Giovani di ogni parte del mondo scelgono volontariamente di arruolarsi nelle forze armate, pur consapevoli dei rischi estremi che questa decisione comporta: la possibilità di uccidere, di ferirsi gravemente o di perdere la vita. In considerazione della serietà di tali rischi, le forze armate devono rendere l’arruolamento non solo accattivante, ma anche moralmente giustificabile attraverso campagne di reclutamento ben strutturate. Tradizionalmente, queste campagne facevano leva sulla promessa di trasformare i giovani in “veri uomini”, basandosi su un ideale di mascolinità eroica e guerriera. Tuttavia, un crescente corpo di studi femministi ha messo in luce come questa concezione della virilità sia cambiata nel tempo e nei diversi contesti socio-culturali (Belkin 2012).
Oggi molte campagne di reclutamento, sia in Europa sia negli Stati Uniti, hanno rivisitato il tradizionale concetto di mascolinità militare. Invece di enfatizzare la forza fisica e il coraggio bellico, queste iniziative promuovono una versione più “ambigua e civile” della mascolinità, con l’intento di attrarre un pubblico più vasto e diversificato (Stengel e Shim 2021).
Le forze armate, nel tentativo di raggiungere una platea più ampia, si presentano ora come organizzazioni progressiste, inclusive e attente alla parità di genere. Questo approccio è evidente nelle loro campagne di marketing e sensibilizzazione (Baker 2022), che puntano sull’inclusione delle donne e affrontano le argomentazioni che in passato le avevano escluse. Un esempio emblematico si trova nelle campagne di reclutamento svedesi, dove sono presenti immagini di bandiere arcobaleno, assorbenti e colori pastello, segno di una rottura netta con le promesse legate alla mascolinità tradizionale. Oggi l’immagine del “soldato” si configura come un’entità fluida, che trascende i confini di classe, razza, abilità fisiche, genere e sesso (Stern e Strand 2022).
In questo contesto, il servizio militare non si limita più a offrire la possibilità di affermare la propria virilità, ma diventa una promessa di autorealizzazione, di trasformazione personale e di crescita interiore. La figura del soldato, quindi, si ridefinisce, aprendo la porta a un concetto di forza che non è più esclusivo, ma inclusivo, accessibile a chiunque voglia sfidare i propri limiti e trovare la propria strada.
Il programma The calling
Per approfondire l’evoluzione delle campagne di reclutamento, abbiamo analizzato un formato specifico chiamato “testimonianze”, dove veri soldati raccontano la loro esperienza su come e perché hanno scelto di arruolarsi.
Nella campagna The calling vengono presentati cinque soldati, identificati come Emma, David, Rickie, Jennifer e Janeen, presentati sotto lo slogan «Cinque vite diverse – una decisione che cambia la vita» (US Army, 2021). Questa campagna si distingue per l’enfasi sulla diversità, mettendo in primo piano soldati provenienti da contesti diversi e rompendo così con gli stereotipi tradizionalmente associati al servizio militare. Un elemento distintivo di The calling è l’uso dell’animazione, che rende le storie più accessibili e avvincenti.
La campagna consiste in cinque video brevi, ognuno della durata di due o tre minuti, disponibili su piattaforme come YouTube e GoArmy e sui social media. In ogni video, il/la protagonista racconta la sua infanzia, le relazioni familiari e le passioni personali, fornendo un contesto per il suo ingresso nell’esercito e la vita militare. Alla fine di ogni racconto, la figura animata si trasforma nella sua controparte reale, creando un effetto di iper-realtà (Baudrillard, 1994). Ad esempio, nel video di David, il racconto culmina con l’affermazione: «Io sono il Primo Tenente David Toguchi dell’Esercito degli Stati Uniti e ho risposto alla mia chiamata», seguita dalla domanda provocatoria: «What calls you?» (Qual è la tua chiamata?).
Come as you are
La campagna svedese Come as you are propone una rappresentazione della «diversità di persone» (SAF, 2019) e si rivolge specificamente a giovani donne, con l’obiettivo di sfidare le percezioni stereotipate di chi può essere un soldato. Il messaggio chiave è chiaro: tutti, indipendentemente dal loro background, genere o orientamento sessuale, possono trovare posto nell’esercito.
