e così via. Una struttura simbolica particolarmente importante è il genere della materie, ossia la qualificazione di alcune aree del curriculum come maschili e altre come femminili.
La continua ridefinizione dei regimi di genere
Attraverso queste strutture di relazioni che si intersecano, le scuole creano definizioni istituzionali della mascolinità. Gli alunni partecipano a queste mascolinità semplicemente entrando nella scuola e vivendone le strutture. Le condizioni alle quali partecipano, però, sono negoziabili, e avvengono regolando i modelli: a volte ribellandosi contro di essi, a volte cercando di modificarli.
I regimi di genere non devono essere coerenti fra di loro e sono certamente soggetti a modifiche. Questo è vividamente illustrato nel recente racconto dell’etnografa Joan Draper della ricreazione di relazioni di genere dopo un accorpamento fra scuole in Gran Bretagna, uno studio insolito che cattura il modo in cui il genere si trasforma a seguito di importanti cambiamenti. Mostra come i diversi gruppi di alunni e insegnanti hanno partecipato all’accorpamento con interessi contrastanti e con risultati a volte sorprendenti, dai ragazzi che usano l’ombretto alle ragazze che modificano le uniformi scolastiche. Le scuole creano definizioni istituzionali della mascolinità. Gli alunni partecipano a queste mascolinità semplicemente entrando nella scuola e vivendone le strutture.Le autobiografie delle insegnanti, in particolare quelle femministe, contengono molti racconti di incontri con regimi di genere oppressivi nelle scuole e di tentativi, a volte efficaci, di cambiarli. Ma anche i bambini lavorano sui regimi di genere. Nelle scuole elementari americane studiate da Barrie Thorne in Gender Play: Girls and Boys in School, i significati di genere sono costantemente rivisti dai bambini, fatti oggetto di dibattito, sfidati o rinforzati continuamente sia in classe sia nel parco giochi.
Luoghi di mascolinità
Le scuole miste operano tipicamente sulla base di un’ideologia della differenza di genere informale ma potente, ed esercitano una forte pressione perché i ragazzi vi si conformino. In alcune aree questa pressione arriva al punto di creare veri e propri luoghi di formazione della mascolinità.
Il primo di questi è la divisione di genere del lavoro. La maggior parte del curriculum accademico è comune a ragazze e ragazzi, e certamente trasmette messaggi di genere. Ma in alcune aree particolari i percorsi divergono e i messaggi di genere diventano più forti. After the School Bell, uno studio di Carl Grant e Christine Sleeter, è una descrizione di come studenti, insegnanti e amministratori di una scuola media americana pensano alla razza, alla classe sociale e alla disabilità: mette in luce come la scuola da una parte propone un’offerta conoscitiva formale uguale per ragazzi e ragazze, dall’altra permette una segregazione virtuale di genere in alcune aree disciplinari, lasciando che materie come lo sviluppo infantile siano insegnate solo da docenti donne e solo alle ragazze, mentre le materie scientifiche rimangono appannaggio dei maschi.
Questa separazione non è casuale; le aree del curriculum sono culturalmente divise a seconda del genere. L’insegnamento delle arti industriali, per esempio, è storicamente legato ai mestieri manuali, da cui le donne sono state tradizionalmente escluse. È stato da tempo riconosciuto che le scienze sono culturalmente definite come aree maschili e hanno una concentrazione di insegnanti uomini. L’inglese, al contrario, è una materia prettamente femminile.
Il fattore disciplina
Il secondo luogo in cui si costruisce la mascolinità a scuola è la disciplina. Gli insegnanti sia di bambini molto piccoli sia di alunni della secondaria possono usare il genere come mezzo di controllo, per esempio, facendo vergognare i ragazzi dicendo che si stanno comportando “come una ragazza”. Anche le punizioni hanno a che fare con il genere. Quando le punizioni corporali erano legali, i ragazzi erano picchiati molto più delle ragazze. Ma anche quelle non violente oggi in uso interessano maggiormente i maschi. Ad esempio, un recente studio sulle sospensioni in una zona popolare di Sydney ha trovato che l’84% dei sospesi erano ragazzi.
Dove il controllo della scuola è forte, i ragazzi possono imparare a esercitare loro stessi un potere disciplinare come parte del loro apprendimento della mascolinità. È la base del sistema gerarchico fra pari. Dove invece manca il controllo assoluto della scuola, può essere messa in atto una “protesta mascolina” attraverso la sfida alle autorità, un pratica fin troppo familiare nelle classi della classe operaia.
In passato le punizioni corporali facevano sì che la sfida aperta alle autorità richiedesse un certo coraggio nell’affrontare il dolore, una prova di mascolinità fra le più forti. Ma anche l’attuale disciplina non violenta può diventare un centro di formazione di identità maschili, come ha sottolineato Ann Annett Ferguson in Bad Boys: Public Schools in the Making of Black Masculinity a proposito della “stanza delle punizioni” della scuola afro-americana in cui ha condotto la sua ricerca.
