Che noia la versione di Isocrate!

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Dal 1958 non usciva alla Maturità classica una versione dell’oratore Isocrate: con una scelta di tempo davvero infelice – parere di chi scrive – il Ministero l’ha riesumato proprio nel primo esame nel quale gli oratori attici non fanno più parte della programmazione di “autori” dell’ultimo anno a vantaggio dei dialoghi filosofici di Platone (Gelmini dixit).
Versailles, Rond-Point des Philosophes, Isocrate di Pierre Granier.

Non ho nessuna intenzione di comparare i due autori, di fare gerarchie di importanza o difficoltà traduttiva, e men che meno di commentare – come già altri hanno fatto assai bene – l’aspetto sintattico e grammaticale del testo isocrateo: constato solo che la scelta ministeriale ha in sé una valenza forte: la prova d’esame è traduzione, punto e basta.

E se poi l’avere tradotto più di recente Platone avrebbe potuto dare allo studente l’idea di muoversi su un terreno concettuale o lessicale più conosciuto, questo poco importa: gli aoristi sono aoristi, i perfetti sono perfetti e – soprattutto – i participi (che Isocrate usa con una frequenza maniacale…) sono participi.
E ancora, vuoi mettere ben diciassette righe sull’importanza del “vivere secondo giustizia”? Righe che ripetono in forme un po’ noiose e pedantesche concetti che – già nell’epoca dell’oratore (l’Atene un po’ allo sbando del IV sec. a.C.) – erano più spesso proposti come slogan nelle scuole o nelle aule di conferenza, che non sentiti come vero patrimonio della vita civile. Salvo poi, nelle ultime righe, trovarvi una “coda” con un poco comprensibile (per i nostri maturandi) riferimento a quelli che non vogliono pagare le tasse navali… Ma, si sa, se la versione è un fatto di quantità e non di qualità e pertanto “tutto fa brodo” per riempire il foglio A4 nella sua interezza.

Non tornerò qui a scrivere ancora che la versione “vecchio stile” va rivista e riformata, infatti l’ha già proposto tempo fa Maurizio Bettini, e – per quel che vale – l’ho già sponsorizzata su queste colonne. So però che le resistenze, anche tra gli insegnanti, sono fortissime: altrimenti molti miei colleghi non avrebbero fischiato (e non esagero…) Bettini in un recente convegno milanese.

Eppure sono bastate poche parole con i docenti presenti, durante la sorveglianza alla prova, per far scaturire “dal basso” una prova diversa, e non certo più facile. Se infatti le diciassette righe si fossero ridotte alla metà (più o meno) ma avessimo chiesto ai ragazzi di ragionare su alcune parole e/o concetti-chiave qui espressi non sarebbe stato – per loro e per noi – assai più gratificante?
Il testo (che io comunque non avrei scelto: questione di gusti…) contiene infatti la parole dikaiosýne (“giustizia”) e adikía (“ingiustizia”): proprio impossibile, partendo da qui, suggerire una riflessione filosofica di più ampio respiro? E che dire di areté (“virtù”), uno dei valori cardine dell’etica antica? E allora: che cos’era la virtù per i Greci? cosa è stata per i Romani? e perché il Medioevo cristiano ha distinto tra virtù cardinali e teologali? Non manca pure il termine pólemos (“guerra”), che il filosofo Eraclito chiamava “padre di tutte le cose”: riteniamo davvero incapaci i nostri ragazzi di ragionare su guerra e pace nel mondo di ieri e in quello di oggi? Se così fosse, la colpa sarebbe (soprattutto) di noi docenti.

Insomma, non basta riformare la versione, cosa doverosa, urgente e non più rimandabile. Occorre riformare il nostro modo di approcciarci al mondo antico, che deve essere percepito dai giovani né come un fossile senza vita che ha prodotto solo regole grammaticali, né come un anacronistico serbatoio di idee e di valori sempiterni cui attingere: le radici non innaffiate infatti seccano.
Deve essere invece compreso nella sua specifica alterità rispetto all’oggi: e proprio per questo come un costante (proprio perché lontano e immutabile) termine di confronto con una contemporaneità passeggera e mutevole. Facile? Proprio no, eppure necessario: ce lo chiedono i 30.000 studenti in meno rispetto al passato che negli ultimi dieci anni hanno scelto il Liceo Classico (in vistoso calo) rispetto ad altre opzioni liceali (in netta crescita). Temevano forse di annoiarsi a morte leggendo il passo di Isocrate, Sulla pace, proposto oggi alla Maturità!

P.S. addendum della mattina dopo. Mentre – all’alba – cercavo sull’Ipad qualche notizia sul referendum Brexit, ho scoperto due cose. La prima è che gli Inglesi non conoscono la storia, e così ritorno al discorso di ieri sulla Prima Prova. La seconda è che Maurizio Bettini, riflettendo su Repubblica on line (e poi su carta) relativamente alla versione, ha fatto – più o meno – le stesse osservazioni che in modo più dimesso ho sviluppato io tra un caffè e l’altro con i colleghi commissari: se uno dei maggiori filologi italiani e tre o quattro “semplici” docenti di Liceo dicono le stesse cose, forse è davvero il momento buono per affondare il colpo.

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Mauro Reali

Docente di Liceo, Dottore di Ricerca in Storia Antica, è autore di testi Loescher di Letteratura Latina e di Storia. Le sue ricerche scientifiche, realizzate presso l’Università degli Studi di Milano, riguardano l’Epigrafia latina e la Storia romana. È giornalista pubblicista e Direttore responsabile de «La ricerca».

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