Fermarsi è un atto di cura. Una pratica di attenzione, verso di Noi, verso gli Altri.
Con i sensi in allerta, per immergersi e lasciarsi trasportare, tra grammatiche inesplorate e dialoghi da decifrare. Umani e più-che-umani.
Dargli voce è un atto dovuto.
Di chi siamo l’intorno?
Tra gennaio e febbraio 2025 sono stato ospite presso la Winter School in Interdisciplinary Biodiversity dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, un progetto in collaborazione con il Cnr – Istituto di Scienze Marine, finanziato dal National Biodiversity Future Center (Nbfc). Ringrazio vivamente i docenti, i partecipanti e gli organizzatori con cui ho trascorso una settimana stimolante, sotto molti punti di vista.
Le parole e le foto che trovate in questo articolo sono impressioni e bisbigli che hanno preso più forma di altri, uscendo allo scoperto, lasciandosi leggere e guardare.
Foto e parole sono dell’autore, come di tutti coloro che si sono fatti attraversare da un simile incontro.
Prospettive biodiverse
Quando penso alla biodiversità, la prima parola che mi viene in mente è “ricchezza”. Nell’accezione più ampia, positiva e aperta. La biodiversità è meraviglia e respiro.
In antropologia, siamo abituati a interagire con un’enorme varietà di culture diverse. Sappiamo che ogni popolazione ha una propria cultura, e che all’interno della stessa popolazione possono esistere gruppi con tratti culturali distinti. Questo spesso ci porta a cambiare prospettiva e adottare quella degli altri. Si tratta di una delle tante forme che assume la ricchezza di cui parlo. È un agente polimorfo, mutevole, liquido.
Negli ultimi anni, anche l’antropologia sembra aver scoperto gli esseri più-che-umani. Mi riferisco alle altre specie viventi che abitano questo pianeta, proprio come Noi. Questo dialogo è diventato più necessario che mai in un’epoca che tendiamo a identificare col nome di Antropocene – l’Epoca Umana – che, occupandosi dell’Anthropos, sembra voler allarmare e chiamare in causa proprio l’antropologia, il cui oggetto e soggetto di studio è l’essere umano, nei modi in cui le tante culture scelgono di “abitare” il pianeta.
In questo senso, la biodiversità è una ricchezza immensa e meravigliosa: quanti altri modi di abitare il mondo, interagire con esso, rappresentarlo e viverlo possono esistere… La biodiversità è l’opportunità di adottare prospettive che, fino a poco tempo fa, non avremmo nemmeno immaginato. Prospettive che devono essere preservate a tutti i costi. Per il loro bene e per il bene di tutti Noi.

suggella un patto
di suolo e acqua
e mani
per una terra più-che-umana
Respiro
La nozione di biodiversità è inclusiva. Si manifesta in un abbraccio, un terreno rigoglioso di incontro e corrispondenza. Un giardino umano-più-che-umano da coltivare, curare, osservare. Da essere goduto. Vive e plasma orizzonti ariosi. Al contrario, il concetto di “Natura” non sembra possedere un simile respiro. Quel termine che così a lungo è stato contrapposto – non solo in antropologia ma in molte altre discipline, così come nella vita quotidiana – a quello di “Cultura”, contribuendo ad ampliare un divario comunicativo ed estremamente pratico. Io – l’Altro; Noi – Loro; Uomo – Natura; Natura – Cultura.
Muri di fango che si sciolgono in un fiume.

chi bisbiglia laggiù,
in un mondo di aria e luce
che osserva da terra
da una prospettiva così fonda
Lo sguardo della biodiversità
Pratiche di scomodità
Aprirsi al dialogo.
Abbiamo mai ascoltato un pioppo? Un cane, un gatto, un merlo, un coleottero?
Abbiamo avuto la pazienza di esporci al dialogo? L’attenzione necessaria, la delicatezza, la disponibilità all’Altro?
Ci sono dialoghi umani e più-che-umani che volteggiano nell’aria e impregnano la terra. Ci sono corrispondenze e richieste di contatto che si dimenano intorno a Noi, che semplicemente non ci diamo l’occasione di vedere e udire.
Mi sembra che siamo ancora lontani persino da una comprensione effettiva della ricchezza che stiamo perdendo. Potremmo forse parlare di un’estinzione sociale della Natura. Abbiamo reciso, lacerato e dilaniato i legami con il mondo in cui viviamo – o almeno crediamo di averlo fatto. Non sei d’accordo?
Il dialogo è arricchente e fondamentale. La mia prospettiva è antropologica: corrispondere con l’Altro, umano e più-che-umano, praticando l’onestà.
Intendo un approccio competente, serio, preparato, e spesso anche scomodo, nel trattare le informazioni, le voci e le vite che ci sono affidate. È scomodo riconoscere che le nostre azioni (comprese le mie) stanno contribuendo all’estinzione di specie viventi, ma è necessario comunicarlo e agire di conseguenza. È scomodo dare voce alle minoranze, schierarsi con loro e comprenderle, riconoscendo la mia esistenza così agiata e violenta. Ma sono proprio loro a subire gli effetti peggiori. È tremendamente necessario essere onesti, in questo senso, e sempre un po’ più scomodi, ogni giorno che trascorriamo su questa Terra. La scomodità sarà la conferma della nostra onestà.

hai mai compreso
chi sei
dallo sguardo con l’Altro?
Le nostre mani si sono sfiorate,
le menti annodate
gli occhi riflessi.
sono un Uomo ricco ora.
Voci
Rachel Carson parlava di una Primavera silenziosa, per la scomparsa del canto degli uccelli e di voci Altre avvelenate dai pesticidi chimici. Stiamo, invece, correndo verso una Terra silenziosa? Oggi il pianeta appare tutt’altro che muto. È caotico, rumoroso, tumultuoso. Ma saturo delle voci di pochi, dominanti e prepotenti. Dobbiamo far parlare le minoranze, i più deboli, gli invisibili, i gentili. Occorre lasciare spazio.
Le scienze naturali ci insegano che ogni specie è essenziale per l’equilibrio della vita. È l’espressione di una parola bellissima: Ecologia. Discorso sulla casa (òikos). Quella di tutte, quella di tutti.