L’orientamento: ma non è sempre stata la mission della scuola?

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Facciamo un passo indietro e ripercorriamo la storia recente di quello che potrebbe essere considerato uno degli obiettivi principali dei percorsi di istruzione: formare le persone, cittadini e cittadine, promuovendo la coscienza di sé e del proprio rapporto col mondo. Dal numero 26 de «La ricerca», “Il senso dell’orientamento”

L’uscita delle Linee guida per l’orientamento nel dicembre del 2022, con applicazione a partire dall’anno scolastico 2023/24, richiede alle scuole una riflessione attenta sul significato dell’orientamento. Per inquadrare meglio la questione può essere utile ripercorrere alcuni nodi fondanti espressi dalle normative precedenti.

Il D.M. 9 febbraio 1979, che stabiliva i nuovi Programmi, orari di insegnamento e prove di esame della scuola media, traccia un profilo esauriente e sistematico della nuova scuola media, e ne mette in risalto le caratteristiche specifiche ai fini dell’orientamento.

Tale peculiarità viene, infatti, fortemente evidenziata nella premessa generale, parte I, par. 3 («Principi e fini generali della scuola media»). Essa viene così definita:

  • Scuola della formazione dell’uomo e del cittadino, che favorisce la «progressiva maturazione della coscienza di sé e del proprio rapporto con il mondo esterno»;
  • Scuola che colloca nel mondo e che aiuta l’alunno «ad acquisire progressivamente una immagine sempre più chiara e approfondita della realtà sociale» e «a comprendere il rapporto che intercorre tra le vicende storiche ed economiche, le strutture, le aggregazioni sociali e la vita e le decisioni del singolo»;
  • Scuola orientativa, «in quanto favorisce l’iniziativa del soggetto per il proprio sviluppo e lo pone in condizione di conquistare la propria identità di fronte al contesto sociale tramite un processo formativo continuo» e tende al «consolidamento di una capacità decisionale che si fonda su una verificata conoscenza di sé»1.

Con la Direttiva Ministeriale sull’orientamento n. 487 del 6 agosto 1997, si stabilisce che l’orientamento costituisce parte integrante del processo educativo e formativo a partire dalla scuola dell’infanzia:

  • si attribuisce all’orientamento un valore formativo, finalizzato allo sviluppo delle competenze di autorientamento e all’empowerment dei soggetti;
  • l’orientamento diventa parte integrante dei curricoli di studio e del processo educativo e formativo della scuola a partire dall’infanzia.

La prima iniziativa del Ministero della Pubblica Istruzione in seguito a tale direttiva è la nota del 19 dicembre 1997 intitolata “PROGETTO ORIENTAMENTO E CONTINUITÀ – OR.M.E. ORientamento nella scuola Materna ed Elementare”. Accogliendo l’invito esplicito di considerare l’orientamento «parte integrante dei curricoli di studio e, più in generale, del processo educativo e formativo sin dalla scuola dell’infanzia» (D.M. 487/1997), la Direzione Generale Istruzione Elementare e il Servizio per la Scuola Materna dà il via una serie di azioni che mettono in evidenza alcuni capisaldi:

  • continuità: «si ritiene pertanto necessario e urgente diffondere la nuova cultura dell’orientamento al fine di dare corso a iniziative concrete nelle scuole di ogni ordine e grado, iniziative che dovendo fondarsi sul presupposto teorico dell’orientamento come processo continuativo, nella loro realizzazione dovranno comprendere un reale coordinamento fra gradi di scuole contigui. In considerazione di ciò è necessario che pur nell’attuale segmentazione della scuola in ordini diversi si realizzi una continuità d’interventi congruente con la continuità della persona e della sua crescita»;
  • dalla parte delle bambine e dei bambini: «realizzare un progetto di orientamento scolastico che coinvolga la scuola materna e la scuola elementare significa individuare il carattere formativo e processuale dell’orientamento, significa sottolineare che l’apprendimento tutto, anche quello più precoce, concorre a formare individui in grado di elaborare un proprio progetto di vita, di saper scegliere responsabilmente e razionalmente, sulla base di una matura consapevolezza delle proprie propensioni e possibilità, di fare valutazioni serie e razionali delle situazioni, di saper decidere anche in condizioni di scarse conoscenze»;
  • strumenti «che aiutino le bambine e i bambini di oggi a vivere la globalizzazione come risorsa e a contribuire alla trasformazione della società del bisogno nella società delle opportunità».

Entrato nel vivo del suo percorso attuativo con il Seminario nazionale, tenutosi nel novembre 1998 nella scuola polo nazionale – il Circolo didattico di Follonica, in provincia di Grosseto –, e con la successiva individuazione di scuole e centri territoriali di coordinamento, il progetto OR.M.E. ricorre a una pluralità di approcci e strumenti che hanno in comune l’intento di coinvolgere i diversi attori – dirigenti, docenti, responsabili amministrativi e genitori – in un percorso di trasformazione del sistema scolastico, secondo i principi della ricerca-azione.

