Diventare cittadini europei

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Di prossima pubblicazione nei Quaderni della Ricerca, il volume «Diventare cittadini europei» intende fare il punto sulla dimensione europea nell’educazione alla cittadinanza. Un’anticipazione dei suoi contenuti tratta dal nuovo numero de «La ricerca».

Georges Seurat,1889, «La Torre Eiffel», Fine Arts Museums of San Francisco, California.

Domandarsi perché è importante che la scuola si occupi anche di cittadinanza europea, insieme ai suoi tanti altri compiti, significa interrogarsi sul futuro dei giovani, quelli di oggi e di domani, e cercare una risposta nei valori che vogliamo difendere e costruire per loro, per la loro vita.
Al fondo dell’idea di cittadinanza europea, collocata negli incerti scenari contemporanei, vi sono, tra gli altri, i valori della pace, della convivenza e del dialogo, della reciproca comprensione e dello sviluppo, della giustizia sociale e dell’incontro tra culture diverse. Una proiezione verso il futuro, e quindi verso condizioni di cittadinanza globale, che mantenga però la memoria della storia.
Come ricorda Filippomaria Pontani1, già Strabone ai tempi di Augusto scriveva che “È dall’Europa che si deve cominciare, perché è multiforme (…) I popoli [europei] possono scambiarsi benefici l’un l’altro: gli uni vengono in soccorso con le loro armi, gli altri con i loro raccolti, le loro conoscenze tecniche, la loro formazione morale. Sono evidenti anche i reciproci danni, quando non si portano aiuto gli uni agli altri”2. Memoria quindi delle divisioni e dei “reciproci danni”, quando l’Europa ancora non c’era, ma anche di un’Utopia antica e feconda. Per evitare altri danni, e non solo agli europei, ma all’umanità intera.

Per questi obiettivi la scuola può fare molto. Da qui l’idea di un libro, un nuovo Quaderno della Ricerca (curato insieme a Michela Freddano), il 39, Diventare cittadini europei, che raccolga, senza tesi precostituite, esperienze, proposte e risorse da usare in classe, con gli studenti: per progettare percorsi didattici e individuare metodologie efficaci, per discutere, confrontarsi e affrontare problemi cruciali per l’idea di cittadinanza europea.
Come quelli che si è posto Roberto Antonelli3 riguardo all’esistenza o meno di una letteratura europea: “In che senso e in che limiti si può parlare di ‘Letteratura europea’ per un complesso che non si esprime in una sola lingua? E se esistono elementi unitari, in che modo si compongono con le diversità dei singoli componenti? A quale tipo di lettura e di fruizione rimanda un complesso eventualmente caratterizzato da una miscela di elementi unitari e di diversità linguistiche e formali? Insomma e infine, la “Letteratura europea” è la somma delle varie letterature nazionali, senza nessun attraversamento e nessuna aggiunta a quanto preesiste nelle singole parti staccate, o è qualcosa di unitario, qualcosa di più rispetto alla diversità delle sue componenti?”.

Un Quaderno per interrogare quindi il mondo della scuola su come diventare cittadini europei, a partire dalle domande a cui diversi autori hanno cercato di rispondere: qual è la storia dell’idea di cittadinanza europea? Esistono delle radici culturali europee? Può esserci una lingua dei cittadini europei? Cosa fa la scienza per la cittadinanza europea? Come immaginare la costruzione sociale di un progetto di convivenza? Come passare dall’idea di cittadinanza europea a quella di cittadinanza globale? Quali interventi di formazione professionale servirebbero ai docenti per costruire percorsi di educazione alla cittadinanza? Dove collocare questi ultimi all’interno dei curricoli scolastici e dell’offerta formativa delle scuole? E ancora: quali competenze specifiche richiede l’esercizio effettivo della cittadinanza europea? Oppure: quali risorse e strumenti, di vario genere, sono già a disposizione dei docenti per progettare e praticare percorsi di educazione alla cittadinanza europea?