Questa campagna include un trailer generale e due video di profilo dedicati a Ida e Jens, che mostrano i soldati sia in contesti quotidiani sia in uniforme. La dualità delle loro vite – tra momenti privati e pubblici – riflette il tentativo delle Forze Armate Svedesi di umanizzare i soldati e di trasmettere l’idea che chiunque, con qualsiasi percorso, può arruolarsi. Il messaggio finale «come as you are» (presentati per come sei, o meglio ancora sii te stesso, N.d.T.) rafforza l’inclusività della campagna.
My way
La campagna My way, lanciata nel 2021 dalle Forze Armate Svedesi, mette sotto i riflettori quattro soldati: Evelina, Younes, Samuel e Max. Ognuno di loro racconta il proprio viaggio personale verso l’arruolamento, sottolineando il tema della trasformazione e della crescita individuale. Ogni video dura circa due minuti e inizia con il tema My way, che funge da filo conduttore per tutta la campagna. Questi video presentano un equilibrio tra la vita in uniforme e la quotidianità, mettendo in risalto le sfide personali affrontate dai protagonisti e come il servizio militare abbia contribuito positivamente alla loro crescita. La narrazione è accompagnata da frasi simboliche, come ad esempio, nel caso di Samuel: «da frustrato a ispirato».
La mancanza di uno scopo
Il primo elemento in comune delle tre campagne di reclutamento è la rappresentazione dei protagonisti come individui smarriti e insoddisfatti della loro vita civile prima di intraprendere il percorso di arruolamento. Questo stato d’animo emerge talvolta direttamente nei video, ma più frequentemente attraverso flashback retrospettivi. Un esempio significativo è rappresentato da Emma, caporale dell’Esercito degli Stati Uniti specializzata nella gestione dei missili Patriot, e da Max, pilota di caccia delle Forze Armate Svedesi. Entrambi vengono presentati da giovani, ancora prima di arruolarsi, come individui che, nonostante siano bianchi e cresciuti in ambienti privilegiati appartenenti alla middle class, sentivano fortemente la mancanza di uno scopo nella vita. Emma è descritta attraverso un’animazione dai toni rosa pastello, che richiama lo stile di una pubblicità della Barbie. La narrazione sottolinea che era una «brava ragazza» californiana, cresciuta in una famiglia progressista composta da due madri; una ballerina talentuosa, un’abile violinista e una studentessa eccellente. Nonostante queste premesse, sentiva di non aver realmente raggiunto nulla di significativo nella vita. Le sue parole rispecchiano questo vuoto interiore: «Cominciai a sentire di aver ricevuto così tanto nella vita… certo, avevo vissuto circondata da donne in grado di ispirarmi, ma cosa avevo davvero raggiunto con le mie forze?».
Anche Max viene presentato come un classico «ski bum», un giovane bianco che trascorre la maggior parte del tempo a sciare o a vivere in località sciistiche. Le sue giornate erano caratterizzate da viaggi e dalla pratica di sport d’élite, simboli di mascolinità e privilegio, come lo sci, il golf e l’hockey su ghiaccio. Tuttavia, nonostante questa vita apparentemente idilliaca, anche lui condivideva una sensazione di vuoto interiore, la mancanza di un vero scopo (Basham 2013, 2016).
La mancanza di fiducia in sé stessi
Un altro tema centrale è la mancanza di fiducia in sé stessi, che emerge in vari personaggi. David, pilota di elicotteri dell’Esercito degli Stati Uniti, Jennifer, medico dell’Esercito, ed Evelina, autista di carri armati delle Forze Armate Svedesi, sono tutti ritratti come individui che prima di arruolarsi si sentivano privi di fiducia in sé stessi e vedevano opportunità per il loro futuro. La storia di David è particolarmente significativa: cresciuto in una base militare alle Hawaii con il padre, pilota di elicotteri, e il fratello, che seguì le orme paterne, da bambino sognava di diventare come loro. Il video lo mostra mentre corre felice in un giardino lussureggiante e gioca con un elicottero giocattolo, simbolo delle sue aspirazioni infantili. Tuttavia, in un momento di malinconia, il ragazzo si ferma e, abbassando lo sguardo, ammette: «Sapevo che non sarei mai potuto diventare un pilota. Non ero come loro». Le immagini successive mostrano David adolescente che si sente isolato, convinto di non essere abbastanza intelligente, e che lotta con le difficoltà scolastiche.