Ecco che si cominciano a delineare elementi che saranno i punti cardine dell’azione delle scuole che attivano processi e percorsi di orientamento con i loro studenti: la co-progettazione, il lavoro in rete, l’uso sistematico della formazione per aumentare la consapevolezza culturale e la capacità di cooperare delle diverse figure professionali.

La didattica si delinea come didattica orientativa, come uno strumento di empowerment dell’individuo. La didattica orientativa viene definita nelle Linee guida in materia di orientamento lungo tutto l’arco della vita, emanate dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel 2009, come «una didattica laboratoriale (componente strutturale dell’offerta formativa e non episodica) fondata sul coinvolgimento attivo degli studenti, centrata su attività concrete (anche manuali) connesse con la quotidianità dei bambini/ragazzi, volta a realizzare un prodotto/esito concreto, interdisciplinare, volta a produrre informazioni e competenze anche riferite al mondo del lavoro».

La didattica corrente, pertanto, acquisisce funzione orientativa se il docente accompagna, stimola e supporta lo studente nel processo di apprendimento. Questo accade però solo se il processo di apprendimento è concepito come un percorso continuo di ricerca e scoperta, in cui la o lo studente è protagonista attiva/o e si esercita nell’assumere decisioni rispetto a un problema, apprende ad applicare le soluzioni individuate e ne valuta l’adeguatezza.

La/lo studente è implicata/o in un processo di decision making costante.

La didattica orientativa deve puntare ai traguardi di apprendimento previsti dalle singole discipline e al tempo stesso deve contribuire intenzionalmente allo sviluppo di competenze orientative, funzionali ad acquisire una capacità di attivazione critica nei confronti dei problemi, di canalizzazione delle energie rispetto a obiettivi, di responsabilizzazione verso gli impegni.

Proviamo a mettere in evidenza alcuni elementi chiave per procedere nella direzione della didattica orientativa recuperando gli elementi sopra descritti:

  • lavorare in continuità, attraverso una progettazione a partire dalla scuola dell’infanzia;
  • rafforzare il raccordo tra il primo e il secondo ciclo di istruzione;
  • effettuare azioni intenzionali e progettate consapevolmente;
  • progettare per competenze.

Il curricolo è lo snodo principale per la realizzazione di una didattica orientativa.

Il DPR 275/99, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, consente alle istituzioni scolastiche di definire il proprio curricolo attraverso l’esercizio dell’autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo, quindi consente alle scuole di organizzare il proprio curricolo in modo che la visione di scuola orientativa diventi l’asse portante dell’azione educativa, e permette di rivoluzionare l’impostazione didattica e metodologica, dal momento che si passa dalla logica dei programmi alle Indicazioni nazionali per ogni ordine di scuola, sia del primo ciclo sia della secondaria di secondo grado.

Il curricolo verticale è il cuore della progettualità scolastica. Si tratta di costruire, negli Istituti Comprensivi per gli studenti e le studentesse dai 3 ai 14 anni e nella scuola secondaria di secondo grado dai 14 ai 19 anni, un percorso con una logica di continuità verticale, di creare un itinerario di lavoro che individui un filo conduttore orientante che garantisca la piena consapevolezza di sé e delle proprie competenze.

Ecco che il nodo della questione diventano le competenze. Un approccio per competenze mette al centro il soggetto, si focalizza sugli obiettivi di apprendimento che dovrebbe conseguire e cerca le azioni didattiche appropriate. Al tempo stesso crea le condizioni per consentire a ogni studente di realizzare pienamente le proprie capacità dimostrando, attraverso i comportamenti adottati, ciò che realmente ha imparato a fare, a pensare e a dire nel percorso formativo dalla scuola dell’infanzia.

Ma come si costruisce un curricolo verticale orientativo?

È di fondamentale importanza lavorare tutti insieme: non un compito affidato ad un piccolo gruppo di docenti, ma un compito per tutto il collegio dei docenti. Quindi docenti che lavorano suddivisi per dipartimenti disciplinari in verticale: tutti coinvolti nel percorso e nel processo, tutti responsabili del prodotto.

In un Istituto Comprensivo, per esempio, i vari ordini e gradi di scuola, pur nella diversità, sono strettamente connessi l’un l’altro.

Per ogni disciplina, partendo dai traguardi di competenza, possono essere definiti gli obiettivi di apprendimento dai tre anni della scuola dell’infanzia alla classe terza della scuola secondaria di primo grado, tenendo presente due elementi fondamentali:

  • rispetto degli obiettivi di apprendimento già definiti dalle Indicazioni Nazionali;
  • costruzione di un percorso in continuità.

