Si tratta di un’opera di straordinaria attualità, che, attraverso la struttura narrativa di un thriller, pone l’attenzione sullo sconcertante e pericoloso abuso delle nuove tecnologie visive.
La figlia di una giovane coppia scompare all’improvviso. Le indagini della polizia non approdano a nessun risultato e i genitori scivolano in uno stato di sconforto e disperazione. La situazione cambia radicalmente quando la coppia riceve da uno sconosciuto un misterioso DVD che contiene sequenze della loro vita. Qualcuno li sorveglia da tempo e le immagini, spesso inquietanti, cominciano a minare la stabilità della relazione, con la rivelazione di segreti compromettenti e inconfessabili.
Il film trascende rapidamente la vicenda poliziesca, per inabissarsi in un discorso teorico sulla visione. Il rapimento e le sue conseguenze sono solo un pretesto narrativo per una riflessione su una realtà sociale sempre più dominata da tecnologie invadenti, videocamere e smartphone che consentono pericolose intrusioni nella privacy, alimentate anche da un uso sconsiderato dei social media. L’intimità viene irrimediabilmente infranta, svelata, le vite appaiono fragili e permeabili, hackerate senza possibilità di difesa. Gli spazi e i momenti privati possono diventare di dominio pubblico in un attimo, con conseguenze imprevedibili sull’esistenza e sulle relazioni personali e sociali. La tecnologia sembra aver moltiplicato lo sguardo trasformandolo in un mezzo intrusivo. Il punto di vista si frammenta in modo anonimo, quasi senza più appartenere a un soggetto, liquefatto in un flusso comunicativo continuo e incontrollato.
L’ossessione dello sguardo, che da sempre ha permeato il cinema fin dalle origini, si trasforma in una deriva voyeuristica che sembra non conoscere confini o limiti etici. La vulnerabilità dell’esistenza destabilizza, confonde, porta alla luce le zone d’ombra dell’anima, segrete anche per chi ci sta accanto. L’inimmaginabile, l’indicibile, l’oscuro diventano disponibili, tecnologicamente fruibili, creando corti circuiti relazionali, sentimentali ed emotivi con conseguenze incontrollabili.
Yeo Siew Hua ha intrapreso questo percorso sulla scia di grandi autori del passato che hanno messo al centro dell’opera non tanto una storia, quanto il punto di vista sullo svolgimento drammaturgico delle vicende narrative: da L’uomo con la macchina da presa (1929) di Dziga Vertov a La finestra sul cortile (1954) di Alfred Hitchcock, da L’occhio che uccide (1960) di Mike Powell a Blow-Up (1966) di Michelangelo Antonioni, da Barry Lyndon (1975) di Stanley Kubrick, splendido saggio sull’atto di guardare, a Omicidio a luci rosse (1984) di Brian de Palma, da L’occhio indiscreto (1992) di Howard Franklin a One Hour Photo (2002) di Mark Romanek, fino Niente da nascondere (2005) di Michael Haneke e a The voyeurs (2021) di Michael Mohan.
Tutto il cinema è in fondo un’arte dello sguardo, della sua organizzazione e modulazione nel tempo e nello spazio, ma la diffusione delle nuove tecnologie sembra aver ampliato a dismisura le possibilità della visione, oltre le nostre capacità fisiche e il nostro controllo. Non siamo più dietro un obiettivo, ma immersi in un caleidoscopio di punti di vista cangianti, in un frastuono di immagini che modificano profondamente la percezione, il nostro rapporto con la realtà e le altre persone. E tutto con l’intelligenza artificiale che bussa alla porta.
Stanger Eyes
Un film di Yeo Siew Hua
Con Chien-Ho Wu, Lee Kang-sheng, Anicca Panna, Vera Chen, Teo Pete, Xenia Tan.
Produzione: Francia, Taiwan, USA, 2024
Durata: 125 minuti