Anzi, in questo volume la capacità di scovare delle vere e proprie chicche da fonti poco conosciute è ancora più evidente. Sì, perché Flegonte di Tralle, Giulio Ossequente, Antonio Diogene, Filostrato ecc., non sono certo tra gli autori più noti, neanche agli addetti ai lavori; eppure se vuoi parlare di mostri, demoni, fantasmi, stregoni et similia non puoi certo fermarti ai mostri sacri della classicità – che pure sono fonti importanti – ma devi darti da fare a rovistare altrove; anche (e soprattutto…) nel “torbido”.
Greci e Romani, non più modelli di razionalità
In realtà è da un pezzo che abbiamo smesso di guardare i Greci e i Romani come modelli di razionalità, equilibrio, armonia – così volevano Umanesimo e Neoclassicismo – e di contrapporre la civiltà classica al decadente irrazionalismo, all’oscurantismo superstizioso del Medioevo. Che le cose non stessero così già ce lo avevano detto pensatori del calibro di Friedrich Nietzsche, con la sua contrapposizione tra apollineo e dionisiaco, e Sigmund Freud, che ci aveva svelato le inconsce motivazioni che avevano portato all’incesto il razionalissimo Edipo. Sono stati poi fondamentali due studi come il Ramo d’oro di Frazer (J.G. Frazer, The Golden Bough, 12 voll., MacMillan, London 1906-15), e – soprattutto – quel I Greci e l’irrazionale di E. R. Dodds (edito per la prima volta negli Stati Uniti nel 1951) che tanto ha condizionato gli orientamenti culturali di quelli della mia generazione. E taccio della copiosa produzione successiva, che ha visto – in epoca recente – l’apporto di numerosi studiosi italiani come, tra gli altri, Maurizio Bettini, Tommaso Braccini, Antonio Stramaglia, Giulio Guidorizzi (cfr. la bibliografia alle pp. 154-158 del volume in esame).
Demoni, mostri, prodigi…
Dunque che apporto dà a tutto ciò il libro di Ieranò? Un apporto a mio avviso molto importante, perché egli si sforza di darci un quadro completo e tassonomico di questa complessa fenomenologia, muovendo dagli ibridi mostruosi come le Sfingi e i Centauri (pp. 18 ss) e parlando di Satiri e Ninfe (pp. 32 ss), creature marine (pp. 45 ss), demoni dell’oltretomba (pp. 57 ss), vampiri (pp. 66 ss), babau che terrorizzano i bambini (pp. 78 ss), fantasmi (pp. 88 ss), maghi e streghe (pp. 106 ss), prodigi e miracoli (pp. 125 ss), viaggi fantastici (pp. 134 ss.), per concludere con un intrigante capitolo (pp. 148 ss) intitolato Dai demoni al Demonio (e dal mito al fantasy).
È chiaro come chi scrive non possa – in questa sede – affrontare tutte le tematiche trattate nel volume; parlerò dunque, a titolo esemplificativo, del capitolo che mi ha più affascinato, e cioè quello intitolato Mostri e creature del mare (pp. 45-56).
Il mare come spazio di morte
Sì, perché il mare – che per noi è spesso manifestazione del sublime o simbolo di libertà – nel mondo classico era associato soprattutto all’idea di pericolo e di naufragio; infatti – scrive Ieranò – «per gli antichi esso è uno spazio di morte, più che di vita» (p. 46). Il mare è dunque purpureo, come la stoffa preziosa o piuttosto come il sangue, a sentire Eschilo; oppure ha il colore del vino, come scrive Omero. Ed è dunque scuro come l’Aldilà: non a caso la celebre Tomba del tuffatore di Paestum raffigura il tuffo del defunto nell’ignoto mondo dei morti… Inoltre è popolato da figure sfuggenti, liquide e inafferrabili, come Proteo, il Vecchio del Mare, capace di ogni tipo di metamorfosi, o le Nereidi – le Ninfe marine – che sanno essere sia benefiche sia terribili, tant’è che nella Grecia moderna esse erano (o sono ancora?) credute demoni malevoli che rapiscono i bambini dalle culle! Che dire poi dei mostri marini come Scilla e Cariddi? Faceva paura il solo nominarli…
Ma forse nessun altro prodigio marino può essere paragonato alle Sirene, donne col corpo di pesce o uccello che col loro canto seducente portavano gli uomini alla rovina. Tutti sappiamo come l’astuto e coraggioso Odisseo abbia saputo resistere alle loro lusinghe; forse non tutti sapevamo, però (prima che Ieranò ce lo raccontasse), che le Sirene – secondo il mitografo Apollodoro – erano tre (Pisinoe, Aglaope, Telsiepia), e che – secondo un altro mitografo, Eraclito – sarebbero state in realtà prostitute dalla voce suadente, «i cui clienti dilapidavano con loro le proprie sostanze»!
Non meno interessante è la continuità nei secoli di queste figure, e non solo nell’arte e nella letteratura, ma anche nel folklore e nella credulità popolare. Le Sirene, infatti, si confondono col tempo con un essere metà donna e metà pesce – Gorgona – ritenuta sorella di Alessandro Magno; e tre Sirene vide anche Cristoforo Colombo presso le coste americane il 9 gennaio 1493, lamentandosi poi che «non erano poi tanto belle come le si dipinge»: che avesse poi ragione il mitografo Eraclito, a parlare di prostitute?
Insomma, a leggere queste pagine sembra che il tradizionale stereotipo dell’uomo greco visto come marinaio intrepido, che attraversa con coraggio il mare per commerciare, fare guerre o fondare colonie debba essere un po’ ridimensionato: come poteva, infatti, navigare tranquillo sapendo di solcare un mare popolato da esseri tanto ambigui?
L’ambiguità del mondo, le paure dell’uomo
Ma è il mondo tutto ad essere ambiguo, perché i pacifici boschi sono in realtà pieni di Ninfe, Satiri, e della presenza imbarazzante del dio Pan, con la sua esuberanza sessuale; perché le case possono essere abitate da fastidiosi fantasmi; perché donne in apparenza bellissime sono talora zombi o demoni infernali… e qui mi fermo, anche se potrei proseguire a lungo. Non voglio però togliere qualche sorpresa ai lettori che vorranno avventurarsi nella piacevolissima lettura di questo originale libro, che sembra contenere gli archetipi delle trame dei romanzi e dei film (horror, pulp, noir, fantasy…) che tanto appassionano i nostri tempi, se è vero che George Lucas, il regista di Guerre stellari, ha ammesso di voler «ricreare i miti e i motivi classici della mitologia».
In fondo, è da sempre che questo mondo non ci basta, e soprattutto non ci basta guardarlo con gli occhi e interpretarlo con la ragione: troppi sono i coni d’ombra, gli eventi inspiegabili, le paure che diventano cose e figure animate. Sapendo che anche filosofi come Socrate e Platone credevano ai demoni, e che il razionalissimo senatore romano Plinio il Giovane credeva ai fantasmi, forse – da oggi in poi – ci sentiremo un po’ meno soli a confessare le nostre inquietudini; inquietudini umane, troppo umane, avrebbe detto Nietzsche.