In realtà l’opera non sembra essere all’altezza delle attese. Non solo in termini assoluti, ma anche rispetto ai precedenti film del regista, in particolare a Io sono l’amore, per non parlare dell’inevitabile paragone con il film La piscina. Anche volendo, non si può infatti prescindere dal film di Deray.
Non stiamo certo parlando di un capolavoro, ma di un’opera discussa e discutibile. La piscina esce nel 1969, nel pieno della rivoluzione stilistica ed espressiva della nouvelle vague. Il film è però assolutamente impermeabile alla nuova sensibilità estetica e narrativa dei registi figli dei Cahiers du Cinéma.
Deray confeziona un film piuttosto convenzionale e certamente non rivoluzionario, molto lontano dal cinema di Godard, Truffaut, Chabrol e Rivette.
Ma La piscina lascia trasparire in controluce un fascino particolare, che scaturisce più dai due protagonisti che dall’opera stessa. La storia è semplice: un’isolata villa in Costa Azzurra, una piscina, due amanti in cerca di pace e solitudine, l’improvviso arrivo di un ex amante della donna con la giovane e provocante figlia. Questi gli ingredienti per scatenare gelosie, tradimenti e un inatteso omicidio.
Alain Delon e Romy Schneider, i protagonisti della pellicola, erano stati amanti. La loro storia era già terminata all’inizio delle riprese del film, ma qualcosa di nostalgicamente irrisolto sembra sempre attraversare i loro sguardi, i loro corpi. Un epilogo ancora aperto, che sfiora desideri, tra malinconia e attrazione. Forse solo questo bastava a sostenere il film, a renderlo attraente e vibrante.
Il film di Guadagnino, che prende il nome dal dipinto di David Hockney, è ambientato sull’isola di Pantelleria. Una famosa pop star in convalescenza per un’operazione alle corde vocali e il suo compagno stanno trascorrendo una tranquilla vacanza. L’arrivo dell’ex compagno della donna, in compagnia della giovane figlia, rompe ogni equilibrio.
Isolati su un’isola, in una villa, attorno a una piscina, i quattro protagonisti sembrano progressivamente rinchiusi in uno spazio concentrico in cui desideri, passioni, amore, sesso, odio scatenano le loro forze più insidiose e cupe, fino a far saltare il banco.
Un gioco al massacro, che però non riesce a decollare. Il film si perde e disperde girando spesso a vuoto attorno alla superficie dei personaggi, senza riuscire a scavare in profondità, accontentandosi di cliché e citazioni. La narrazione è spesso emotivamente opaca, poco coinvolgente. E a nulla valgono gli esercizi di stile, vagamente postmoderni, gettati qua e là in alcune sequenze, senza però diventare cifra stilistica coerente e capace di dar forma a tutta l’opera.
Fuori luogo, incongruenti e fastidiosi i richiami all’attualità dei migranti. Momenti di cronaca che risultano estranei al perimetro della storia, volutamente circoscritto e delimitato dall’intreccio psicologico dei quattro personaggi.
Così come convince poco l’utilizzo macchiettistico del bravo Corrado Guzzanti, relegato in un personaggino dallo spartito vagamente “televisivo”, che cade in un finale banalmente farsesco. Quasi come la pioggia della scena finale.
Il vero buco nell’acqua non è quello del quadro di Hockney.
A BIGGER SPLASH
Regia: Luca Guadagnino
Con: Ralph Fiennes, Dakota Johnson, Matthias Schoenaerts, Tilda Swinton, Aurore Clement, Lily McMenamy, Elena Bucci, Corrado Guzzanti.
Durata: 125 min.
Produzione: Francia, Italia 2015