don’t talk with strangers
Nonna, mano
di lupo,
apri
la tua voce, apri
la mia gola per
riempirmi anche meglio
di cibo, per usarmi le
corde per stendere i
panni,
per fare di me
aruspicina:
e che tutto sia in tono
(da vera signora),
il sugo di pomodoro,
il sangue,
i miei calzini.
***
I’ll put an
egg inside
for later–in
a never-searched
pocket–, a cut
tongue that
waits for
me:
the last thing
I’ll eat before
I go.
***
C’è uno che ha i miei occhi1
li strizza come spugna dopo
i piatti, li tira come lenzuoli,
li incastra a fermare le porte
e da qui ogni passaggio
è amaro, come di un vento
che ti soffia dritto in bocca.
1 Es ist einer, der hat meine Augen
Calamita
1.
richiamata con quest’osso di rame:
suono condotto nel tempo, liberato
di radici e verbi in un’unica scossa.
2.
sotto il tiglio che ronza un arrivo
la tua ombra spinge una terra rossa,
ricopre ogni parola.
3.
alla cava del respiro cerco
pietre color della gola, per
fermare le tegole.
(la roccia e il suono del suo farsi)
“we are the wilderness”
S. Howe
Gerfalco, 1-11 luglio 2016
Magnet
1.
summoned with this copper bone:
sound carried through time, freed
of roots and verbs in a single shake.
2.
under the linden that hums an arrival
your shadow pushes a red earth,
covers every word.
3.
at the quarry of breath I dig for
gullet-colored stones to block
the roof tiles
(the rock and the sound of its making)
“we are the wilderness”
S. Howe
Gerfalco, 1-11 luglio 2016