Quando due anni fa abbiamo iniziato uno studio sul disagio giovanile nella scuola, la nostra attenzione si è da subito concentrata sui possibili interventi socio-relazionali, anche per rendere più efficace e piacevole l’apprendimento. A stimolare l’avvio della ricerca è stata la richiesta di aiuto di molti docenti che segnalavano l’aumento di fenomeni di disagio: iperattività, autismo, difficoltà di relazione, disturbi di apprendimento, apatia, aggressività, bullismo.
In effetti, la fotografia della realtà giovanile evidenzia diverse criticità. I ragazzi non sono copie fotostatiche l’uno dell’altro e le situazioni restano variegate, ma in tutte le scuole si assiste a un incremento delle situazioni di disagio. Le statistiche ci informano che un bambino su dieci soffre di disturbi psicologici e la depressione è una delle principali cause di malattia tra gli adolescenti, mentre il suicidio è la terza causa di morte tra i quindici e i diciannove anni. Oltretutto, le varie forme di disagio si ripercuotono, nella scuola, anche su bambini e ragazzi che non presentano situazioni personali critiche, perché la classe è un “sistema sociale”. Sono dati da prendere in considerazione per dare avvio a un processo di revisione delle strategie educative, a scuola come in famiglia.
Avanzando nella nostra ricerca-azione, ci siamo resi conto che molti problemi giovanili rientravano nella Sindrome da deficit di Natura (Nature Deficit Disorder), ovvero erano correlati a un distacco prolungato dal mondo naturale. Alla luce delle nostre osservazioni sul campo, abbiamo quindi deciso di abbinare l’approccio socio-relazionale all’esperenzia dell’autdoor education, ovvero al contatto con la Natura.
Le domande che ci siamo posti sono state:
Come trasformare la nostra vita per non essere distruttivi nei confronti del mondo e di noi stessi?
Cosa può fare la scuola per la Natura e per un mondo sostenibile?
E cosa la Natura può fare per la scuola?
Il carattere sociale dell’apprendimento, ampiamente dimostrato dalle neuroscienze, è stato il punto di partenza per le nostre riflessioni.
Ancor prima di essere un luogo di istruzione, la scuola è una comunità sociale e dal tipo di relazioni che si creano al suo interno dipende non soltanto la quantità dell’apprendimento, ma anche lo sviluppo dell’attitudine a imparare e la capacità di creare il proprio progetto di vita in armonia con gli altri esseri umani e con la Natura.
Potremmo dire che la nostra stessa sopravvivenza deriva dal modo in cui impariamo, fin da bambini, a relazionarci agli altri. E la crescita della popolazione mondiale rende sempre più necessario e urgente lavorare in questa direzione
A partire dall’Ottocento, l’azione educativa è stata fondata sulla competizione a base conflittuale, creando nel tempo una forma mentis che predispone al contrasto. Si è imposto un modello di relazione in cui tutti devono essere produttivi, anche nella fase dell’infanzia, e questo ha generato discriminazioni e sopraffazione.
Ma è un percorso che può essere invertito, se lavoriamo per realizzare un nuovo modo di fare educazione, basato sulla costruzione di autentiche comunità educanti capaci di incoraggiare la profonda conoscenza dell’altro, l’inclusione, la convivenza armonica con gli elementi naturali.
La necessità di recuperare questa armonia è senza dubbio una delle verità che la pandemia da Covid-19 ha reso più evidenti. Il senso del limite, di cui abbiamo fatto esperienza, ci ha restituito l’importanza dell’incontro con l’altro e con gli spazi naturali.
La scuola è il luogo adatto dove imparare a costruire relazioni sostenibili, ovvero a vivere in armonia con tutti gli esseri viventi. In questa ottica, il vecchio modello trasmissivo del sapere si rivela inadeguato e risulta evidente che occorre puntare anche, e soprattutto, all’acquisizione della consapevolezza, di sé e della propria relazione con il mondo.