La mancanza di appartenenza
Altre narrazioni, come quelle di Samuel (Forze Armate Svedesi), Ida (fanteria delle Forze Armate Svedesi), Younes (Forze Armate Svedesi) e Rickie (Esercito degli Stati Uniti), rivelano un altro tipo di mancanza: la mancanza di appartenenza. Samuel ricorda di essere stato bullizzato a scuola e di essersi sempre sentito un emarginato (cfr. George 2016; Ware 2012).
Ida, una giovane donna bianca dai lunghi capelli biondi intrecciati, si identifica come bisessuale e riflette sul suo passato di «bambina problematica», vittima di bullismo ed esclusione sociale. Mentre narra questo difficile capitolo, scorrono sullo schermo immagini della sua vita militare attuale: la vediamo maneggiare armi e padroneggiare le abilità di un soldato. In una scena particolare, il suo armadietto è decorato con un adesivo che raffigura la bandiera arcobaleno, mentre in un’altra viene ritratta mentre esegue flessioni indossando una collana con il simbolo femminile.
Infine, la mancanza di appartenenza a una comunità è un’esperienza condivisa da alcuni protagonisti. La storia di Younes, un giovane coscritto delle Forze Armate Svedesi, razzializzato come non svedese e non bianco, ruota attorno al senso di debito che sente nei confronti della Nazione che ha accolto lui e la sua famiglia. Riflettendo sulla sua storia, Younes esprime gratitudine: «I miei genitori sono immigrati qui e sono stati accolti a braccia aperte, quindi… Se fossero migrati altrove, non so dove sarei finito. Ma sento di essere stato ben educato, di aver avuto una buona formazione e una vita complessivamente buona. Così sento di voler restituire qualcosa al mio Paese, alla Svezia». Nonostante sia nato e cresciuto in Svezia, Younes avverte un profondo senso di estraneità, un sentimento che si manifesta nella malinconica gratitudine per l’accoglienza riservata alla sua famiglia e, di riflesso, anche a lui (Ahmed 2010).
Eventi catalizzatori di un cambiamento
Le storie dei protagonisti delle campagne di reclutamento continuano a dipanarsi attraverso una narrazione che esamina sfide, incertezze e vincoli significativi che hanno affrontato nel corso delle loro vite. In molti casi queste esperienze non rappresentano solo un contesto di fondo, ma assumono il ruolo di veri e propri catalizzatori di cambiamento, aprendo la strada a «nuove possibilità» che sembrano esistere all’interno dell’ambiente militare (Finnemore e Jurkovich 2020).
La storia di Jennifer, medico dell’Esercito degli Stati Uniti, si apre con una sequenza fortemente drammatica. Una musica cupa e minacciosa accompagna l’immagine del padre, chino con il volto tra le mani. Jennifer, attraverso la sua voce narrante, rivela un evento traumatico della sua infanzia: «Quando avevo quattro anni, i miei fratelli e io abbiamo assistito al tentativo di suicidio di nostro padre. La polizia, chiamata in tempo, riuscì a salvarlo. Da quel momento, crebbi con il desiderio di aiutare persone come lui, persone che soffrono». La scena prosegue mostrando i tre bambini circondati da poliziotti, mentre il padre viene portato via e le sirene risuonano in sottofondo. I toni grigi e i colori spenti che dominano la scena comunicano un senso di disperazione e vergogna in modo eloquente. Successivamente, la narrazione rivela che i genitori di Jennifer erano immigrati di prima generazione dalla Repubblica Dominicana. Le immagini la mostrano crescere in un piccolo appartamento di un “quartiere difficile” del New Jersey, riflettendo alcuni stereotipi comuni sulle famiglie latinoamericane nelle zone urbane. Sua madre lavorava fino a sedici ore al giorno, mentre il padre lottava contro gravi problemi di salute mentale. Dopo un periodo di ribellione, Jennifer fuggì di casa e fu mandata dai parenti nella Repubblica Dominicana, con l’obiettivo di farle «apprezzare la vita» che aveva negli Stati Uniti. Questa esperienza di vita “povera”, “semplice” ma “genuina” nel Paese d’origine viene descritta con un linguaggio che richiama inevitabilmente un immaginario coloniale. Gli elementi visivi – come il “tetto di lamiera” della casa e l’immagine dei turisti che “regalano caramelle” ai suoi parenti – accentuano questo ritratto. Tuttavia, questa parentesi nella Repubblica Dominicana sembra avere un effetto liberatorio su Jennifer, aiutandola a superare il risentimento e l’ingratitudine che provava per la sua famiglia e la sua vita negli Stati Uniti, portandola a decidere di arruolarsi nell’esercito.
