Incontro al buio

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Bendata, sto toccando una scultura. Cerco di dare una forma mentale a quello che le mie mani stanno esplorando, sotto la guida esperta di una voce che mi suggerisce come procedere. È una delle molte attività che si possono fare al Museo tattile statale Omero di Ancona.

Era da molto tempo che volevo visitare il Museo Omero, ma Ancona non è propriamente lungo le mie linee ferroviarie abituali. Approfitto così dell’occasione che mi offre una fiera in cui è presente un ampio stand del museo, con alcuni esempi delle sculture esposte.
Giulia Cester, responsabile della sezione musica del Museo Omero, mi suggerisce di provare a fare una visita tattile. Accetto la proposta e non mi guardo intorno. Vengo bendata: la mia guida mi conduce in giro per lo stand, in modo da farmi perdere l’orientamento. Prima grande difficoltà: fidarsi della persona che ci guida. La tengo a braccetto, so che non è sua intenzione farmi cadere o inciampare contro qualche ostacolo, ma cammino comunque come se fossi sulle uova, con grande circospezione.
Finalmente arriviamo davanti all’opera che Giulia ha scelto per me. Prima regola: una “visione” d’insieme, per avere idea delle dimensioni dell’oggetto. Secondo suggerimento: utilizzare tutte e due le mani. Mi rendo conto che è vero: con una mano sola non riesco proprio a immaginare la forma davanti a me. Inizio l’esplorazione dall’alto. Un oggetto circolare, ma con due elementi appuntiti.

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Cerco di non farmi condizionare dalla mia preparazione storico-artistica e di affidarmi soltanto a quello che sentono le mani. Scivolo leggermente più in basso e sento una piccola protuberanza. Forse un naso, sì, sembra un naso. L’esplorazione si estende alle aree limitrofe, è proprio un volto, riconosco le guance, la bocca. Allora la prima cosa che ho toccato è uno strano copricapo.
La mia guida mi pone delle domande che non mi sarei mai fatta, aiutandomi a decifrare la figura. È un uomo o una donna? È vecchio o giovane? Come sono le guance? E la bocca? Scopro che riesco a passare un’unghia fra le labbra: quindi la bocca è leggermente aperta; le guance sono lisce, un po’ piene: si tratta di una persona giovane.
Un elemento rotondeggiante davanti al volto della scultura mi disturba, non capisco cosa sia. Poi le mie mani trovano il collo e scendono lungo le spalle. La forma tondeggiante è una spalla: la figura non è in posizione frontale, ha il volto girato verso destra. Individuo le braccia, che vanno verso il basso, e le mani, impegnate a fare qualcosa. La schiena è potente, è una figura maschile. Ma dove sono le gambe? Sento una specie di supporto, la figura è seduta o accovacciata. Ecco un ginocchio, ma l’altro proprio non so dove sia. Com’è messa questa scultura? È la mia guida a farmi trovare il ginocchio destro. Che posizione contorta deve avere questa figura. Giulia mi chiede se voglio mimarla. Ci provo: è corretta. Penso a quelle sculture a spirale, che non sono fatte per essere osservate solo frontalmente, ma che invitano lo spettatore a girarci intorno.

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Le mie mani tornano più volte ad accarezzare la schiena: è molto bella. Se mi fossi limitata a guardare la figura non avrei mai sentito la forza del modellato. Un altro modo di avvicinarsi alla scultura. Mi vengono in mente le lezioni universitarie bolognesi, una visita a Pistoia per vedere il pulpito di Giovanni Pisano e la voce del professore che ci accompagna: “La scultura va toccata. Quando il custode non vi vede, toccate.” Occupandomi di tutela, non me la sento di dare questo suggerimento in modo indiscriminato. Ma è vero: al tatto emergono particolari che la vista da sola non rende. Cambia anche il mio atteggiamento verso l’opera. Non è solo ammirazione quella che sto provando, è qualcosa di diverso: vicinanza, quasi affetto.

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Riassumo alla mia guida i particolari che ho scoperto: il copricapo, la posizione, il fatto che la scultura non è a riposo, ma è impegnata in qualche attività. Le mani sono in azione vicino ai piedi. “Cosa si fa vicino ai piedi?” mi chiede Giulia. “Si allacciano le scarpe”, rispondo. Penso al copricapo: può essere il dio Mercurio che si allaccia un calzare. A questo punto, quando mi sento pronta, devo fare un passo indietro e togliermi la benda. È il momento, tolgo la benda. È lui, è Mercurio! Una coppia ha assistito alle ultime fasi dell’esplorazione. Avevo anche un pubblico e non me ne sono accorta. Ho capito la figura, ma non ho riconosciuto la scultura che pure conoscevo, Mercurio che si allaccia i sandali di Jean-Baptiste Pigalle, conservato al Louvre. A seguito di anni di collaborazione e progetti con il Louvre, infatti, il museo parigino ha concesso alcune opere della sua sezione tattile al Museo Omero.
Nato nel 1993, per “promuovere la crescita e l’integrazione culturale dei minorati della vista e di diffondere tra essi la conoscenza della realtà”, il museo da allora ha ampliato obiettivi e visitatori, che sono, per la maggior parte, vedenti. Una delle prime realtà italiane del settore, organizza anche corsi di formazione rivolti a docenti, educatori e operatori museali

Già trasferito dalla vecchia sede alla nuova collocazione nella Mole Vanvitelliana, attualmente il percorso espositivo ospita circa 150 opere, fra copie di famose sculture di tutti i tempi e una nutrita sezione di opere originali di arte contemporanea.
Prossimamente, il museo occuperà nuovi spazi articolando il percorso in più aree tematiche, dall’archeologia, all’architettura, dalla mimica del volto umano alla scultura. Torneremo ancora a parlare del Museo Omero, delle sue attività e del suo fondatore e attuale presidente, Aldo Grassini.
Ho molto apprezzato questa nuova, particolare, esperienza, che obbliga alla lentezza, che non permette di abbracciare un’opera con un solo colpo d’occhio o di guardarla frettolosamente, ma ci invita a scoprirla gradatamente.
E ho incontrato Mercurio, al buio.

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Elena Franchi

È storica dell’arte, giornalista e membro di commissioni dell’International Council of Museums (ICOM).
Candidata nel 2009 all’Emmy Award, sezione “Research”, per il documentario americano “The Rape of Europa” (2006), dal 2017 al 2019 ha partecipato al progetto europeo “Transfer of Cultural Objects in the Alpe Adria Region in the 20th Century”.
Fra le sue pubblicazioni: “I viaggi dell’Assunta. La protezione del patrimonio artistico veneziano durante i conflitti mondiali”, Pisa, 2010; “Arte in assetto di guerra. Protezione e distruzione del patrimonio artistico a Pisa durante la Seconda guerra mondiale”, Pisa, 2006; il manuale scolastico “Educazione civica per l’arte. Il patrimonio culturale come bene dell’umanità”, Loescher-D’Anna, Torino 2021.
Ambiti di ricerca principali: protezione del patrimonio culturale nei conflitti (dalle guerre mondiali alle aree di crisi contemporanee); tutela e educazione al patrimonio; storia della divulgazione e della didattica della storia dell’arte; musei della scuola.

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