La vera forza del pensiero ecologico risiede nell’affermarsi come qualcosa di nuovo, di diverso, prendendo per esempio le distanze da pulsioni egoistiche, aggressive e predatorie. L’obiettivo è sviluppare le coscienze in una dimensione che consideri il ‘noi’ e non soltanto il ‘me’. Preservare la vita del pianeta significa infatti prestare attenzione ai cambiamenti climatici, ma ancora di più alle relazioni umane.
Un percorso di alfabetizzazione ecologica deve essere un invito all’ascolto, per imparare a entrare in relazione con l’altro in maniera ‘sostenibile’ e per conoscere la Natura attraverso le emozioni che suscita. Come fare? Quali strumenti usare?
Nella nostra ricerca abbiamo sperimentato come l’intreccio tra Letteratura e Natura, in un continuum armonioso, può risultare molto efficace. Del resto, sin dall’antichità le storie raccontate davanti al focolare avevano come protagonisti esseri umani, piante e animali. La Natura fa parte delle storie, perché da sempre le storie servono per aiutarci a soddisfare quel bisogno di pace e armonia di cui siamo costantemente in cerca.
L’educazione al pensiero ecologico ha bisogno della letteratura, perché leggere buone storie è il modo privilegiato per confrontarsi con le proprie emozioni e riuscire a comprendere quelle altrui, per imparare i sentimenti, per avviare riflessione sull’esistenza e per creare ponti. Incoraggiare le passeggiate nel bosco, o predicare l’altruismo, risulterà inefficace fino a quando ci considereremo separati gli uni dagli altri, incapaci di riconoscerci membri di una medesima grande comunità. Per queste ragioni, la strategia didattica che ho ideato si basa su tre elementi: lettura, scrittura e passeggiate in Natura.
Il nome che ho dato al percorso è composto da due vocaboli Fiabadiario: fiaba, genere narrativo senza tempo, e diario, che rimanda all’annotazione di esperienze vissute. La narrazione è al centro, in tutte le sue forme, orale e scritta, compresa quella autobiografica, ed è abbinata all’esperienza all’aperto, che ne rafforza le potenzialità.
Esperienza all’aperto, nel nostro caso, non ha significato trasferimento dell’aula scolastica al di fuori dell’edificio, come potrebbe essere, ad esempio, andare al parco per fare lezione sotto un albero. Si è trattato, piuttosto, di un apprendimento esperienziale. Insieme ai ragazzi siamo partiti dal nostro sentire, dalle sensazioni che il contatto con la Natura suscitava in noi.
Il percorso poggia, infatti, sul coinvolgimento della persona: è educazione all’ascolto, al dialogo, all’accettazione reciproca, per riflettere su cosa significhi essere insieme, su come sentirsi a proprio agio con gli altri, sulla relazione che ci lega agli elementi naturali. L’obiettivo è condurre bambini e ragazzi ad avvertire l’urgenza di creare un habitat sostenibile non per paura di una catastrofe, ma per amore della vita in ogni sua forma.
La vera sfida per la scuola è riuscire a stimolare il pensiero critico, la capacità di cooperare, la creatività, la logica, la consapevolezza. Ma l’educazione deve mirare anche alla formazione di una coscienza comunitaria e della consapevolezza di appartenere ad un’unica grande comunità, che include tutti gli esseri viventi. La letteratura, soprattutto quella illustrata, è un ottimo strumento didattico per formare l’ecosaggezza. Partendo dalla lettura ad alta voce in classe, si può dare avvio a un efficace e piacevole percorso di educazione all’ascolto e alla relazione con l’altro, per arrivare a creare il ‘noi’.
