Il volto della libertà

Tempo di lettura stimato: 3 minuti
Le immagini che rappresentano un paese e l’ideologia che incarna possono essere vissute in modi diametralmente opposti. Un esempio tipico è quello della rappresentazione della libertà.

Lo scorso ottobre, l’ex premier britannico Tony Blair si è scusato per la guerra in Iraq che ha contribuito ad alimentare l’ascesa dell’Isis. E, aggiungiamo, l’odio verso l’Occidente. Termine che non è associato a un’area geografica, quanto a un concetto ideologico e un sistema di valori: da questo punto di vista, Israele fa parte dell’Occidente, ma Cuba (ancora) no.
Le stesse immagini che rappresentano un paese e l’ideologia che incarna possono di conseguenza essere vissute in modi diametralmente opposti. Un esempio tipico è quello della rappresentazione della libertà, che ha sviluppato un’iconografia specifica in grado di adattarsi a realtà differenti.
Pensiamo al dipinto La Libertà che guida il popolo (1830), di Eugène Delacroix, dove la libertà è rappresentata sul modello di una Vittoria greca, ma con la presenza fisica di una donna del popolo. Il braccio proteso verso l’alto regge il tricolore francese, nato dall’unione, durante la Rivoluzione francese, dei colori del re (bianco) e della città di Parigi (blu e rosso).

  • xEugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo, 1830, Parigi, Musée du Louvre
  • xFrédéric Auguste Bartholdi, Statua della Libertà, 1870-1886, New York (dal web)
  • xTeheran. Il muro esterno dell’ex ambasciata degli Usa (dal web)
  • xTeheran. Il muro esterno dell’ex ambasciata degli Usa, particolare (dal web)
  • xDea della Democrazia, Pechino, piazza Tienanmen, 30 maggio 1989 (www.corriere.it)
  • xJeff Widener/Associated Press, Beijing, China 1989

Il braccio levato a sollevare una torcia: sicuramente l’immagine più famosa, simbolo per antonomasia degli Stati Uniti, è la Statua della Libertà, moderno Colosso di Rodi all’ingresso del porto di New York. Realizzata a Parigi su progetto di Frédéric Auguste Bartholdi, e l’apporto ingegneristico di Gustave Eiffel per la struttura interna, la statua, inaugurata nel 1886, venne donata dai francesi agli Stati Uniti d’America (dove fu assemblata), per celebrare la dichiarazione d’indipendenza di un secolo prima e come segno di amicizia fra i popoli. Le catene spezzate ai piedi della donna sono un simbolo tradizionale della libertà, rappresentata anche dalla torcia che illumina il mondo; la tavoletta nella mano sinistra reca l’iscrizione July IV MDCCLXXVI, 4 luglio 1776, data dell’indipendenza americana.
Esistono molte repliche della Statua della Libertà in giro per il mondo, ma certamente non si tratta di un simbolo condiviso in tutti i paesi. A Teheran, durante la rivoluzione iraniana e la presa del potere dell’Ayatollah Khomeini, fra il 1979 e il 1980 vennero tenuti in ostaggio 52 membri dell’ambasciata americana. Sul muro esterno dell’ex ambasciata venne dipinta la Statua della Libertà, sullo sfondo della bandiera americana, con il volto di un teschio.
Nel libro Testimoni oculari (Carocci, Roma 2008), Peter Burke porta ad esempio un’altra immagine simile, la Dea della Democrazia, in gesso, fil di ferro e polistirolo, innalzata in Piazza Tienanmen a Pechino, proprio davanti al ritratto di Mao Tse-tung. Alta fra gli 8 e i 10 metri, era stata inaugurata il 30 maggio 1989 dagli studenti dell’Accademia centrale delle Arti: dea della libertà, della democrazia e della nazione. I richiami alla Statua della Libertà americana erano evidenti, tanto da farla condannare dai mass media cinesi come un’invasione culturale. Ma altrettanto evidenti erano le differenze: le sue solide forme rientravano nello stile tipico del realismo socialista di tradizione maoista.
La Dea della Democrazia venne distrutta, molti studenti furono uccisi. L’immagine più rappresentativa della Libertà, per la Cina, rimase la straordinaria foto di Jeff Widener, con quel ragazzo, solo, davanti ai carri armati, in piazza Tienanmen.

Condividi:

Elena Franchi

È storica dell’arte, giornalista e membro di commissioni dell’International Council of Museums (ICOM).
Candidata nel 2009 all’Emmy Award, sezione “Research”, per il documentario americano “The Rape of Europa” (2006), dal 2017 al 2019 ha partecipato al progetto europeo “Transfer of Cultural Objects in the Alpe Adria Region in the 20th Century”.
Fra le sue pubblicazioni: “I viaggi dell’Assunta. La protezione del patrimonio artistico veneziano durante i conflitti mondiali”, Pisa, 2010; “Arte in assetto di guerra. Protezione e distruzione del patrimonio artistico a Pisa durante la Seconda guerra mondiale”, Pisa, 2006; il manuale scolastico “Educazione civica per l’arte. Il patrimonio culturale come bene dell’umanità”, Loescher-D’Anna, Torino 2021.
Ambiti di ricerca principali: protezione del patrimonio culturale nei conflitti (dalle guerre mondiali alle aree di crisi contemporanee); tutela e educazione al patrimonio; storia della divulgazione e della didattica della storia dell’arte; musei della scuola.

Contatti

Loescher Editore
Via Vittorio Amedeo II, 18 – 10121 Torino

laricerca@loescher.it
info.laricerca@loescher.it