Proprio su quest’ultimo tema mi è capitato recentemente di meditare, restando a cavalcioni tra la disquisizione teorica chiusa in sé e la necessità professionale che mi impone di occuparmi con continuità di certi argomenti.
Dico subito che l’argomento professionale è quello denunciato dal titolo: le competenze.
Come il lettore sa già, dal prossimo anno sarà impressa un’ulteriore spinta al nostro sistema scolastico perché si muova in direzione di una didattica delle competenze.
Diciamo che questa accelerazione non sarà indolore: ci sono sostenitori e detrattori.
I primi dicono che la scuola, alla fine del proprio percorso, deve essere in grado di “produrre” cittadini capaci di:
– parlare un italiano corretto;
– conoscere la lingua, la civiltà, la cultura di almeno un altro popolo europeo;
– cercare nella vita quotidiana le prove inoppugnabili a conferma della propria visione del mondo, nel pieno rispetto della verità;
– servirsi con cognizione dell’enorme mole di informazioni disponibili in rete;
– conservare la disponibilità a rimettere costantemente in gioco le conoscenze acquisite;
– collaborare e rispettare le libertà e i diritti altrui;
– risolvere problemi e assumersi le responsabilità delle proprie azioni;
– essere consapevoli della necessità di tutelare l’enorme patrimonio artistico e culturale del nostro paese.
I secondi ribattono che quel compito non può essere delegato per intero alla scuola e che scopo della didattica oggi è essenzialmente di trasmettere i contenuti delle discipline, dall’Infinito di Leopardi, alla proprietà commutativa delle addizioni, al dramma dell’olocausto, ai confini dell’Argentina. Che per fare questo occorrono insegnanti con competenze disciplinari solide e consapevolezza del proprio ruolo fondamentale nella formazione culturale degli studenti.
Entrambe le posizioni sono legittime e legittimamente argomentate, ed è davvero difficile per chi non è del settore prendere posizione per l’una o per l’altra di esse.
Io invece l’ho fatto. Ho preso posizione.
Per le competenze.
Non è stato difficile: è bastato provare il seguente esperimento mentale.
Immaginate di essere un insegnante di lettere e di avere uno studente bravo, anche se non particolarmente brillante. Gli insegnate con cura i fondamenti della disciplina, senza preoccuparvi di altro, che non vi compete. La storia della letteratura, la forma del sonetto, l’idillio leopardiano etc.
Lui studia il giusto e fa i compiti. Alla sufficienza arriva sempre, con più successo in alcune materie che in altre. Alla maturità viene promosso bene e addirittura vi stupisce con una declamazione a memoria dell’Infinito.
Dopo il liceo si iscrive all’università, poi scende in campo e sale in politica.
Vi viene a chiedere il voto. Voi lo conoscete e, un po’ per stima, un po’ per vanità, glielo concedete.
Da quel momento osservate basiti lo spettacolo quotidiano di un rappresentante del popolo che:
– fa discorsi pubblici privi di ogni logica e sintassi;
– offende le altre culture con le quali entra in relazione, massacrandone (per soprammercato) la lingua;
– sostiene posizioni etiche discutibili appoggiandole a ragionamenti scientificamente aberranti;
– utilizza twitter e facebook come propri mezzi esclusivi di informazione e dibattito;
– attacca gli avversari sul piano personale, per non confrontarsi sulle idee;
– usa la cosa pubblica come fosse sua (e dei suoi parenti);
– lascia irrisolti i principali problemi del paese, attribuendo ad altri la colpa di tutto;
– dissipa e trascura il patrimonio artistico, culturale, intellettuale italiano…
Immaginate di arrivare alla scadenza del suo primo mandato.
Voi, nel frattempo, non siete riusciti ad andare in pensione: se ne riparlerà tra un bel po’ di anni. Vostro figlio, laureato in fisica, lavora nel call-center di una ditta che vende vini italiani ai russi; la figlia vorrebbe sposarsi, ma non riesce a comprarsi casa perché precaria e quindi senza le necessarie garanzie per il mutuo. Voi avreste voluto aiutarla, vendendo la vostra casa di proprietà, ma il mercato immobiliare è crollato e non avete trovato compratori se non a cifre irrisorie. Sui vostri risparmi non potete fare affidamento: il momento non è propizio e a riprendere ora quei soldi c’è il rischio di perdere tanto…
Mentre camminate pensierosi per la strada, un’auto blu inchioda rumorosamente, parcheggiando sulle strisce pedonali. Scende un signore grasso ed elegante, che voi riconoscete subito come il vostro ex-studente e che vi viene incontro festante: “Professore carissimo! Ci si rivede sempre quando serve, eh!? Me lo date il vostro voto anche questa volta, vero!? Ci posso contare, giusto!?” e, forse perché vi vede stranamente corrucciato, vi cita a memoria l’Infinito. Poi, dopo aver aspettato invano qualche cenno di approvazione da parte vostra, decide di tagliar corto, e vi abbraccia stretti, sussurrandovi all’orecchio: “Quante cose mi avete insegnato, caro professore! Oggi sono quello che sono grazie a voi!”.
E se ne va, lasciandovi sul marciapiede a meditare di didattica.