Cos’è una metadomanda?

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Ogni domanda che si occupa di domande è ipso facto una metadomanda? Immaginiamo Enrico che incalza Silvia: «Dove sei stata ieri sera? Chi hai visto? A che ora sei tornata?». Lei risponde: «Perché tutte queste domande?». Vediamo subito che quelle di Enrico sono domande e che quella di Silvia, pur riferendosi a domande, non ha l’aria di essere una metadomanda: è piuttosto una classica domanda sulla difensiva. Dunque non basta che una domanda faccia riferimento ad altre per ambire allo status di metadomanda. Ma cosa serve ancora?

Prendiamo un’altra domanda: «La presente domanda è una metadomanda?». Di primo acchito verrebbe da dire di sì, ma perché? In primo luogo, in essa vi è dell’autoriferimento: la domanda parla di se stessa. In secondo luogo, e soprattutto, essa problematizza una domanda. Questo non avveniva nella domanda di Silvia, e non solo perché essa non è autoreferenziale, quanto piuttosto perché non problematizza le domande postele, ma le ragioni per cui le sono poste («non sarà mica che Enrico è geloso?»). Alla domanda «Ma mi ami?», a rispondere «Perché fai domande sciocche?», probabilmente non si scalderà il cuore dell’altro, ma si avrà almeno la certezza di fare una metadomanda, anche se non autoreferenziale. Oltre a quella già vista, vi sono altre metadomande autoreferenziali? Eccone un paio: «La presente domanda si problematizza?» oppure «Le domande autoreferenziali, come la presente, sono autentiche domande o sono pseudodomande?». Esse sembrano, almeno pro tanto (cioè almeno fin che non si sarà dimostrato che sono pseudodomande), delle autentiche metadomande, anche se la prima è noiosa, la seconda stimolante. Vi sono, lo si è intravisto, metadomande che non sono autoreferenziali. Ecco un altro esempio: «Il numero delle metadomande è limitato o illimitato?». La domanda, infatti, non si riferisce a se stessa ma al numero delle metadomande (anche se in quel numero essa sarà inclusa).

Uno dei problemi più affascinanti circa le metadomande riguarda la presunta riducibilità di alcune di esse. Prendiamola un po’ alla lontana. La domanda «Perché esiste questo testo?» o la domanda «Perché esiste il device con cui lo sto leggendo?» sembrano domande di facile risposta. La prima troverà soluzione nel fatto che qualcuno l’ha scritto e qualcun altro pubblicato; la seconda nel fatto che qualcuno ha progettato quel device e qualcun altro prodotto. Queste due domande hanno la forma «Perché esiste x?». Ora vien da chiedersi se la domanda «Perché esiste il mondo?» possa essere solo una domanda riassuntiva (cioè un modo breve per esprimere la sterminata quantità di domande relative ai singoli enti che lo compongono); oppure se sia una vera metadomanda, in quanto in effetti non si limita a riassumere quelle domande, ma si interroga davvero sulla possibilità dello stesso domandare, che del resto è un momento del mondo. I materialisti tendono a rispondere che no, non è una metadomanda, che è solo una forma breviloquiale: il mondo è fatto di enti materiali, non di domande, e la domanda sul tutto è la semplice somma delle domande sugli enti fisici che compongono il mondo stesso. Al contrario, i metafisici ritengono che sia una metadomanda in piena regola: il domandare rientra nella sommatoria di ciò che si dà e, comunque, tale somma è più che la semplice computazione di singoli elementi.

Quanto fin qui svolto aiuta a capire cosa sono le metadomande e a preparare il terreno per presentare quella tra di esse che mi piace di più: «Esistono domande senza risposta?». Essa non è autoreferenziale e tuttavia è una metadomanda, perché problematizza altre domande. Chi vi si sofferma non resisterà dal porsi una nuova metadomanda, che è un’autentica meta-meta domanda, o metadomanda di secondo grado: «La domanda se esistono domande senza risposta è senza risposta?». In realtà, i tentativi di risposta alla mia metadomanda preferita sono stati numerosi e così la metadomanda di secondo grado trova, almeno sul piano storico, delle risposte (certo, resta da vedere se sono soddisfacenti). I filosofi si sono battuti per dare risposta al quesito circa l’esistenza di domande senza risposta, così che interi sistemi filosofici stanno in piedi o cadono a seconda della soluzione che si dà a tale quesito. Purtroppo, raramente la questione è stata posta in maniera lucida ed esplicita. Ma su questo, un’altra volta.

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Gian Paolo Terravecchia

Cultore della materia in filosofia morale all’Università di Padova, si occupa principalmente di filosofia sociale, filosofia morale, teoria della normatività, fenomenologia e filosofia analitica. È coautore di manuali di filosofia per Loescher editore. Di recente ha pubblicato: “Tesine e percorsi. Metodi e scorciatoie per la scrittura saggistica”, scritto con Enrico Furlan.

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