Riscrivere la propria storia

Tempo di lettura stimato: 21 minuti
Attraverso la terapia narrativa i consulenti scolastici possono guidare gli studenti a creare una nuova narrazione di sé.  Dal dossier del numero 26 de «La ricerca», “Il senso dell’orientamento”.
iStockphoto

Negli anni Cinquanta, le scuole alternative hanno cominciato a diffondersi come risposta alle difficoltà delle istituzioni scolastiche tradizionali nel farsi carico delle esigenze educative di alcuni studenti (Caroleo, 2014). Gestite dai distretti scolastici o dalle autorità statali, sono state concepite principalmente per gli studenti con difficoltà di apprendimento e problemi emotivi o comportamentali, a rischio di abbandono scolastico o bisognosi di un approccio educativo personalizzato (Porowski, O’Conner e Luo, 2014). Al contrario, le scuole tradizionali sono istituzioni pubbliche gestite dai distretti scolastici, e gli studenti vengono ammessi principalmente in base alla loro residenza nel distretto scolastico e all’età, senza un processo selettivo basato sulle loro esigenze educative individuali (Turton et al., 2011).

Secondo il National Center for Education Statistics, il 64% dei distretti scolastici negli Stati Uniti ospita almeno una scuola o un programma alternativo per studenti che non si adattano ai contesti scolastici tradizionali (Carver, Lewis e Tice, 2010). In totale, i programmi alternativi negli Stati Uniti servono circa 645.500 studenti di scuola superiore, con una significativa percentuale di studenti di colore, oltre un terzo del totale (Carver et al., 2010).

Nonostante le scuole alternative riescano a ridurre i tassi di abbandono scolastico, a promuovere approcci educativi alternativi e a preparare gli studenti al loro futuro universitario (Hoye & Sturgis, 2005), molti ragazzi alla fine ritornano a un ambiente scolastico tradizionale. Il 63% dei distretti scolastici ha politiche che permettono agli studenti di tornare in una scuola tradizionale se mostrano miglioramenti comportamentali, motivazione al ritorno o progressi nelle performance scolastiche e se hanno il benestare sia del personale delle scuole alternative sia di quelle tradizionali (Carver et al., 2010).  Il 68% circa degli alunni inseriti in programmi alternativi alla fine ritorna a frequentare una scuola tradizionale (Carver et al., 2010).

Una difficile transizione 

La transizione dalle scuole alternative a quelle tradizionali può essere difficile, in quanto può comportare discriminazione, difficoltà sociali e preoccupazioni scolastiche e personali (McNulty, Roseboro, 2009).

Questo vale particolarmente per gli adolescenti, che nel ritorno alle scuole tradizionali devono riadattarsi a un ambiente più grande e più dispersivo di quello delle scuole alternative. Le scuole tradizionali infatti generalmente hanno un numero maggiore di studenti, una struttura più complessa e una varietà di programmi e attività più ampia rispetto a quelle alternative, che di solito sono più piccole e offrono un ambiente più controllato e personalizzato.

Gli studenti che ritornano nelle scuole tradizionali affrontano livelli elevati di stress e ansia, dovuti alla discontinuità dell’ambiente educativo e alla necessità di adattarsi alle nuove dinamiche (Benner & Graham, 2009).

Per i ragazzi afroamericani e latini, che spesso costituiscono una minoranza nelle scuole tradizionali, l’esperienza di transizione può essere ancora più stressante, per via del senso di disorientamento e della percezione di non appartenenza che possono sentire. La mancanza di rappresentanza e supporto da parte della comunità scolastica può accentuare questi sentimenti negativi. Inoltre, possono sorgere tensioni culturali e sociali che rendono il passaggio ancora più difficile. Lo spaesamento spesso genera isolamento, rabbia ed emarginazione (Lagana-Riordan et al., 2011).

La terapia narrativa

La terapia narrativa si basa sull’idea che la realtà sia soggettiva e che i problemi siano influenzati da fattori sociali e culturali (Combs & Freedman, 2012).