Anche la storia di Emma, sebbene provenga da un contesto privilegiato, mette in evidenza un percorso di crescita personale ricco di difficoltà. A soli sei anni vive un evento traumatico che segna profondamente la sua infanzia: una delle sue due madri subisce un grave incidente, rimanendo paralizzata. Questo evento non solo sconvolge la dinamica familiare, ma costringe anche Emma a confrontarsi con la vulnerabilità e la sofferenza. La madre dimostra che, al di là delle sfide fisiche e delle limitazioni, la volontà di superare le avversità può portare a risultati significativi. Il culmine della narrazione si raggiunge durante una cerimonia nuziale, in cui Emma accompagna la madre all’altare. Questa scena, adornata da toni pastello e permeata da un’atmosfera di gioia e trionfo, non simboleggia solo il successo personale della madre, ma anche il riconoscimento da parte di Emma del percorso di crescita e delle sfide affrontate. Questo processo di introspezione culmina nel suo desiderio di arruolarsi.
Janeen, cresciuta in una famiglia di soldati nera di classe media, desiderava ardentemente intraprendere una carriera militare, ma il padre, influenzato dalle traumatiche esperienze vissute durante il servizio militare durante la guerra in Vietnam, le proibì di farlo. La ragazza si dedicò allora alla passione per la musica, divenendo una cantante di successo, esibendosi in città come Las Vegas e New York, e viaggiando il mondo su una nave da crociera di alto livello. Da qui ha osservato il “bene” e il “male”. Il “bene” è rappresentato da immagini di una soldatessa che offre una bottiglia d’acqua a un bambino, mentre il “male” da scene di luoghi devastati da conflitti politici e persone in difficoltà. Sebbene non viva direttamente queste difficoltà, Janeen diventa testimone delle sofferenze altrui. La sua figura sulla nave da crociera, elegantemente vestita e rivolta verso un porto in fiamme, sottolinea la distanza che la separa da tali esperienze dolorose. L’osservazione delle sofferenze altrui si trasforma in un potente catalizzatore, spingendola lungo il percorso che la condurrà a scoprire il suo vero sogno e a rivelare la sua autentica identità, quella di soldato.
Rispondere alla chiamata
La terza fase narrativa che emerge dalle testimonianze è quella della risoluzione. Il pubblico è rassicurato sul fatto che i protagonisti hanno realmente superato la soglia, avviandosi verso un’auto-realizzazione imminente o già raggiunta nei loro ruoli di soldati e modelli di riferimento. Viene sottolineato come le vite di questi soldati possano ispirare potenziali reclute a emulare le loro esperienze (US Army 2021). La conclusione dei percorsi di questi protagonisti dimostra che, seguendo la propria “chiamata” e intraprendendo il proprio “percorso”, è possibile superare le proprie mancanze e realizzare il potenziale individuale.
Le storie testimoniali ritraggono giovani che si trasformano in figure forti (Emma), sicure e resilienti (Evelina), di successo e capaci di lavorare in squadra (Max), leader (Samuel), responsabili e abili (David), integrati e orgogliosi protettori della nazione (Younes, Rickie), risorse per le forze armate (Jens, Ida), portavoce di un’eredità familiare (Janeen, David e Ida) e buone persone che contribuiscono al bene comune (Jennifer, Max, Ida). Questo elenco illustra come le mancanze emerse nella narrazione trovino una risoluzione attraverso la chiamata al servizio militare, conducendo a un’esistenza più piena e soddisfacente rispetto alla vita civile.
Nella storia di Emma, la sua “forza interiore” si esprime attraverso un linguaggio femminile, ma la ragazza si trova in difficoltà nel contesto di vita civile dominato da norme bianche e eterosessuali. Nonostante gli sforzi delle sue due madri per ridefinire tali confini, Emma avverte una mancanza di scopo e di potere individuale. Questa mancanza viene risolta attraverso la sua trasformazione in soldato, che le consente di superare non solo gli stereotipi di genere, ma anche le aspettative legate alla vita civile eterosessuale. Alla fine della sua testimonianza, Emma-soldato abbandona il suo mondo di tonalità pastello, saltando oltre una recinzione verso un’area militare e mostrando la mano stretta in un pugno. La sua determinazione è palpabile nel comunicare allo spettatore di aver finalmente risposto alla sua chiamata. La trasformazione le consente di riconquistare il potere personale e di definirsi al di là delle limitazioni imposte dalla società. In questo modo, non è più solo una giovane donna limitata dalle aspettative esterne, ma una soldatessa capace di affrontare sfide e mostrare resilienza. Diventando soldato, Emma non solo ha abbracciato una nuova identità, ma ha superato anche gli stereotipi di genere e le aspettative legate alla vita civile. L’esercito rappresenta uno spazio in cui può affermare la propria forza e determinazione.