Le tecniche di neuroimaging (come la PET o la risonanza magnetica) hanno fornito nuove informazioni sul cervello e sulla mente. Grazie a queste tecniche, sappiamo che la lettura e la narrazione hanno un enorme potere sulle nostre capacità cognitive, linguistiche e affettive. Quando si legge un libro, avvengono connessioni tra le regioni del cervello, comprese quelle che riguardano l’empatia. Questo accade perché la lettura e il racconto riescono a “mettere un individuo nei panni di un personaggio” e a fargli provare le sue emozioni. La risposta empatica ai personaggi, ai loro obiettivi, successi e fallimenti, crea un’esperienza emotiva identica a quella della vita reale perché riguarda lo stesso tipo di aspirazioni, frustrazioni e conflitti. E sviluppare l’empatia è fondamentale per superare i disagi relazionali. I lettori di narrativa comprendono meglio i sentimenti degli altri e questo permette loro di migliorare la consapevolezza di sé e degli altri e di contribuire a un cambiamento sociale positivo.
È chiaro quindi che la letteratura, e la narrazione in generale, incoraggiano la partecipazione sociale perché fanno sperimentare l’idea che sia possibile connettersi con qualcun altro, anche se molto diverso da noi.
La strategia del Fiabadiario è stata implementata con oltre quattrocento bambini e ragazzi della scuola pubblica, insieme ai loro insegnanti e alle famiglie. Il coinvolgimento di un ampio numero di alunni di varie età ci ha permesso di verificare con un buon margine di certezza che lettura e scrittura, unite alla passeggiata riflessiva, sono davvero in grado di far avanzare i piccoli verso l’acquisizione di atteggiamenti di ecosaggezza.
È un percorso totalmente innovativo perché mette da parte il consueto modello trasmissivo dell’insegnamento sostituendolo con un modello socio-relazionale. Non prevede voti né giudizi, quello che conta per la riuscita del percorso è trasformare la classe in una comunità di ricerca, dove anche l’insegnante e i genitori si mettono in gioco, costruendo insieme gli atteggiamenti giusti per trovare il proprio benessere insieme a quello degli altri, per imparare a imparare, per prendere coscienza della relazione che ci lega alla Terra e a tutti gli esseri viventi, in un clima di costante collaborazione dove la prevaricazione e la sopraffazione non trovano posto.
Il percorso del fiabadiario prevede un corso di formazione per docenti e genitori che, tra gli altri obiettivi, prevede l’esplorazione della letteratura giovanile dal punto di vista didattico e l’apprendimento delle tecniche di lettura in classe
Al termine di due anni di ricerca, i risultati hanno evidenziato un concreto cambiamento negli atteggiamenti dei bambini e ragazzi coinvolti, e delle loro famiglie. Grazie al senso di condivisione creato attraverso la lettura e la scrittura autobiografica, nuovi atteggiamenti hanno preso vita, e abbiamo registrato una maggiore capacità di cooperazione, la diminuzione di episodi di prevaricazione, maggiore curiosità verso gli elementi naturali, migliore e più consapevole cura dei propri animali domestici, diminuzione del tempo dedicato ai dispositivi elettronici, aumento del tempo dedicato al gioco con i compagni e alla lettura. Fra tutti, spicca l’autentica inclusione dei bambini con disabilità. Alcuni di loro, che in precedenza venivano esclusi dalle feste di compleanno, al termine del percorso sono stati spontaneamente inclusi in tutte le attività ludiche organizzate dentro e fuori dalla scuola.
Il percorso del Fiabadiario ha ottenuto la Menzione Speciale al Premio ‘Giusta Transizione’ dell’Agenzia Nazionale di Sviluppo Sostenibile perché, oltre a risultare efficace, è facilmente replicabile ovunque e può essere realizzato quasi a costo zero.
Affiliazioni:
Dipartimento di Scienze Politiche, Sociali e della Comunicazione dell’Università di Salerno
Scuole e Enti maggiormente coinvolti:
IC “Perna Alighieri” di Avellino
Ospedale “Luigi Sacco” di Milano
IPSEOA Virtuoso di Salerno e istituti comprensivi di varie regioni italiane
Per approfondire: