Dieci scienziate per l’ambiente

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Molti punti di svolta nella comprensione del mondo naturale – in cui viviamo assieme alle altre specie – sono dovuti a studi e scoperte rivoluzionari condotte da donne. Un libro appena uscito racconta dieci storie di scienziate che con il loro lavoro hanno ampliato le nostre conoscenze sull’ambiente: da Rachel Carson a Dian Fossey, passando per Laura Conti e tante altre. Perché anche in questo campo la storia del progresso scientifico è fatta sia da uomini sia da donne, e perciò appartiene a tutta l’umanità.
Un ritratto di Émilie du Châtelet (1706-1749) fisica e matematica francese (©Wikipedia).

Quando si parla di ambiente, la prima donna che oggi forse viene in mente è la giovane attivista svedese Greta Thunberg. Ma se ci chiedessero il nome di una scienziata ambientale, avremmo una risposta pronta? Eppure, sono innumerevoli le scoperte, gli studi e le ricerche innovativi condotte da donne di scienza che hanno segnato un punto di svolta nella comprensione della natura. Dalle invenzioni “solari” della biofisica Mária Telkes alle esplorazioni sottomarine dell’oceanografa Sylvia Earle, fino all’effetto serra teorizzato per la prima volta da Eunice Newton Foote.
Nel libro Prime. Dieci scienziate per l’ambiente (Codice edizioni, 2023) un gruppo di giornaliste e giornalisti ambientali ripercorre dieci di questi momenti cruciali attraverso le vite e le esperienze delle scienziate (alcune più note, altre un po’ meno) che ne sono state protagoniste.
Ne abbiamo parlato con Mirella Orsi, science writer e divulgatrice scientifica, che ha curato il volume assieme a Sergio Ferraris, giornalista scientifico e ambientale.

La divulgatrice Mirella Orsi (©www.mirellaorsi.com)
Il giornalista Sergio Ferraris (©www.sergioferraris.it/).

 

 

 

 

 

 

D: Tutte le storie del libro parlano di donne che fanno qualcosa “per prime”, e allora ti chiedo: da dove è nata questa idea?

R: L’idea è partita da me, ma quasi involontariamente, perché stavo scrivendo un articolo su Eunice Newton Foote e nella sua storia ha un ruolo molto importante il giornalista David Wells che scrive l’unico trafiletto arrivato fino a noi e rimasto a testimonianza del suo lavoro scientifico. E questa storia di scienziate dimenticate e giornalisti mi era piaciuta moltissimo e mi era rimasta dentro; quindi, appena finito l’articolo su Foote ho sentito Sergio Ferraris e anche a lui l’idea è piaciuta subito e così chiacchierando ha preso forma il libro, un pezzo dopo l’altro come un puzzle.

Il vero problema era fare una scelta fra le tantissime scienziate ambientali, ma abbiamo cercato di inquadrarne dieci che ci permettessero di offrire uno sguardo generale. Ovviamente nel libro c’è solo un piccolo gruppo, ma abbiamo voluto dare uno sguardo sia orizzontale sia verticale: orizzontale perché tocchiamo vari ambiti scientifici, e verticale perché c’è una cronologia storica: infatti partiamo dal Settecento e arriviamo più o meno ai giorni nostri. Per dare una visione di insieme del contributo dato dalle scienziate al progresso delle discipline ambientali.

D: Quindi come avete scelto le dieci storie da raccontare e quali persone le avrebbero scritte?

R: Con Sergio Ferraris abbiamo prima stilato una lista iniziale di circa 20-30 scienziate, e poi abbiamo cercato di scegliere in modo che fossero diverse tra loro anche per epoca storica, ma avessero qualcosa in comune. Nel tempo molte cose sono cambiate, però alcune restano uguali nei vari periodi storici, sia aspetti molto positivi ma a volte anche negativi come le discriminazioni, e questa è una cosa molto importante da notare leggendo il libro. Poi è venuto da sé il tema delle “prime” donne, perché tutte loro hanno in comune di aver fatto qualcosa per la prima volta; e questo è stato anche uno dei fattori di scelta, per dare una prospettiva alle storie.

Per quanto riguarda gli altri autori e autrici coinvolti, abbiamo proposto loro la lista di scienziate e abbiamo lasciato che scegliessero liberamente, magari dando qualche suggerimento, ma tutti sono stati contenti della scelta finale. Ed è un aspetto fondamentale, perché quando si fa questo lavoro di ricerca ci deve essere anche un po’ di “sintonia” tra la storia e chi la racconta, tanto che alla fine ne diventa un po’ parte; come è successo a me scrivendo di Eunice Foote, perché sono piccole storie all’interno di una più grande che è la storia del progresso scientifico.