In altre parole, anziché considerare i problemi come entità oggettive e indipendenti, questo approccio riconosce che le persone attribuiscono un senso alla realtà attraverso storie e narrazioni personali, a loro volta influenzate dalle loro esperienze e convinzioni e dai contesti culturali in cui vivono. Il presupposto è che i problemi non siano fissi o universali, ma nascano da interazioni complesse tra gli individui e il loro ambiente sociale e culturale.

Terapia narrativa e giustizia sociale 

La terapia narrativa si focalizza sulla rielaborazione delle narrazioni personali delle persone negative o limitanti, riscritte in modo da evidenziare i propri punti di forza e la propria resilienza. In altre parole, la terapia narrativa mira a guidare le persone a reinterpretare le loro esperienze in modo più positivo e costruttivo, consentendo loro di affrontare i problemi in modo più efficace e di sviluppare una prospettiva più ottimistica sulla loro vita (Murdock et al., 2012).

Un concetto fondamentale della terapia narrativa è quello della separazione dei problemi dalla persona (Combs e Freedman, 2012). Questo implica il tentativo di distanziare gli individui dai problemi che stanno affrontando, consentendo loro di percepirli non come parte integrante della propria identità, ma come fenomeni separati che possono essere analizzati e risolti.

La terapia narrativa considera anche la dimensione sociale; si propone di decostruire i messaggi culturali dominanti che possono contribuire ai problemi degli individui. In questo senso si configura come una pratica di giustizia sociale: aiuta gli individui a riconoscere e affrontare le ingiustizie presenti nel contesto culturale e sociale in cui vivono.

Costruzione del rapporto 

Il processo della terapia narrativa si articola in diverse fasi. Il primo passo consiste nella costruzione di un rapporto terapeutico solido e di fiducia tra terapeuta e studente. Questo ambiente sicuro e accogliente fornisce la base necessaria per esplorare le esperienze del paziente in modo aperto e onesto. Allo stesso modo, il consulente scolastico deve adottare una posizione collaborativa che permetta allo studente di essere l’esperto della propria storia (White, 1994). Egli dimostrerà collaborazione dando priorità all’ascolto rispetto al fare domande e mostrando apertura e accettazione verso le intenzioni e i valori dell’alunno.

Esteriorizzazione del problema

Una volta instaurata una relazione collaborativa, si procede con l’esplorazione della narrazione dominante: il terapeuta incoraggia lo studente a raccontare la sua storia in modo dettagliato, identificando le narrazioni dominanti che possono influenzare i suoi problemi e la sua visione del mondo. Questa fase aiuta a mettere in luce i modelli di pensiero e di comportamento che possono essere diventati problematici.

È cruciale che il consulente aiuti lo studente a percepirsi come distinto e separato dal problema, attraverso domande mirate su come il problema ha influenzato le sue esperienze di vita e relazionali, ponendo domande quali “Come ti senti rispetto alle conseguenze della tua rabbia sulle relazioni? Quali fattori hanno contribuito al senso di disagio che hai sperimentato durante la transizione da una scuola all’altra?” (White, 1995).

Questo dialogo aiuta lo studente a sviluppare un senso di controllo sulla sua vita e di agency, aprendo la possibilità di trasformare la storia dominante, caratterizzata dalla presenza di un problema. In questo modo egli può percepirsi come autore della propria storia, non solo come semplice spettatore o coautore (Madigan, 2004).

Ricerca delle eccezioni e delle risorse

Il terapeuta a questo punto guida il ragazzo o la ragazza nella ricerca di momenti o esperienze che sfidino la narrazione dominante e mettano in evidenza i suoi punti di forza, le risorse e le capacità di fronteggiare le difficoltà. Questo processo aiuta a costruire una nuova prospettiva su sé stessi, più equilibrata e resiliente.

Per favorire lo sviluppo di un senso di agency, è cruciale che gli studenti identifichino le eccezioni, cioè i momenti in cui il problema non si è manifestato ed essi si sono invece sentiti responsabilizzati. Il consulente dovrebbe incoraggiarli a riconoscere le azioni, le motivazioni e le credenze presenti in questi momenti che si discostano dalla narrazione dominante e hanno portato a risultati diversi e unici. Ad esempio, potrebbe chiedere: “Riesci a ricordare un momento in cui questo problema non ha avuto un impatto negativo sulla tua vita?”. Questo dovrebbe aiutare i ragazzi a identificare le loro risorse personali e a rafforzare la fiducia nelle loro capacità di affrontare le avversità (White, 1995).