Il Quaderno della Ricerca intende sostenere l’impegno didattico degli insegnanti nello sviluppo delle competenze di cittadinanza, quella europea in particolare, con l’obiettivo di suscitare interesse e senso di responsabilità tra i giovani per il loro futuro, di fornire conoscenze e attivare comportamenti e partecipazione, nelle classi e aule-laboratori del futuro, come sono quelle scolastiche, e fuori dalla scuola, nei diversi contesti sociali.
Per questo c’è un nesso inscindibile tra gli obiettivi della cittadinanza europea e una scuola che voglia non soltanto informare sull’Europa, ma che punti a dare competenze e strumenti per esercitare comportamenti attivi ispirati a quei valori e sostenuti dalla conoscenza, dal sapere. “Intelligenza? Non è solo apprendimento di saperi, di discipline, possedere capacità e abilità, saper pensare… Intelligenza è anche operare con giustizia. Essere ammirevoli come esseri umani”, ci insegna Howard Gardner4. Tanto più questo deve valere per i cittadini europei, che dovranno operare per superare le divisioni e per creare inclusione sociale, davanti soprattutto al fenomeno delle migrazioni.

La Raccomandazione del Parlamento Europeo del 18 dicembre 2006 delinea quelle competenze chiave – una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto – necessarie “per la realizzazione e lo sviluppo personale, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione”; in particolare, quelle più funzionali alla cittadinanza europea sono le conoscenze, le abilità e le attitudini legate alle competenze sociali e civiche.
Tra di esse vi è il riferimento a come l’identità culturale nazionale interagisca con l’identità europea, ma ce ne sono anche altre che riportano la riflessione sui valori della cittadinanza europea: negoziare; creare fiducia; sviluppare attitudine alla collaborazione; avere interesse per lo sviluppo socioeconomico e la comunicazione interculturale; apprezzare la diversità; rispettare gli altri; superare i pregiudizi; conoscere e fare propri i concetti di democrazia, giustizia, uguaglianza, diritti civili; impegnarsi con gli altri nella sfera pubblica; maturare solidarietà e interesse per risolvere i problemi che riguardano la collettività.

Un’agenda europea poco condivisa
Più di recente, la Commissione Europea ha adottato, nel giugno del 2016, la New Skills Agenda for Europe, che prevede una revisione della Raccomandazione sulle competenze chiave, con un accento su abilità più elevate e complesse, sulla promozione della mentalità e delle competenze imprenditoriali per l’innovazione, sulla creatività e sul pensiero critico.

Quanto si conosca e sia penetrato nelle scuole di questi documenti, e quanto soprattutto si stia facendo per tradurli in pratiche didattiche reali, è un problema che dovremmo porci. A partire da una riflessione sull’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione”, indicato spesso come riferimento e spazio ideale per la praticabilità di percorsi di educazione alle cittadinanze in genere (compresa quindi quella europea), ma nello stesso tempo condannato nei fatti, per ora, a una dimensione ai limiti della marginalità, se non dell’assenza. Eppure, come ricorda nel Quaderno anche Luciano Corradini, “Cittadinanza e Costituzione”, erede ugualmente poco fortunata dell’“Educazione civica”, è stata inserita negli ordinamenti scolastici prima da una legge del 20085 e poi soprattutto dai tre Regolamenti – per gli istituti professionali, per gli istituti tecnici e per i licei6 – di riordino della scuola secondaria di secondo grado, nel 2010, e dalle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, nel 20127.

In attesa di possibili mutamenti delle condizioni di effettiva praticabilità dell’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione”, rimane attuale e utile il Documento d’indirizzo del 4 marzo 2009, con i suoi ripetuti riferimenti ai principi e ai documenti europei: insieme a una circolare dell’anno successivo8 indica agli insegnanti un possibile sillabo di contenuti formativi finalizzati all’educazione alla cittadinanza, compresa quella europea. Un contributo all’elaborazione di un sillabo aggiornato, da utilizzare nella pratica didattica, è inoltre già nelle indagini internazionali sull’Educazione Civica e alla Cittadinanza (ICCS – International Civic and Citizenship Education Study), condotte dall’International Association for the Evaluation of Educational Achievement (IEA), su cui nel volume si soffermano in particolare Laura Palmerio ed Elisa Caponera.

Anche nell’ultima ricerca IEA, i cui risultati saranno resi noti nell’autunno di quest’anno, si ribadisce la necessità di integrare le conoscenze (per puro esempio: la dimensione europea e internazionale delle principali questioni economiche, politiche e sociali; i diritti e i doveri dei cittadini; le carte costituzionali e i documenti europei fondanti; il funzionamento degli istituti e le prospettive dell’Unione europea) con abilità e competenze frutto dell’elaborazione critica e dell’applicazione in contesti reali.