D: Tra tutte le vicende umane e scientifiche raccolte nel libro ce n’è qualcuna che preferisci?

L’esploratrice e botanica francese Jeanne Baret (1740-1807) è considerata la prima donna ad aver circumnavigato il globo, ma lo fece travestita da uomo (©Wikipedia).

R: Non riesco a sceglierne una sola, perché sono tutte particolari, almeno per me che da tempo mi occupo di donne e scienza; mi piace molto scoprire gli intrecci tra le storie delle varie scienziate, infatti avevano un piccolo universo in cui muoversi anche per le discriminazioni e i tanti problemi che hanno affrontato. Per esempio, nel capitolo su Jeanne Baret si parla del fatto che si era dovuta travestire per fare il suo lavoro di botanica e circumnavigare il mondo per la prima volta come donna. E questo ricorda la storia di Émilie du Châtelet che è stata una grandissima scienziata e divulgatrice e usava travestirsi per andare nei caffè scientifici: un’altra figura non troppo conosciuta anche se di grande importanza per il progresso scientifico.

Un altro esempio è Laura Conti, una medica fondamentale sia per il suo contributo scientifico sia per quello dato alla nostra vita quotidiana: ogni volta che nelle notizie sentiamo – purtroppo – che “sono stati superati i limiti di legge di un inquinante” lo dobbiamo a lei, grazie al suo lavoro sul disastro di Seveso. Anche se questo spesso non si sa ed è come se ci mancasse una parte della storia, ma con il nostro lavoro corale abbiamo cercato di raccontare questo pezzo mancante. Il libro è quasi un racconto a più voci, come dovrebbe essere la ricerca scientifica, dove spesso invece le voci delle donne vengono silenziate. Inoltre, è scritto da un team in completa parità di genere e crediamo di essere i primi a farlo (ma spero non saremo gli ultimi), quindi siamo in tema con il libro.

D: Quali sfide dobbiamo ancora affrontare per raggiungere la piena parità di genere nelle STEM?

R: È molto complicato rispondere: quando ci sono domande complesse non ci sono risposte semplici, perché ci sono tante cose da fare, la lista è veramente lunghissima. Ma per me una cosa delle prime, perché non è difficile, è smettere di decontestualizzare la discriminazione di genere. Nel senso che si parla di discriminazione in vari ambiti immaginandola come qualcosa che riguarda solo le donne, ma invece riguarda tutti. Basta pensare ai cambiamenti climatici che sono collegati strettamente alla disparità di genere: ci sono degli studi che dicono che non possiamo vincere la sfida dei cambiamenti climatici senza risolvere il problema delle diseguaglianze; in questo momento stiamo affrontando la più grande sfida dell’umanità e lo stiamo facendo con la metà dell’ingegno umano. Secondo me è una follia ed è una cosa che non conviene a nessuno, non riguarda solo le donne, essere femministi o a favore della parità di genere non è una questione di sesso o di genere: è una questione di intelligenza.

D: Puoi fare un esempio concreto di come sono collegate la crisi climatica e la disparità di genere?

R: Prendiamo per esempio il problema dell’acqua in Africa, dove ci saranno sempre più zone aride (ma la desertificazione è un problema che toccherà anche l’Italia). Qui le donne sono deputate alla ricerca dell’acqua, ma più aumenta la desertificazione più le donne si devono spostare lontano e più sono esposte a violenze di genere. Ecco come sono collegati. Inoltre, le donne sono le prime a subire gli effetti dei cambiamenti climatici, ma è anche vero il contrario, cioè le donne hanno un impatto sulle cause dei cambiamenti climatici perché dovendo cucinare possono usare combustibili inquinanti, per mancanza di informazioni, di educazione e di risorse.

La disconnessione fra disuguaglianze e crisi climatica è spesso una percezione sbagliata e si deve combattere, ma la discriminazione di genere non è qualcosa di separato e va contestualizzata nei suoi vari aspetti: quello politico, quello economico, quello ambientale, quello educativo. In passato, nei testi scolastici tutta una parte della storia rimaneva nell’ombra e, se non si conosceva, non esisteva. Ma perché questa parte della storia non deve essere conosciuta da tutti? Perché Einstein e le sue scoperte sono un bene per l’umanità e Eunice Foote è qualcosa che deve interessare solo alle donne? Non è così.

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Sara Urbani

Laureata in scienze naturali con un master in comunicazione della scienza, ha lavorato per la casa editrice Zanichelli. Scrive anche per Odòs – libreria editrice e per i magazine online La Falla e Meridiano 13.

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