Approfondimento della storia

Per riconoscere la complessità della storia di uno studente bisogna mettere in moto un processo di “approfondimento”. Nel contesto della terapia narrativa è importante distinguere tra rappresentazioni thin e thick. Le rappresentazioni “sottili” (thin) sono poco strutturate, deboli e poco influenti sulla vita di una persona. Spesso si concentrano principalmente su caratteristiche generali come l’età, il genere, l’etnia o la disciplina di studio, senza tener conto della ricchezza e della varietà dell’esperienza umana. Al contrario, le rappresentazioni “dense” (thick) includono descrizioni contestualizzate, dinamiche e interpretative delle persone e dei loro contesti sociali. Attraverso le rappresentazioni dense è possibile comprendere i valori, le credenze, le intenzioni, le aspettative e le motivazioni dello studente (White, 1994). Per ottenere questo risultato è importante incoraggiarlo a riflettere sul significato che egli attribuisce a determinati eventi, esaminando le implicazioni che questi hanno avuto sulle sue relazioni passate. Le informazioni emerse in questo processo possono essere utilizzate dal consulente per guidare lo studente a riflettere in modo più approfondito e consapevole sulla sua storia.

Riscrittura della storia

In una successiva fase della terapia, terapeuta e studente collaborano per riscrivere la storia del secondo in modo più costruttivo e liberatorio. Utilizzando tecniche narrative creative, si esplorano nuove interpretazioni, significati alternativi e possibilità di cambiamento.

Il consulente metterà in evidenza gli aspetti della narrazione trascurati dell’alunno, che spesso sono stati oscurati o ignorati dalla narrazione dominante e che diventeranno il punto di partenza per creare o migliorare una nuova narrazione. Questo permetterà al ragazzo di allontanarsi dal passato e di avvicinarsi alla persona che desidera diventare. Il consulente terapeutico accompagna lo studente in questo viaggio, aiutandolo a comprendere e a dare forma alla sua nuova storia, in un modo che rispecchi i suoi valori, obiettivi e aspirazioni (Hall, McLean e White, 1994).

Ricerca di testimoni 

Una volta che una nuova narrazione più positiva è stata identificata e sviluppata, il terapeuta aiuta lo studente a incorporarla in modo efficace nella sua vita quotidiana.

Una delle strategie utilizzate è la ricerca di testimoni, che consiste nel coinvolgere membri significativi della comunità per convalidare e sostenere la nuova narrazione. Quando persone esterne, come amici, familiari o altri membri della comunità, riconoscono e supportano la trasformazione personale, la fiducia e la motivazione nel continuare a seguire il nuovo percorso aumentano (White, 1995). Il sostegno e la validazione dalla comunità sono particolarmente importanti perché possono proteggere gli studenti dalla ricaduta nei vecchi modelli di comportamento e aiutarli a superare le sfide che possono emergere durante il processo di adozione della nuova narrazione. Il sostegno esterno offre loro una rete di supporto significativa che li incoraggia a perseverare nei cambiamenti positivi e a mantenere una visione ottimistica del futuro.

Scrittura 

L’uso della scrittura per consolidare i progressi ottenuti è un elemento cruciale all’interno della pratica della terapia narrativa. Questa tecnica offre un modo tangibile per riflettere sui processi di apprendimento e trasformazione durante il percorso terapeutico. Scrivere lettere o messaggi consente di interiorizzare in modo più profondo gli insegnamenti e le scoperte emersi durante le sedute.

Attraverso la scrittura gli studenti hanno l’opportunità di approfondire in dettaglio la natura esterna di un problema specifico, descrivendolo con precisione e riflettendo sull’effetto che ha avuto su di loro. Mettere nero su bianco le proprie esperienze e i propri pensieri può aiutare a individuare strategie per affrontarlo in modo più efficace. In base alla ricerca di McKenzie e Monk (1997), l’uso di questa tecnica si è dimostrato efficace nel supportare il processo terapeutico e nel favorire la crescita personale degli studenti.

Illustrazione di un caso 

Derrick, un ragazzo afroamericano di 14 anni, sta attraversando una difficile transizione da una scuola alternativa a una tradizionale. Ora si ritrova in un ambiente in cui gli studenti bianchi costituiscono la maggioranza, seguiti da afroamericani, latini e altri. Questa diversità ha aumentato il suo senso di isolamento e la percezione di essere trascurato dagli insegnanti.

La madre di Derrick, impegnata con due lavori per sostenere la famiglia, si sente sopraffatta dalla situazione e fa del suo meglio per fornire supporto al figlio. Tuttavia, Derrick deve affrontare anche episodi di razzismo e discriminazione, che hanno ulteriormente alimentato il suo senso di emarginazione. Questi problemi hanno avuto un impatto significativo sul suo rendimento scolastico e sulla motivazione ad andare a scuola. Nonostante i test psicologici confermino la sua “normalità” in termini di QI e capacità emotive, la sua situazione scolastica complessiva continua a peggiorare.

Il padre è poco presente e la madre si sente impotente nel fronteggiare la situazione. Derrick, nel frattempo, continua a mostrare segni di disagio e alienazione, come evidenziato dalle sue frequenti assenze scolastiche.

Prima sessione: identificazione del problema

Durante la prima sessione il consulente scolastico si impegnerà ad ascoltare la storia di Derrick, senza emettere giudizi. Ponendo domande aperte lo guiderà a identificare e a dare un nome al problema che sta affrontando. Per aiutarlo a definire o nominare il problema, utilizzerà domande a risposta aperta, come ad esempio “Quali pensi siano le difficoltà che stanno influenzando la tua vita?” (Lambie e Milsom, 2010). Questo tipo di domanda permette al ragazzo di esplorare e identificare le sfide che sta affrontando, senza sentirsi limitato da risposte predefinite.

Insieme, Derrick e il consulente scolastico cercheranno di dare un nome al problema, avviando il processo di separazione di Derrick dal problema stesso. In questo caso il problema viene identificato come legato alle “abitudini inutili” (Madigan, 2011), indicando che le difficoltà del giovane sono associate a comportamenti o modelli di pensiero che potrebbero non essere più utili o funzionali nella sua attuale situazione.

Seconda sessione: esteriorizzazione del problema

Nella seconda sessione il consulente continua a guidare Derrick nel processo di esternalizzazione del problema, consentendogli di separare nettamente le “abitudini non utili” dalla sua persona. Per favorire questa separazione, lo incoraggia a creare un simbolo che rappresenti le “abitudini non utili”. Questo simbolo può essere un’immagine o un oggetto concreto che rappresenti visivamente il problema. Durante la sessione, Derrick ha l’opportunità di aggiungere elementi al simbolo, riflettendo sulle caratteristiche o sugli aspetti delle abitudini non utili che vuole esplorare o modificare.

Questo processo gli consentirà di distanziarsi dal problema. Creando un simbolo tangibile per le “abitudini non utili”, egli inizierà a prendere coscienza del problema in modo più distaccato e concreto, rendendolo più gestibile e suscettibile di cambiamento.

Al termine della sessione, il simbolo potrà essere utilizzato come riassunto visivo del lavoro svolto e dei progressi compiuti. Derrick lo potrà portare con sé come un promemoria tangibile del suo impegno nel superare le “abitudini non utili” e nel lavorare per realizzare un cambiamento positivo.

Un’importante strategia utilizzata per esteriorizzare il problema durante il processo terapeutico è l’articolazione di domande mirate (Madigan, 2011; White, 1995). Il consulente scolastico porrà domande che aiutano l’alunno a riflettere sul modo in cui le “abitudini non utili” influenzano la sua vita. Ad esempio, potrebbe chiedere a Derrick quanto tempo ha vissuto con queste “abitudini non utili”, o come sia stato persuaso ad adottarle. Inoltre, potrebbe chiedere di riflettere sui potenziali benefici che crede di aver ottenuto da queste “abitudini non utili”, o su come esse influenzino i rapporti con gli insegnanti e i compagni di classe. Domande come queste permettono a Derrick di esplorare le implicazioni delle sue “abitudini non utili” e il loro impatto sul suo benessere generale.

