Due paradossi della moda

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La moda si espande, la moda si diffonde, la moda si impone. Non le si può resistere, è un fenomeno che si sparge per contagio, si nutre dell’imitazione, del bisogno di essere massa, di sentirsi uniti, di allinearsi, di non essere esclusi, di essere parte di qualcosa, dell’avere qualcosa in comune, ma anche del farsi notare, del caratterizzarsi, del distinguersi dagli altri.

Essa è figlia di tre genitori, per quanto strano possa sembrare: il conformismo, il bisogno di novità e la ricerca di distinzione. Dal primo prende la forza potente che aggrega e omologa nella massa; dal secondo quella spensierata impertinenza che la rende leggera, fatua e caduca; mentre dal terzo assume la ricercata ostinazione a stare sulla breccia, a non lasciarsi ricadere nella noia del già visto, dello scontato.

Vi è una duplice condizione paradossale della moda che è stata colta dal filosofo e sociologo tedesco Georg Simmel. Egli l’ha identificata, anche se non l’ha esplicitata in quanto paradossale. Vediamo quali sono questi due paradossi e da cosa derivano.

In primo luogo, nella moda, scrive Simmel, “l’impulso a espandersi abita fin da principio, come se ogni moda dovesse sottomettere a sé la totalità di un gruppo. Nell’attimo in cui vi riuscisse dovrebbe morire come moda per contraddizione logica con la propria natura” (La moda, trad. it. a cura di L. Perucchi, Mondadori, Milano1996, p. 29). La moda, insomma, da un lato tende verso tutti, dall’altro non può essere per tutti, pena il non fungere da elemento di distinzione per nessuno. Per questo, il fatto di essere assorbita dai più fa scattare il bisogno di un suo superamento. Essa perciò anela alla diffusione totale, ma non è fatta per raggiungere questo come risultato, perché se vi riuscisse si negherebbe come moda, diventerebbe un noioso costume collettivo, una stanca pratica comune. Insomma, essa è per tutti ma non è per tutti.

In secondo luogo, si può dire che non seguire la moda è seguire la moda. Anche questo è ben spiegato da Simmel: “Chi si comporta o si veste consapevolmente fuori moda non raggiunge il senso di individuazione che vi è collegato mediante una propria qualità individuale, ma con la semplice negazione dell’esempio sociale: se essere alla moda significa imitare questo esempio, non esserlo intenzionalmente significa la stessa imitazione con segno opposto e testimonia nella stessa misura il potere delle tendenze sociali di renderci dipendenti da sé in modo positivo o negativo” (ivi, p. 37, grassetto mio). Detto altrimenti, continua Simmel: “Chi di proposito è fuori moda accetta il contenuto sociale come il maniaco della moda, ma a differenza di quest’ultimo, che lo forma nella categoria dell’intensificazione, egli lo plasma in quella della negazione” (ibidem). Insomma, posta una moda, a cercare di opporvisi si resta comunque tanto condizionati che l’opposizione finisce con l’essere una strana sequela, sia pure in direzione opposta: la moda detta la linea così che, anche a prendere la propria direzione, si rimane sulla linea.

Il primo dei due paradossi nasce dal contrasto tra la spinta aggregativa e quella individualizzante: la forza del principio aggregante cerca di omologare e la sua realizzazione annullerebbe la ricerca di distinzione, così da far collassare la moda. Si tratta di un conflitto tra le norme che pongono in essere la moda stessa, tocca cioè la sua natura. Il secondo paradosso nasce invece dall’implementazione della moda nel contesto sociale. Quest’ultimo viene condizionato dalla moda, così che le spinte che la rifiutano non trovano senso ed espressione propri e indipendenti. Si vede dunque che i paradossi della moda si aggiungono agli altri paradossi della filosofia sociale (p.e. il paradosso della trasparenza, il paradosso della donazione, il paradosso di Moro) e rendono quest’ambito della ricerca intrigante e ricco di questioni che danno da pensare e che, a coglierli bene, si vive il quotidiano con maggiore consapevolezza.

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Gian Paolo Terravecchia

Cultore della materia in filosofia morale all’Università di Padova, si occupa principalmente di filosofia sociale, filosofia morale, teoria della normatività, fenomenologia e filosofia analitica. È coautore di manuali di filosofia per Loescher editore. Di recente ha pubblicato: “Tesine e percorsi. Metodi e scorciatoie per la scrittura saggistica”, scritto con Enrico Furlan.

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