Anche negli altri Paesi è avvertita quindi l’urgenza di interventi didattici che suscitino comportamenti responsabili ispirati ai valori della cittadinanza europea, e quindi ai principi della democrazia nei diversi contesti con cui i giovani interagiscono – a partire, come nel caso dei bambini della scuola dell’infanzia e primaria – dalla stessa vita della classe, per puntare, gradualmente, alla dimensione europea della cittadinanza e a quella globale.

In ogni caso le diverse indagini, e anche un provvisorio bilancio complessivo, possono confermare che non siamo all’anno zero. Importanti esperienze ben note alle scuole stanno dando da tempo un contributo determinante all’acquisizione, tra i giovani, di una cultura dell’appartenenza all’Europa; basterà ricordare gli effetti prodotti sui giovani nel corso degli anni dal programma Erasmus (ne parla Giulio Saputo nel Quaderno della Ricerca di prossima pubblicazione), progetto eponimo per definire quasi un’intera generazione; oppure si deve ricordare la spinta in oltre il 60% delle scuole italiane che viene dalla diffusa partecipazione alle attività di eTwinning, «il più importante strumento per creare lavoro cooperativo tra i differenti sistemi educativi europei»9 e per educare ai valori della cittadinanza attraverso « the philosophy of project» così sintetizzata da Jonathan Hill: «Small action big change»10.
Le apparentemente piccole azioni, in questa visione, sono infatti gli interventi messi in atto dai docenti e dai sistemi scolastici, e il grande cambiamento conseguente è rappresentato dalla conquista da parte dei giovani di un effettivo senso di appartenenza all’Europa, dall’acquisizione vitale, e non solo giuridica, della cittadinanza europea.

Un Accordo di Programma per la formazione dei docenti
Consapevoli che questo obiettivo andasse perseguito con più decisione, quattro istituzioni – la Commissione Europea in Italia, il Ministero dell’Istruzione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Parlamento Europeo in Italia – hanno dato vita nel gennaio del 2015 a un progetto, contenuto in un Accordo di Programma11, che ha avviato un’iniziativa congiunta per la formazione dei docenti italiani sul tema della cittadinanza europea.
I firmatari, in accordo con i rispettivi ruoli, hanno condiviso “l’obiettivo di fornire agli insegnanti italiani la conoscenza e gli strumenti necessari per sviluppare la dimensione dell’educazione civica europea nelle scuole”, con la convinzione che un piano di formazione mirato e generalizzabile è indispensabile per portare a sistema tanti interventi frazionati; le diverse variabili che interagiscono con azioni di formazione alla cittadinanza europea sparse e contingenti mettono infatti in dubbio la loro stessa efficacia e la ricaduta complessiva sull’intero sistema scolastico.

L’Accordo ha prodotto la sperimentazione di un progetto di formazione per i docenti elaborato e verificato dal basso, con la partecipazione di insegnanti di diversi ordini di scuola, di esperti e di rappresentanti delle istituzioni in partenariato. La terza parte del Quaderno della Ricerca illustra il progetto, finanziato e sostenuto dall’Ufficio di rappresentanza in Italia della Commissione Europea, come esempio modellabile per un intervento più ampio, che parta dalle ipotesi conclusive.
Queste ultime sono state il frutto di una sequenza di fasi: analisi dei bisogni, progettazione degli obiettivi e del percorso, ricerca, confronto, elaborazione per gruppi, applicazione di verifica su un gruppo di confronto, revisione e valutazione degli esiti, riscrittura del progetto iniziale. Gli effetti prodotti sulla formazione e sulla crescita professionale dei docenti, rispetto agli obiettivi, sono presentati e discussi nel Quaderno da Michela Freddano.

La possibilità di tradurre il modello di formazione scaturito dall’Accordo di programma del 2015 in un’azione più ampia a livello nazionale appartiene alle scelte delle istituzioni e all’autonomia scolastica, ma ha fin da ora un sostegno concreto da una parte nell’impulso dato alla formazione dei docenti da alcune norme recenti12 e, dall’altra, nei mezzi specifici destinati anche alle competenze di cittadinanza europea messi a disposizione dal Piano Operativo Nazionale (PON) Scuola 2014-201013 di cui riferiscono Anna Maria Leuzzi e Giovanna Grenga nella parte dedicata alle esperienze e alle risorse.