L’importanza dello sport
Il terzo luogo di costruzione di mascolinità è lo sport, il dispositivo chiave della società dei consumi per definire la mascolinità egemonica. In The Great American Football Ritual: Reproducing Race, Class and Gender Inequality, l’etnografo Douglas E. Foley dà una vivida descrizione del grande rito del football americano in un liceo di una cittadina del Texas. Egli mostra che non solo la squadra di calcio, ma la popolazione scolastica nel suo insieme utilizza il gioco per celebrare e riprodurre i codici di genere dominanti. Il gioco definisce direttamente il modello aggressivo di prestazione come forma di mascolinità più ammirata e, indirettamente, emargina le altre. Le cheerleaders diventano modelli di desiderabilità tra le ragazze e questa definisce ulteriormente la gerarchia delle maschilità tra i ragazzi, in quanto solo quelli più saldamente posizionati in alto nella gerarchia hanno successo con loro.
L’unica cosa che non funziona del racconto di Foley è il suggerimento che questo sistema sia tipicamente americano. L’hockey su ghiaccio in Canada, il rugby in Sud Africa o in Galles e il calcio in Gran Bretagna sono sport di contatto pesantemente mascolinizzati che svolgono un ruolo culturale simile. Gli allenatori delle squadre maschili possono essere figure molto importanti in una scuola superiore. E i maestri di educazione fisica hanno una cultura del lavoro che, nel resoconto autobiografico di Christine Skelton, A Passion for Football: Dominant Masculinities and Primary Schooling, è incentrata su una virilità fortemente tradizionale e neutralizzata come naturale.
Selezione e
differenziazione
Le materie di studio, la disciplina e lo sport tendono a produrre direttamente un tipo specifico di mascolinità. Ma questi non sono gli unici modi in cui la mascolinità è prodotta a scuole. Alcuni aspetti del funzionamento scolastico lavorano indirettamente, non producendo direttamente mascolinità ma sottolineando le differenze tra le sue diverse varianti. Il caso più importante è la selezione educativa. Le materie di studio, la disciplina e lo sport tendono a produrre direttamente un tipo specifico di mascolinità.Il curriculum accademico competitivo e il numero chiuso sono sia un potente meccanismo sociale di riproduzione della classe sociale sia uno strumento con cui differenti mascolinità sono messe a confronto. Gli esempi più chiari sono tratti dagli studi sulle scuole maschili. Il celebre Scegliere la fabbrica. Scuola, resistenza e riproduzione sociale del sociologo Paul Willis osserva che fra le minoranze lo sciovinismo maschile emerge come forma di ribellione alle limitazioni nelle opportunità di mobilità sociale, differentemente dalle donne, che ostentano il femminismo come strategia di adesione a valori socialmente condivisi. Seguendo dodici studenti durante gli ultimi due anni in una scuola superiore britannica e il loro primo anno di impiego, Willis si è accorto dell’esistenza di due gruppi: i lads, termine usato per autodefinirsi da parte dei giovani che si oppongono ad ogni forma di acculturazione scolastica, cessando gli studi e fermandosi al diploma (se non prima) per entrare rapidamente nel mondo del lavoro, e i ragazzi che usano la scuola come un percorso di carriera, definiti come effeminati con il nomignolo di ear’oles.
La cultura dei coetanei
Una delle caratteristiche più importanti della scuola come ambiente sociale è la vita informale del gruppo di pari. E ogni ambiente dei pari produce una propria gerarchia di genere.
Il modo in cui i giovani cercano di definire la propria sessualità e identità è spesso turbolento. Con l’avvicinarsi dell’adolescenza, le interazioni tra ragazzi e ragazze sono sempre più sessualizzate: flirt, insinuazioni e prese in giro la fanno da padrone. Si impone in questo periodo un modello romantico eterosessuale egemonico delle relazioni di genere, che di solito persiste fino al liceo e al college.
Questo modello romantico alimenta anche la gerarchia fra maschi, poiché il successo nelle relazioni con le ragazze è una fonte formidabile di prestigio nel gruppo dei pari. Lo studio di Foley di un liceo del Texas di cui abbiamo già parlato descrive nel dettaglio le feste e gli altri eventi sociali come momenti in cui, attraverso le relazioni con il sesso femminile, si mettono in scena non una ma diverse forme di mascolinità, che si mischiano all’etnia e alla classe sociale stabilendo gerarchie: il gruppo dominante è quello degli anglo Jocks, esiste poi quello dei vatos, americani antiautoritari di origine messicana, al di sotto del quale vi è il gruppo che Foley chiama ironicamente maggioranza silenziosa. Un certo numero di ragazzi prende il sistema della disciplina come una sfida, soprattutto nelle reti di pari che investono sulle idee di durezza e di confronto.La cultura fra pari è oggi strettamente legata alla comunicazione di massa. Questa genera le immagini e le interpretazioni della mascolinità che sfociano caoticamente nella vita scolastica e sono poi rielaborate dagli alunni attraverso le conversazioni quotidiane, le tensioni etniche nel parco giochi, le avventure sessuali ecc. Alcune sono su base razziale, come l’immagine della mascolinità nera incontrollabile e violenta, uno stereotipo familiare nel razzismo bianco e ora rivendicato dai giovani di colore (ad esempio nella musica rap). Molte di queste rappresentazioni sono in contrasto con l’agenda educativa della scuola. Altre, come la mascolinità sportiva, possono adattarsi bene; non dovremmo dare per scontata una costante tensione tra la cultura dei pari e la scuola.
