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Bisbigli liquidi

Tempo di lettura stimato: 5 minuti
La biodiversità è una ricchezza immensa e meravigliosa, ed è un concetto inclusivo, a differenza di quello di natura. Riflessioni a partire da dialoghi umani e più che umani.

Fermarsi è un atto di cura. Una pratica di attenzione, verso di Noi, verso gli Altri.
Con i sensi in allerta, per immergersi e lasciarsi trasportare, tra grammatiche inesplorate e dialoghi da decifrare. Umani e più-che-umani.
Dargli voce è un atto dovuto.
Di chi siamo l’intorno?  

Tra gennaio e febbraio 2025 sono stato ospite presso la Winter School in Interdisciplinary Biodiversity dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, un progetto in collaborazione con il Cnr – Istituto di Scienze Marine, finanziato dal National Biodiversity Future Center (Nbfc). Ringrazio vivamente i docenti, i partecipanti e gli organizzatori con cui ho trascorso una settimana stimolante, sotto molti punti di vista.
Le parole e le foto che trovate in questo articolo sono impressioni e bisbigli che hanno preso più forma di altri, uscendo allo scoperto, lasciandosi leggere e guardare.
Foto e parole sono dell’autore, come di tutti coloro che si sono fatti attraversare da un simile incontro.

Prospettive biodiverse

Quando penso alla biodiversità, la prima parola che mi viene in mente è “ricchezza”. Nell’accezione più ampia, positiva e aperta. La biodiversità è meraviglia e respiro.
In antropologia, siamo abituati a interagire con un’enorme varietà di culture diverse. Sappiamo che ogni popolazione ha una propria cultura, e che all’interno della stessa popolazione possono esistere gruppi con tratti culturali distinti. Questo spesso ci porta a cambiare prospettiva e adottare quella degli altri. Si tratta di una delle tante forme che assume la ricchezza di cui parlo. È un agente polimorfo, mutevole, liquido.
Negli ultimi anni, anche l’antropologia sembra aver scoperto gli esseri più-che-umani. Mi riferisco alle altre specie viventi che abitano questo pianeta, proprio come Noi. Questo dialogo è diventato più necessario che mai in un’epoca che tendiamo a identificare col nome di Antropocene – l’Epoca Umana – che, occupandosi dell’Anthropos, sembra voler allarmare e chiamare in causa proprio l’antropologia, il cui oggetto e soggetto di studio è l’essere umano, nei modi in cui le tante culture scelgono di “abitare” il pianeta.
In questo senso, la biodiversità è una ricchezza immensa e meravigliosa: quanti altri modi di abitare il mondo, interagire con esso, rappresentarlo e viverlo possono esistere… La biodiversità è l’opportunità di adottare prospettive che, fino a poco tempo fa, non avremmo nemmeno immaginato. Prospettive che devono essere preservate a tutti i costi. Per il loro bene e per il bene di tutti Noi.

foto opera d'arte mani che si intrecciano. Arsenale di Venezia
Patto, Arsenale di Venezia (foto dell’autore).

suggella un patto

di suolo e acqua

e mani

per una terra più-che-umana

Respiro

La nozione di biodiversità è inclusiva. Si manifesta in un abbraccio, un terreno rigoglioso di incontro e corrispondenza. Un giardino umano-più-che-umano da coltivare, curare, osservare. Da essere goduto. Vive e plasma orizzonti ariosi. Al contrario, il concetto di “Natura” non sembra possedere un simile respiro. Quel termine che così a lungo è stato contrapposto – non solo in antropologia ma in molte altre discipline, così come nella vita quotidiana – a quello di “Cultura”, contribuendo ad ampliare un divario comunicativo ed estremamente pratico. Io – l’Altro; Noi – Loro; Uomo – Natura; Natura – Cultura.
Muri di fango che si sciolgono in un fiume.

 

foto di erba e sole in controluce
Profondi bisbigli, Riserva naturale Ca’ Roman (foto dell’autore).

chi bisbiglia laggiù,

in un mondo di aria e luce

che osserva da terra

da una prospettiva così fonda

Lo sguardo della biodiversità

Pratiche di scomodità

Aprirsi al dialogo.
Abbiamo mai ascoltato un pioppo? Un cane, un gatto, un merlo, un coleottero?
Abbiamo avuto la pazienza di esporci al dialogo? L’attenzione necessaria, la delicatezza, la disponibilità all’Altro?
Ci sono dialoghi umani e più-che-umani che volteggiano nell’aria e impregnano la terra. Ci sono corrispondenze e richieste di contatto che si dimenano intorno a Noi, che semplicemente non ci diamo l’occasione di vedere e udire.
Mi sembra che siamo ancora lontani persino da una comprensione effettiva della ricchezza che stiamo perdendo. Potremmo forse parlare di un’estinzione sociale della Natura. Abbiamo reciso, lacerato e dilaniato i legami con il mondo in cui viviamo – o almeno crediamo di averlo fatto. Non sei d’accordo?
Il dialogo è arricchente e fondamentale. La mia prospettiva è antropologica: corrispondere con l’Altro, umano e più-che-umano, praticando l’onestà.
Intendo un approccio competente, serio, preparato, e spesso anche scomodo, nel trattare le informazioni, le voci e le vite che ci sono affidate. È scomodo riconoscere che le nostre azioni (comprese le mie) stanno contribuendo all’estinzione di specie viventi, ma è necessario comunicarlo e agire di conseguenza. È scomodo dare voce alle minoranze, schierarsi con loro e comprenderle, riconoscendo la mia esistenza così agiata e violenta. Ma sono proprio loro a subire gli effetti peggiori. È tremendamente necessario essere onesti, in questo senso, e sempre un po’ più scomodi, ogni giorno che trascorriamo su questa Terra. La scomodità sarà la conferma della nostra onestà.

 

foto di Pellestrina (Venezia) e della laguna
Sguardi, Pellestrina (foto dell’autore).

 

hai mai compreso

chi sei

dallo sguardo con l’Altro?

Le nostre mani si sono sfiorate,

le menti annodate

gli occhi riflessi.

 

sono un Uomo ricco ora.

Voci

Rachel Carson parlava di una Primavera silenziosa, per la scomparsa del canto degli uccelli e di voci Altre avvelenate dai pesticidi chimici. Stiamo, invece, correndo verso una Terra silenziosa? Oggi il pianeta appare tutt’altro che muto. È caotico, rumoroso, tumultuoso. Ma saturo delle voci di pochi, dominanti e prepotenti. Dobbiamo far parlare le minoranze, i più deboli, gli invisibili, i gentili. Occorre lasciare spazio.
Le scienze naturali ci insegano che ogni specie è essenziale per l’equilibrio della vita. È l’espressione di una parola bellissima: Ecologia. Discorso sulla casa (òikos). Quella di tutte, quella di tutti.

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Andrea Nocera

è laureato in Storia e in Antropologia. Negli ultimi anni, anche grazie al Master “Futuro Vegetale”, si è avvicinato al mondo delle piante, da cui trae ispirazione per indagare i rapporti umano-non umano e immaginare modi di abitare più integrati.

Oggi lavora nel gruppo di ricerca della Fondazione Futuro delle Città di Firenze, collabora come autore e revisore di testi per Lœscher Editore e altre case editrici ed è co-fondatore dell’Associazione Fungi CollectIF.

Contatti

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