Infine, il consulente potrebbe chiedere a Derrick quanto dolore pensa che le “abitudini inutili” gli abbiano causato nel tempo. Questa domanda mira a far emergere le emozioni e i sentimenti legati al problema.

Terza sessione: individuare le eccezioni

Una volta che Derrick ha acquisito la consapevolezza che il problema è separato dalla sua identità, il consulente scolastico si concentrerà sulle eccezioni, cioè sui comportamenti che mettono in discussione la narrazione delle “abitudini non utili”. Durante la terza sessione, egli porrà a Derrick domande mirate a esplorare queste eccezioni. Ad esempio, chiederà di descrivere un momento in cui ha superato le “abitudini non utili” e cosa lo ha motivato a farlo (White, 1994). Oppure chi o cosa lo ha supportato in questo processo di cambiamento, o quando ha realizzato che il suo cambiamento ha portato a un’esperienza diversa. Queste domande aiuteranno Derrick a riflettere su come ha affrontato e superato le difficoltà legate alle “abitudini non utili”, evidenziando i suoi punti di forza e le sue risorse.

Per mantenere Derrick focalizzato sulla narrazione delle “abitudini utili”, il consulente gli chiederà di registrare ogni occasione in cui egli metterà in atto tali abitudini prima della sessione successiva. Un esercizio che permette al ragazzo di monitorare i progressi e di riflettere sulle sue capacità di adottare comportamenti più positivi e funzionali.

Quarta sessione: re-authoring 

All’inizio della quarta sessione il consulente scolastico chiederà a Derrick di condividere l’elenco delle “abitudini utili” che ha identificato, e di ripercorrere i momenti della settimana in cui ha messo in pratica queste abitudini (ad esempio se ha salutato un suo compagno, o si è rivolto con gentilezza a un insegnante).

Si concentrerà specificamente sui successi di Derrick, ponendo domande quali “Come sei riuscito a trascorrere la giornata senza che le abitudini non utili ti disturbassero?”, o “Come hai fatto a evitare che le abitudini non utili ti creassero problemi?” (Madigan, 2011).

Enfatizzerà il processo di re-authoring (riscrittura della propria storia, N.d.T), ponendo domande come “Cosa ti dice questo di te stesso?” o “Vedi queste abitudini utili come positive o negative per te… E come?”; e ancora “Puoi immaginare di continuare queste abitudini nei prossimi giorni/settimane/mesi?”.

Man mano che Derrick fornisce risposte positive, il consulente scolastico porrà ulteriori domande che l’aiutino a sviluppare una nuova storia, per esempio individuando alcune persone che potrebbero sostenere la sua nuova narrazione: “chi sarebbe meno sorpreso del fatto che stai utilizzando queste abitudini utili?”, o “chi potrebbe aver notato per primo le tue abitudini utili?”.

Infine, nella parte conclusiva della sessione, il consulente incoraggerà Derrick a elaborare una linea temporale per il mese successivo, insieme a un piano d’azione per condividere la sua nuova storia con gli altri. Questa linea temporale dovrebbe aiutare Derrick a visualizzare i passaggi necessari per mantenere viva la nuova narrazione nel tempo, indicando obiettivi concreti da raggiungere e strategie da adottare.

Una volta completata la linea temporale, il consulente chiederà a Derrick se è disposto a condividerla con persone significative della sua vita, come ad esempio sua madre. Questa fase del processo è cruciale, perché coinvolge l’invito di testimoni esterni alla sessione finale, persone che sono importanti per Derrick e che possono supportarlo nel suo percorso di cambiamento.

Le persone invitate alla sessione finale fungeranno da testimoni della nuova storia di Derrick, rafforzando il suo impegno nel mantenere i progressi raggiunti e nel perseguire i suoi obiettivi. Una pratica che non solo fornisce un sostegno sociale importante, ma che rappresenta anche un’opportunità per celebrare i suoi successi e condividere la sua crescita con coloro che gli sono vicini.