Il curricolo verticale fissa gli obiettivi di apprendimento e i traguardi di competenze per ogni annualità in un’ottica di sviluppo progressivo e verticale che attraversa le dimensioni nelle quali si struttura la conoscenza e propone un percorso curricolare condiviso, unitario, graduale, coerente, continuo e progressivo:

  • infanzia ‒ campi di esperienza
  • scuola primaria ‒ ambiti disciplinari
  • scuola secondaria di I grado ‒ discipline.

Si tratta di individuare linee culturali comuni per giungere alla definizione di veri e propri obiettivi cerniera su cui lavorare in modo coordinato, rispettando le differenze di ogni ordine e grado di scuola. La scelta degli obiettivi per competenze, come complesso processo delle tappe e delle scansioni dell’apprendimento, è una parte essenziale del curricolo. La loro natura prenderà in considerazione le metodologie innovative che i docenti sapranno mettere in campo, individuando strumenti e ambienti adeguati.

È necessario superare la logica delle programmazioni disciplinari a favore di una progettazione organica e integrata, che si struttura a più livelli e che opera secondo una didattica a spirale, in modo che i concetti vengano ripresi e approfonditi negli anni. Si tratta di progettare percorsi sulla base di criteri di gradualità rispetto ai bisogni formativi individuali, che abbiano elementi di continuità trasversale e longitudinale2.

Con l’istituzione di moduli orientativi, previsti dalle Linee guida del dicembre 2022, la didattica orientativa assume un valore ancora più forte, in quanto istanza che impregna tutto il curricolo scolastico e attraversa trasversalmente le diverse discipline, in un processo costante che accompagna l’apprendimento e la crescita delle persone.

Le/gli insegnanti devono avere sempre presente il “filo rosso” che guida le loro attività. Nella didattica orientativa la consapevolezza del ruolo che ogni azione formativa assume nel percorso è di fondamentale importanza e intenzionalità è la parola chiave.

In questa ottica è importante avere chiaro che i moduli orientativi, le 30 ore previste dalle Linee guida per ogni anno della secondaria di primo e secondo grado, non devono costituire un’aggiunta, un adempimento in più: semmai sono momenti di approfondimento, di ulteriore riflessione. Momenti in cui si porta a sistema il percorso che viene svolto quotidianamente.

I moduli non vanno intesi come il contenitore di una nuova disciplina o di una nuova attività educativa aggiuntiva e separata dalle altre. Sono invece uno «strumento essenziale per aiutare gli studenti a fare sintesi unitaria, riflessiva e interdisciplinare della loro esperienza scolastica e formativa, in vista della costruzione in itinere del personale progetto di vita culturale e professionale, per sua natura sempre in evoluzione». In generale è possibile affermare che la scuola dovrebbe proporre una didattica orientativa nella sua prassi quotidiana e che i moduli di 30 ore dovrebbero configurarsi come momenti di approfondimento, come opportunità per i ragazzi e le ragazze di riflettere sulle proprie competenze orientative.

Per concludere questa riflessione, appare opportuno evidenziare ancora due questioni che giocano un ruolo essenziale nel progettare una scuola orientativa.

In primo luogo il PTOF – Piano triennale dell’Offerta Formativa – istituito dall’art. 3 del DPR 275/99 e ripreso dalla Legge 107/2015 Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti, dove viene definito come «il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche che esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa e organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia. Il piano è coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi, determinati a livello nazionale […], e riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione territoriale dell’offerta formativa».

Ecco che ogni collegio dei docenti può trasformare la stesura (o la revisione annuale) del PTOF da un adempimento formale a un momento di riflessione: a che punto siamo rispetto alla didattica orientativa?

La seconda questione è la costruzione di una rete solidale con il territorio, o come meglio viene definita oggi, la costruzione di “patti educativi di comunità”.

Se la comunità educante può essere definita come l’insieme degli attori territoriali che si impegnano a garantire il benessere e la crescita delle ragazze e dei ragazzi (si veda il rapporto di Save The Children del 2020), costruire patti educativi di comunità può essere considerata l’evoluzione del concetto di rete con il territorio.

Ne dà indicazione il Ministero dell’Istruzione nel Documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le Istituzioni del Sistema nazionale di Istruzione per l’anno scolastico 2020/2021, emanato per la riapertura delle scuole nel periodo del Covid.

In cosa consiste un patto educativo di comunità? Quali sono gli elementi che lo costituiscono?

