Dante e Bastiano
di Sandro Invidia
Il mio amore per Dante e per la sua Commedia non data dagli anni di scuola, né dagli studi universitari, e nemmeno dai dieci anni del mio insegnamento liceale. Il mio amore per l’Opera e il suo Autore è stato una conseguenza casuale del mio lavoro editoriale e lo devo a un docente, autore, amico (almeno così mi piace pensarlo), alle prese con un suo commento scolastico del poema, per il quale sognavamo la resa in audio integrale.
Sulla voce da scegliere Riccardo Bruscagli non mostrò alcun dubbio, e chiese Ivano Marescotti.
«Marescotti?» domando io, malcelando diffidenza, mentre Bastiano, barista del film Asini, mi sbeffeggia nella mente in romagnolo. «Una delle voci dantesche migliori che abbia mai sentito», mi tranquillizza il professore.
Ovviamente mi fido. Chiamo e incontro l’attore. È Bastiano quando ci presentiamo, e Bastianissimo quando ispezioniamo i sotterranei di Zanichelli: non c’è ancora, allora, una sala insonorizzata, e decidiamo di registrare negli archivi, in mezzo a faldoni e libri scaffalati ovunque. «La carta!» dice Max Piani, tecnico del suono: «non c’è niente di meglio per isolare e assorbire!»
Sicuro lui, sicuro io… Ivano lo guarda con faccia da Bastiano. Mi aspetto che lo chiami “patacca!”. Ma annuisce. Si comincia.
Per mesi lui e Max si isolano laggiù. Io scendo ogni volta che il lavoro me ne lascia il tempo. Mi siedo nella penombra della saletta contigua e ascolto. E mi innamoro.
Ogni tanto qualche collega mi ferma in corridoio e mi chiede, sottovoce: «ma posso scendere un po’ anche io… sto muta… non disturbo…». Organizzo spedizioni furtive di gente che ruba minuti alle bozze dei libri. Ivano ha una voce grave e cavernosa, pastosa e rauca, e flebile, sottile, commossa, urlata e soffiata, a volte spenta e incolore, altre fredda, tagliente, superba… capisco che non è la sua voce, ma quella dei personaggi cui presta il fiato. La Commedia prende vita passando per le sue corde vocali, e finalmente acquista un significato chiaro, che non necessita di parafrasi, né di note al piede.
I colleghi che risalgono hanno lo sguardo appuntito di chi ha messo a fuoco qualcosa di inatteso e sorprendente. Il viaggio metaforico si fa per tutti salita e discesa di scale, e perlustrazione di antri bui e ritorno alla luce.
Ogni tanto, se un endecasillabo si fa ostile e duro, o scivoloso e inafferrabile, Ivano, tornato Bastiano, dà fondo alla sua personale conoscenza del calendario liturgico e il colore del suo santiare si fa esperienza concreta e beffarda di un oltretomba visitato assieme, in corpo e spirito, tra strida ed alti guai, e preghiere e sospiri e parole soavi.
Bastiano e Dante
di Ivano Marescotti
Al Liceo ho studiato, poco, la Divina Commedia, con la prof di Italiano che faticava a farci raggiungere il 6–. Da adulto l’ho snobbata ancora per molto, si ha sempre qualcosa di meglio e urgente da fare… Il bello è che all’età di 35 anni, dopo 10 passati nell’ufficio del piano regolatore del Comune di Ravenna, mi sono licenziato per fare l’attore.
A 35 anni, fare l’attore senza mai neanche avere recitato le poesie di Natale è dura: parlavo con la dizione dialettale di Villanova di Bagnacavallo. E infatti mi sgamavano: «sei romagnolo vero? Sci scente vèh…». Ci misi due anni per avere, anche lì, un 6– e per potere gridare: «Sono un attore professionista, posso fare Shakespeare e Cechov… in italiano!».
Quando infine mi è arrivata la proposta del grande italianista fiorentino Bruscagli di incidere tutta la Divina Commedia per una casa editrice importante come la Zanichelli ho sentito le gambe tremare. Alla fine, diventato amico di Bruscagli, gli ho chiesto: «Ma con tutti i grandi e bravi attori italiani cosa ti salta in mente di chiamare me per leggere Dante?». La risposta non la rivelo per non apparire vanaglorioso. E con Max Piani alla consolle ci siamo messi a registrare… il problema era: dove? Abbiamo visitato i sotterranei della Zanichelli, tra enormi scaffali colmi di libri archiviati, vecchi di secoli. «Bene, – diceva Piani – la carta è la migliore insonorizzazione…». Un canto al giorno, mediamente, per cento giorni durante un anno di lavoro.
Là sotto, tra le “sudate carte”, ho imparato, dopo, cose che non sapevo: le sbirciate degli impiegati e dirigenti dei piani superiori, che scendevano ad orecchiare le nostre letture e fatiche in quel sottosuolo tra le scaffalature dei testi antichi. Una epopea indimenticabile vissuta tra la musicalità degli endecasillabi, la poesia, i personaggi, le ripetizioni, gli errori seguiti da imprecazioni, maledizioni e risate, tra le sublimi voci dei personaggi e quei tubi lungo i muri che, a intermittenza, gorgogliavano al passaggio di liquidi quando gli impiegati di sopra tiravano l’acqua del water… in quel sottosuolo infernale, circondato da grandi autori e scrittori del passato, soccorso da Virgilio/Bruscagli e Piani, ho concluso il lungo viaggio, e sono infine riuscito a venirne fuori a rivedere le stelle, puro e disposto a godere della grande poesia di Dante.