Allo stesso modo, anche Ida sembra finalmente realizzarsi, essendosi «liberata dalle sue limitazioni» (Stern e Strand 2022). La soldatessa-Ida ha infranto le norme di genere che non era riuscita a superare nella vita civile. L’esercito le consente di «essere semplicemente sé stessa», un’identità caratterizzata da forza fisica ed emotiva, disciplina, sacrificio e lealtà verso la Svezia e i compagni soldati. La testimonianza di Younes sulla sua «trasformazione» militare (Collins 2018; Deleuze e Guattari 2009) illustra come abbia appreso a vivere in armonia con la natura, un aspetto frequentemente celebrato del servizio militare in Svezia. Nel video, Younes è spesso ritratto mentre partecipa a esercitazioni e attività all’aperto, immerse in scenari naturali come boschi e montagne, evidenziando la sua connessione crescente con l’ambiente.
In questo percorso, Younes si evolve in uno svedese «naturalizzato», capace di apprezzare e rispettare il patrimonio naturale, lasciandosi alle spalle una condizione di marginalizzazione malinconica. Da sognatore, egli diventa una persona realizzata, transitando da uno stato di alienazione a uno di “radicamento”, trasformando il suo ruolo da peso sociale a risorsa per la Svezia. La sua testimonianza presenta l’esercito non solo come un ambiente di formazione, ma anche come uno spazio di profonda metamorfosi; attraverso questo viaggio, anche la sua vita civile post-servizio subisce una radicale trasformazione (Wool 2021).
Il video si propone di attrarre minoranze razziali, promettendo una vita svedese ricca di opportunità e priva di debiti, che si apre dopo il servizio militare. La gratitudine espressa da Younes sottolinea un senso di debito verso la nazione svedese, un debito che, secondo lui, può essere ripagato solo attraverso il sacrificio militare.
L’insicurezza di David non gli impedisce di cogliere opportunità come pilota di elicottero. Egli spiega: «Non devi essere un genio per fare il pilota; basta la perseveranza. Ora, ogni volta che indosso il mio casco, mi sento come se stessi sognando. E non riesco a immaginare di fare nient’altro». In questo contesto, l’esercito si configura non solo come un percorso di istruzione, ma anche come un viaggio di scoperta e auto-realizzazione (Riemann e Rossi 2022).
L’esercito come spazio di trasformazione e redenzione
L’esercito si presenta come un luogo di redenzione, quasi uno spazio di grazia celeste, dove le vite dei protagonisti si trasformano in storie di successo e realizzazione personale. Tuttavia, dietro a queste narrazioni di superamento si cela una dimensione più complessa. I protagonisti non sono soltanto figure forti, sicure e affidabili; incarnano anche una qualità quasi ultraterrena.
Queste storie sfidano le convenzioni tradizionali legate a genere, razza, classe, sessualità e abilità. Attraverso il servizio militare, i protagonisti dimostrano che è possibile superare le limitazioni imposte dalla vita civile, trovando in esso opportunità che la società non riesce a garantire.
In The calling, questo passaggio verso l’iper-reale, come descritto da Baudrillard (1994), è simbolicamente rappresentato dalla transizione dai toni pastello, tipici della vita quotidiana, ai colori vividi e contrastanti del verde e del nero militare. Questa metamorfosi visiva riflette il cambiamento radicale che i protagonisti sperimentano.
In My way, invece, la forza di questa trasformazione emerge attraverso l’autorità e la determinazione delle voci narranti. Concludendo le loro storie di superamento delle avversità, i narratori ci fissano intensamente, invitandoci e sfidandoci a osare seguirli nel loro cammino, a diventare come loro e a trovare “la nostra strada”.
Tratto da: Maria Stern e Sanna Strand, The aspirational promise of soldiering: an analysis of military recruitment testimonials, in «Critical Military Studies», Vol. 1 (3), pp. 233-248, 2024.
Traduzione di Francesca Nicola.
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