Non ci sono regole definite, ma un buon inizio potrebbe essere attivare un processo integrato tra pubblico (istituti scolastici, amministrazione comunale, aziende sanitarie locali) e privato/terzo settore (associazioni, società sportive e di volontariato, imprese, cooperative ecc.) e condividere alcuni di questi elementi3:

  • valorizzare e rafforzare la scuola pubblica: individuare processi educativi e formativi che possano diventare pratiche quotidiane anche al di fuori della scuola, che escano dalle stanze e dal tempo in cui i docenti le praticano per diventare patrimonio comune;
  • pensare a percorsi di continuità educativa da 0 a 18 anni orientati sulla valorizzazione delle diversità dei vari soggetti: l’ente locale dovrebbe assumere un ruolo di regia per promuovere una rete di servizi educativi e scolastici in grado di configurare una continuità formativa basata su omogeneità di obiettivi e di offerte, garantendo però nello stesso tempo il rispetto delle diversità di stili e modelli pedagogici di riferimento;
  • creare un sistema di relazioni coordinato e disciplinato: provare a delineare degli obiettivi comuni ai quali si chieda liberamente di contribuire, monitorandone però i percorsi e scegliendo quelli che si ritengono essere i più efficaci; può diventare una sana prassi di crescita e di ricerca della qualità;
  • mettere a valore i percorsi già avviati tra l’ente pubblico e la scuola: delineare alcuni progetti che sono cresciuti fino a diventare autonomi e renderli pratica quotidiana;
  • definire una strategia dell’orientamento: il tema dell’orientamento è di fondamentale importanza per definire le politiche formative;
  • favorire il protagonismo e la partecipazione attiva delle fasce d’età più grandi: non è sufficiente costruire legami forti con le scuole primarie e secondarie di primo grado, ma è necessario avviare un dialogo di co-progettazione e compartecipazione con le fasce di età più grandi (scuola superiore) affinché si possa costruire un rapporto di fiducia e in particolare si offrano opportunità di costruzione di luoghi di aggregazione giovanile;
  • favorire la nascita di spazi di aggregazione giovanile, di supporto allo studio, di cura delle fragilità, di sportello informativo (per ragazzi, famiglie, insegnanti, educatori…): costruzione di uno spazio ibrido capace di fornire una moltitudine di servizi al cittadino il più diversificati possibile. Oggi le nuove generazioni si confrontano più facilmente con spazi ibridi, non definiti, nei quali si sentono maggiormente a loro agio e proprio per questo diventa importante inserirvi servizi particolari a cui altrimenti non avrebbero accesso (consultori, psicologi, ma anche orientamento al lavoro o all’università…);
  • sviluppare nuovi modelli di didattica: favorire il ripensamento di alcune modalità di educazione

Attuare le Linee guida per l’orientamento, pertanto, non è un nuovo adempimento, ma la costruzione di un percorso scritto a più mani, che permette a soggetti diversi, con compiti istituzionali diversi, di intervenire in rete per rispondere ai bisogni degli studenti e delle studentesse e in senso più ampio dei cittadini, sostenendo:

  • la centralità dell’individuo;
  • la centralità della collaborazione e la cooperazione tra servizi;
  • il potenziamento, la crescita, lo sviluppo continuo della dimensione orientativa della scuola e non solo.

Agendo in tal modo, sarà possibile realizzare quanto previsto dall’art.1 delle Linee guida stesse: «attuare la riforma dell’orientamento, disegnata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ha la finalità di rafforzare il raccordo tra il primo ciclo di istruzione e il secondo ciclo di istruzione e formazione, per una scelta consapevole e ponderata, che valorizzi le potenzialità e i talenti degli studenti, nonché di contribuire alla riduzione della dispersione scolastica e di favorire l’accesso alle opportunità formative dell’istruzione terziaria», e ottemperare alla mission di sempre della scuola: essere una scuola orientativa.


NOTE

  1. Si veda L’orientamento nella scuola media, in “Annali della Pubblica Istruzione”, n. 62, Le Monnier, Firenze 1993.
  2. Si veda P. Brunello e G. Guglielmini, Normativa e governance: strumenti della dirigenza scolastica per orientare, in G. Guglielmini e F. Batini (a cura di), Orientarsi nell’Orientamento, il Mulino, Bologna 2024, pp. 159-161.
  3. Gli elementi sono tratti dal patto educativo di comunità che si sta concretizzando nel territorio di Follonica, comune della Provincia di Grosseto.
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Paola Brunello

è dirigente dell’Istituto Comprensivo “Leopoldo II di Lorena” di Follonica. Ha coordinato la Conferenza Provinciale per l’Orientamento delle Scuole della Provincia di Grosseto e collabora all’organizzazione del Convegno “Le storie siamo noi”, convegno biennale sull’orientamento Narrativo. Ha pubblicato insieme a Giulia Guglielmini Normativa e governance: strumenti della dirigenza scolastica per orientare, in “Orientarsi nell’Orientamento”, a cura di G. Guglielmini e F. Batini, il Mulino, Bologna 2024.

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