I fondi del PON Scuola rappresentano uno strumento decisivo di raccordo operativo tra obiettivi generali di sistema e l’autonomia scolastica, ma a questo strumento devono accompagnarsi altre misure e considerazioni altrettanto strategiche. Per esempio, sarà essenziale continuare a costruire comunità di docenti e di studenti permeabili, circuiti quindi di scambio di esperienze, di pratiche, di proposte. A garanzia di sviluppi fruttuosi dovrebbe valere il riferimento più che all’Unione europea così come realizzata finora, ai valori che identificano l’Europa, all’esempio di chi ha creduto nei suoi ideali e nella sua necessità.
Inoltre serve anche il dissenso, oltre che il dibattito, sull’Europa per costruire cittadinanza, perché crea confronto, approfondimento, scoperte, consapevolezza e coinvolgimento, attraverso il principio cardine del dialogo.
Si tratta infine di superare un certo “presentismo”, dettato dai pressanti problemi attuali e dalla prepotente spinta dei social media, e di guardare sia alla memoria storica sia agli scenari contemporanei, domandandosi per esempio come sarebbe il futuro senza Europa; con un approccio controfattuale, chiedersi quindi cosa significherebbe non essere più cittadini europei.

NOTE

1. In un intervento letto a Cividale del Friuli il 22 ottobre 2016 al teatro “A. Ristori” e inserito nel Quaderno della Ricerca Loescher che questo articolo anticipa.
2. Strabone, Geografia II 5,226; trad. F. Cordano – G. Amiotti, Tored, Tivoli 2013.
3. Roberto Antonelli è stato professore ordinario di Filologia romanza all’Università di Roma «Sapienza» ed è socio nazionale dell’Accademia Nazionale dei Lincei e e membro del Consiglio di Presidenza.
4. In Sapere per comprendere, Feltrinelli, 1999.
5. La legge 169 del 30 ottobre 2008 che ha convertito il decreto-legge 137 del 1 settembre 2008.
6. D.P.R. 87 del 15 marzo 2010; DPR 88 del 15 marzo 2010; DPR 89 del 15 marzo 2010.
7. D.M. 254 del 16 novembre 2012.
8. C.M. n. 86 del 27 ottobre 2010.
9. Giudizio di Marc Durando, Direttore di European Schoolnet, durante l’“High-Level Meeting on active citizenship and tolerance. How can eTwinning tools contribute to implementing the Paris Declaration”, tenutosi a Bruxelles il 22 ottobre 2015.
10. Jonathan Hill, allora Capo di Gabinetto del Commissario Navracsics, nella sua Introduzione alla Dichiarazione di Parigi, nel sopra citato High-Level Meeting on active citizenship and tolerance. How can eTwinning tools contribute to implementing the Paris Declaration, Bruxelles, 22 ottobre 2015.
11. Accordo di Programma “La dimensione europea nell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione” sottoscritto il 20 gennaio 2015 a Roma dalla Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, dal MIUR – Direzione generale per gli Ordinamenti scolastici, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Politiche Europee, dall’Ufficio per l‘Italia del Parlamento Europeo.
12. Cfr. innanzitutto l’art. 1 comma 124 della legge 107 del 13 luglio 2015, la Direttiva Ministeriale n. 170 del 21 marzo 2016, la nota MIUR n. 2915 del 15 settembre 2016 e il Piano Nazionale per la Formazione dei Docenti 2016-2019 presentato il 3 ottobre 2016.
13. Il PON Scuola 2014-2020 stato presentato il 31 gennaio 2017; si basa su 10 azioni e filoni di intervento ed è finanziato con 830 milioni di euro destinati ai singoli bandi relativi ai dieci temi individuati dal Ministero: competenze di base, competenze di cittadinanza globale, cittadinanza europea, patrimonio culturale artistico e paesaggistico, cittadinanza e creatività digitali, integrazione e accoglienza, educazione all’imprenditorialità, orientamento, alternanza scuola-lavoro, formazione degli adulti.

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Paolo Corbucci

Già docente di Lettere e preside nelle scuole superiori, dal 2011 lavora al MIUR, dove segue le iniziative che riguardano l’insegnamento e la promozione dell’italiano, le attività relative a Cittadinanza e Costituzione e all’educazione europea, i progetti sulla cittadinanza – in collaborazione con la Camera, il Senato, il Ministero della Difesa –, gli ordinamenti liceali, l’Esame di Stato, l’educazione economica e finanziaria, l’alternanza scuola-lavoro. Ha curato l’elaborazione per l’Italia dei Supplementi Europass al Certificato; è docente del Master in Management dei Beni Culturali dell’Università di Roma Tre.

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