Le chiacchiere fra adolescenti usano costantemente la sessualità per stabilire gerarchie, per etichettare fag (dispregiativo per omosessuale), slag (ragazza facile) e così via. Nei discorsi sul sesso svolti nella scuola secondaria vi sono elementi di fantasia, incertezza e vanteria. E a seconda delle circostanze, il registro comunicativo cambia: per esempio, in gruppi misti di ragazze e ragazzi è più facile che gli argomenti sessuali siano affrontati con maggiore reticenza. Da questo punto di vista la dimensione collettiva della mascolinità è chiara: anche i gruppi di pari, e non solo gli individui, sono portatori di definizioni di genere. Una logica che sicuramente risulta familiare a molti genitori e insegnanti, che osservano come i ragazzi che creano problemi in un gruppo attraverso comportamenti aggressivi, ossia con performance di mascolinità esagerate, possono essere cooperativi e pacifici se presi da soli.
Offrire un’opzione
La mascolinità e la femminilità sono attivamente costruite, non solo ereditate. La società, la scuola e l’ambiente dei pari danno ai ragazzi un’opzione sul posto che possono occupare all’interno della gerarchia di genere; e i ragazzi scelgono come rispondere. La mascolinità di protesta è un esempio perfetto.
La maggior parte dei ragazzi impara a negoziare la disciplina scolastica. Un certo numero, invece, prende il sistema della disciplina come una sfida, soprattutto nelle reti di pari che investono sulle idee di durezza e di confronto. È il caso di Jack Harley, un giovane uomo che ho avuto modo di intervistare più volte. Cresciuto in povertà in una famiglia di Sydney, si è scontrato presto e spesso con gli insegnanti: «loro mi buttano giù, io butto giù loro». Alla fine ha aggredito un insegnante ed è finito in un centro di detenzione per minori, in cui si è laureato in furto con scasso, e poi nel carcere per adulti. L’espulsione dalla scuola e la fine degli studi non sono state conseguenze di un destino passivamente subito ma le risposte di Jack alla sua situazione.
Rispondere all’opzione che viene loro proposta è una chiave per comprendere i problemi disciplinari nelle scuole, così come il coinvolgimento dei ragazzi nella violenza e nelle molestie sessuali. I gruppi di maschi sono coinvolti in queste pratiche non perché sono guidati dagli ormoni, ma per acquisire prestigio o difenderlo, marcare differenze e ottenere popolarità. La condotta trasgressiva diventa centrale per la realizzazione della mascolinità quando i ragazzi non hanno altre risorse per ottenere questi fini.
Tuttavia, la costruzione attiva della mascolinità non deve necessariamente portare a un conflitto con la scuola. Ci sono forme di mascolinità molto più compatibili con i programmi educativi e con le esigenze disciplinari. Questo è vero specialmente per la mascolinità della classe media, organizzata attorno alla carriera, che sottolinea la concorrenza attraverso l’esperienza piuttosto che con lo scontro fisico. Sembra probabile che la costruzione di una mascolinità che sottolinea la responsabilità e la coesione di gruppo, piuttosto che l’aggressività individuale, abbia contribuito al successo formativo di giovani di etnia cinese e giapponese in Nord America. Le scuole, così come sono organizzate oggi, sono una risorsa per loro, e loro sono una risorsa per le loro scuole.
La costruzione della mascolinità nelle scuole, dunque, è tutt’altro che il semplice apprendimento delle norme suggerite dalla “socializzazione” dei ruoli sessuali. Si tratta di un processo con più percorsi, plasmato a seconda della classe e dell’etnia, che produce risultati diversi.
In alcune aree della vita scolastica, le pratiche mascolinizzanti sono molte ed evidenti; in altre zone sono difficilmente visibili. Alcuni effetti mascolinizzanti sono stabiliti dalla scuola, altri non solo intenzionali, e alcuni non sono voluti affatto ma avvengono lo stesso. Due implicazioni sono molto chiare: il pensiero pedagogico deve considerare questi elementi e formulare strategie educative consapevoli.
Tratto da: R. W. Connell, Teaching the Boys: New Research on Masculinity and Gender Strategies for Schools, in “Teachers College Record”, vol. 98, n. 2, 1996.
Traduzione di Francesca Nicola.