Con queste parole Marina Micheli introduce i risultati di un’indagine condotta nella primavera 2013 dal Gruppo accademico professionale dell’Associazione Italiana Editori (Aie), pubblicati nell’e-book Stili di studio degli universitari italiani tra carta e digitale.
L’indagine, che ha suscitato l’interesse della stampa e, ovviamente, degli editori italiani, sembra fornire alcune rassicurazioni a quanti temono per le sorti del libro e della sua industria. Ma, soprattutto, la lettura e l’interpretazione dei dati consentono di fare alcune riflessioni, che possono essere utili agli editori e agli insegnanti per individuare e strategie didattiche e per migliorare la loro capacità di progettare e scegliere i materiali didattici cartacei e digitali.
Intanto, conviene precisare che l’indagine è legata a un concorso promosso dall’Aie per la realizzazione di uno slogan per una campagna di comunicazione finalizzata alla valorizzazione dei libri universitari. Si tratta quindi di un campione autoselezionato, non rappresentativo, composto molto probabilmente da lettori forti o, comunque, da studenti estremamente motivati e interessati alla comunicazione, alla lettura e al libro.
Circa 1500 studenti universitari (età media 23 anni, oltre la metà frequentanti università di scienze sociali e umane del nord Italia) hanno risposto a un questionario online sulla lettura di libri e e-book, la ricerca di informazioni online, il possesso di dispositivi tecnologici e uso di social network, i materiali e gli strumenti utilizzati per preparare gli esami universitari, le opinioni riguardo all’uso di strumenti e contenuti digitali per lo studio.
A partire dalle risposte fornite dagli studenti, il gruppo di ricerca ha individuato tre tipologie di materiali di studio utilizzati per preparare gli esami a integrazione dei manuali cartacei:
– Strumenti per l’approfondimento libero: supporti tradizionali come libri o fonti cartacee, sia quelli digitali, file pdf e e-book, informazioni individuate rete;
– Strumenti di supporto tradizionali: appunti, fotocopie e dispense del docente rese disponibili in copisteria;
– Strumenti di supporto digitali: slides o dispense digitali prodotte dai professori o materiali integrativi e di approfondimento indicati dal docente reperibili in rete.
È interessante notare che i contenuti digitali più diffusi sono le slides del docente (il 78% le usa in modo abituale) e i materiali trovati su internet trovati dallo studente, mentre i materiali forniti dagli editori (e-book o materiali sul sito) sono in fondo alla classifica (45-50%). Ma la parte più interessante dell’indagine è quella che individua i diversi stili di studio, ottenuti dall’incrocio di queste tre tipologie (caratterizzate non solo dal tipo di supporto dei materiali ma anche dalla loro finalità) con le concrete pratiche di studio.
Sono descritti cinque distinti gruppi di studenti:
– Onnivori: usano tutti i materiali in modo più intenso degli altri;
– Esploratori: amano approfondire ciò che devono studiare e non distinguono tra carta e digitale. Tendono a usare in misura minore i supporti tradizionali. Sono quelli che posseggono più supporti tecnologici.
– Tradizionalisti: non usano materiali su supporto digitale e per lo studio si basano soprattutto sui supporti tradizionali, anche per gli approfondimenti;
– Pragmatici: non approfondiscono gli argomenti con percorsi personali e tendono a servirsi solo dei materiali assegnati dal docente, digitali o tradizionali che siano. Sono studenti aperti al digitale purché sia funzionale al raggiungimento del risultato, infatti privilegiano le applicazioni per l’autovalutazione. È il gruppo che fa meno uso di internet per la lettura di articoli scientifici, e-book o blog di settore.
– Minimalisti: si sforzano il minimo indispensabile, usano soprattutto i materiali dati dal docente a lezione.
Ciò che distingue i gruppi non è, in sintesi, l’uso del cartaceo o del digitale, quanto semmai la tendenza a approfondire gli argomenti in modo libero e personale o a studiare esclusivamente il necessario per superare l’esame, seguendo le indicazioni fornite dal docente. Si può osservare, per esempio, che i pragmatici – molto centrati sul risultato – utilizzano i materiali digitali in misura maggiore rispetto agli altri gruppi, ma solo quelli che sono assegnati dal docente: slides in primo luogo.
Altrettanto interessante è rilevare che i pragmatici sono in media più giovani (18-20), gli esploratori più anziani (25-30), mentre gli altri gruppi sono distribuiti in modo equo nelle varie fasce d’età. Inoltre, le femmine tendono a essere più tradizionaliste. Sembra anche gli onnivori e gli esploratori siano presenti soprattutto nelle facoltà tecniche e mediche, i tradizionalisti nelle scienze umane e i pragmatici nelle scienze sociali, ma il campione autoselezionato non consente di fare osservazioni puntuali su questo aspetto.
L’ultima parte dell’indagine, dedicata alle opinioni degli studenti sulle tecnologie e sul digitale, mette in evidenza alcuni dati che sarebbe interessante verificare anche sugli alunni delle scuole secondarie. Intanto, solo il 20% degli studenti ritiene che la lettura su schermo di pc o tablet sia più comoda per studiare, e, messi di fronte alla scelta tra un manuale usato e un e-book, la maggior parte (oltre il 60%) continua a preferire il libro cartaceo.
Addirittura, l’81% del campione preferisce stampare i pdf di articoli o capitoli di libri per studiare, rivelando una predilezione per la carta o, comunque, una qualche difficoltà nella lettura a schermo per lo studio. Gli studenti, in definitiva, non sembrano interessati a sostituire il cartaceo con il digitale, quanto semmai a integrare lo studio con aggiornamenti online, esercitazioni didattiche, simulazione, test di autoverifica.
Ciò è vero soprattutto per gli studenti pragmatici, che – scrive Marina Micheli – “nel complesso sono scettici e poco interessati all’uso del digitale per lo studio – esprimono un parere molto positivo rispetto alla possibilità di accedere ad aggiornamenti, esercizi, test e applicazioni per l’autoverifica sul sito web degli editori”, purché, è ovvio, corrispondano in modo puntuale agli obiettivi di apprendimento previsti dal corso.
Infine – ed è forse uno dei dati più rilevanti – l’indagine evidenzia che “gli studenti che leggono più libri e usano una gamma più ampia di materiali sono gli stessi che si servono maggiormente delle opportunità offerte dal digitale per arricchire il proprio bagaglio culturale e prepararsi per gli esami”. Insomma, i lettori più forti sono anche i più tecnologici e digitalizzati, forse proprio perché più aperti e capaci di individuare gli strumenti più idonei ai loro bisogni. Col rischio evidente – visto che i lettori forti sono spessissimo provenienti da famiglie con più alto livello di istruzione – di riprodurre, anche in questo campo, quelle stesse dinamiche che si possono osservare per l’analfabetismo funzionale o per lo stesso analfabetismo digitale, per cui coloro che hanno la possibilità di crescere in un ambiente ricco di stimoli e opportunità sono anche quelli che sono in grado di utilizzare al meglio le risorse messe a disposizione dai sistemi dell’istruzione, che in questo modo non fanno che confermare il divario socioculturale esistente.
Ai produttori e ai gestori di contenuti, oltre che ai decisori politici, spetta il difficile compito di scegliere se assecondare le tendenze al ribasso dei minimalisti e dei tradizionalisti, oppure avere il coraggio di seguire la strada segnata dagli esploratori e dagli onnivori, magari affidandosi al buon senso dei pragmatici, evitando le fughe in avanti e tenendo sempre d’occhio i bisogni concreti delle persone.