La grafite venne inizialmente utilizzata dai pastori del luogo per segnare il bestiame, quindi, inserita in un pezzo di stoffa o in una sottile canna di bambù, divenne ben presto un diffuso strumento di scrittura, anche grazie alla facilità con cui poteva essere cancellata.
Pare che siano stati due italiani, Simonio e Lyndiana Bernacotti, i primi a pensare di inserire un’anima di grafite in un contenitore in legno, ma fu soltanto alla fine del Settecento che il francese Nicolas-Jacques Conté mise a punto lo strumento, composto da una sottile mina − un impasto principalmente composto da polvere di grafite e argilla −, entro un’asticciola di legno tenero facilmente temperabile.
La regione di Norimberga vide un grande sviluppo di aziende produttrici di matite, derivate dalle botteghe artigiane che vi si erano stabilite fin dal 1660. Nella seconda metà del Settecento il maestro artigiano Kaspar Faber, dopo aver lavorato per commercianti locali, riuscì ad aprire la sua bottega, che sarebbe diventata una delle aziende più famose del mondo. Nell’Ottocento, Lothar Faber diede un’impronta industriale all’attività di famiglia, si assicurò una grafite di prima qualità proveniente dalle miniere della Siberia e lanciò la tipica matita esagonale, definendo gli standard di lunghezza della matita, il diametro e la durezza della mina. Per migliorare le condizioni di lavoro dei suoi dipendenti istituì un sistema di assistenza sanitaria aziendale, un sistema pensionistico e una Cassa di Risparmio. Nel 1851 fondò uno dei primi asili in Germania, fece costruire per i suoi dipendenti degli appartamenti dignitosi vicino alla fabbrica e aprì una biblioteca per avvicinarli alla cultura. Quando la nipote di Lothar Faber, che aveva preso in mano l’azienda, sposò il Conte Alexander zu Castell-Rüdenhausen, l’azienda assunse il nome con cui ancora oggi la conosciamo: Faber-Castell.
Nella stessa area operava, almeno dal 1662, Friedrich Staedtler, il primo artigiano in grado di realizzare il ciclo completo della produzione: dalla mina al taglio del fusto di legno, fino alla matita completa, violando le norme del Concilio di Norimberga che richiedeva delle licenze separate. La Staedtler realizzò così le note matite gialle e nere. Anche la Lyra, uno dei marchi di matite più antichi del mondo, venne fondata nella regione di Norimberga.
A Vienna, invece, nacque nel 1790 la Koh-I-Noor, trasferita nel 1848 a České Budějovice. Così chiamata per richiamare la qualità del famoso diamante indiano, contraddistinse le sue matite con il colore giallo e precisò le gradazioni di durezza delle mine.
Fu per contrastare lo strapotere delle aziende tedesche che nel 1920 venne fondata a Firenze, da due nobili delle famiglie Antinori e della Gherardesca, la F.I.L.A., Fabbrica Italiana Lapis e Affini. Come logo dell’azienda venne scelto il giglio, emblema della città; la sua realizzazione stilizzata fu affidata a Severo Pozzati (in arte Sepo), pittore, scenografo, grafico pubblicitario.
Negli anni successivi, decreti e circolari disposero che le pubbliche amministrazioni dovessero dare la preferenza ai prodotti delle industrie nazionali; in particolare, nel 1927 il ministro della Pubblica Istruzione Pietro Fedele ingiunse a scuole e maestri di non continuare a raccomandare l’uso di matite di marca estera.
Nel 1924 venne lanciata la famosa linea “Giotto”, marchio dedicato ai colori, con l’immagine di Cimabue intento a guardare Giotto mentre disegna una pecora sulla roccia. Nel 1959 l’azienda si trasferì a Milano. Molti musei della scuola espongono i famosi piccoli segnalibri omaggio della FILA, con illustrazioni dedicate a soggetti diversi: i paesaggi e i monumenti d’Italia, gli alberi e i fiori, le maschere e i costumi italiani, armature, pirati, segnali stradali e “animali interessanti”. E forse molti di noi ricordano lo slogan che ha accompagnato per anni il percorso scolastico degli studenti: “Se nel disegno vuoi prender otto: matite FILA, pastelli GIOTTO”.