Quinta sessione: condivisione della nuova storia

Nell’ultima sessione Derrick ha l’opportunità di condividere la sua nuova storia con un gruppo selezionato di testimoni, ad esempio con sua madre, con alcuni insegnanti o con membri della comunità che lo conoscono bene, figure religiose o altri amici e parenti. I testimoni sono incoraggiati a condividere i loro sentimenti positivi su Derrick e a offrirgli incoraggiamento. Prima di concludere la sessione, il gruppo discuterà sulle migliori strategie per sostenerlo nei prossimi mesi. Il consulente può introdurre questa discussione con una domanda del tipo: “Derrick, di quale tipo di supporto hai bisogno da parte nostra mentre continui a utilizzare le abitudini utili?” (Madigan, 2011).

Collaborare con gli altri stakeholder

I fattori familiari e scolastici possono influenzare significativamente la transizione degli studenti da contesti alternativi. Gli adolescenti che mantengono legami con la scuola, partecipano alle attività di club e organizzazioni sportive e ricevano il sostegno degli insegnanti e dei genitori, oltre a essere meno esposti alla violenza, mostrano risultati più positivi durante il passaggio da scuole alternative a scuole tradizionali (Frey et al., 2009). Per questo motivo coinvolgere tutti gli altri stakeholder (tutte le parti interessate o coinvolte, N.d.T) nel processo narrativo è fondamentale, affinché Derrick riesca a riscrivere la sua storia.

Strategie con i genitori

Un modo per continuare a sostenere Derrick durante e dopo il periodo di passaggio è coinvolgere attivamente i suoi genitori nella terapia narrativa. Il consulente scolastico deve ascoltare attentamente il racconto della madre sugli eventi che hanno portato il figlio a frequentare una scuola alternativa. Allo stesso tempo dovrebbe sollevare domande sulle possibili esperienze di oppressione e depotenziamento che entrambi possono aver affrontato, esplorando molteplici aspetti dell’identità di Derrick, come il suo background etnico, lo status socioeconomico, l’acquisizione del linguaggio o le sue condizioni di salute. Madigan (2011) raccomanda di porre domande come “Pensi che l’appartenenza etnica abbia influenzato il modo in cui Derrick è stato trattato?” oppure “cosa provi nel vedere tuo figlio inserito in un sistema educativo in cui può essere discriminato a causa del colore della pelle?”.

È fondamentale che il consulente mostri empatia e creda nella storia della madre, riconoscendo l’esperienza difficile vissuta e offrendo sostegno per affrontarla. Inoltre, il consulente dovrebbe invitare la donna a individuare alcune azioni concrete che potrebbero far sentire sia Derrick sia lei supportati dalla comunità scolastica.

Per favorire un cambiamento positivo nelle percezioni della comunità scolastica su Derrick, può suggerire di scrivere lettere agli insegnanti e agli amministratori della scuola, evidenziando i problemi di oppressione emersi dalle storie del ragazzo. Infine, può incoraggiare Derrick e la madre a coinvolgere alcuni membri della comunità scolastica, chiedendo loro di scrivere lettere di sostegno e incoraggiamento sui contributi di Derrick alla comunità e sulle sue prospettive di miglioramento. Queste azioni mirano a creare un ambiente di sostegno per Derrick mentre lui continua il suo percorso di crescita e di integrazione nella comunità scolastica.

Strategie con gli insegnanti

Un altro modo per assistere Derrick durante il periodo di transizione è facilitare la relazione con i suoi insegnanti. Il consulente scolastico deve porre domande come: “tra tutti gli insegnanti, chi sarebbe meno sorpreso dal fatto che tu stia mettendo in pratica abitudini utili?” Se consentito, il consulente può invitare questi insegnanti a prendere parte alla nuova storia di Derrick; una volta che egli avrà condiviso con loro la sua nuova storia, gli insegnanti potranno suggerire modi utili per aiutarlo e allo stesso tempo potranno integrare la sua esperienza nelle loro lezioni, trasmettendola ad altri studenti.


Tratto da: N. H. Haskins, L.  Johnson, L. E. Grimes, A. J. Moore, C. Norris-Brown, School counselor use of narrative therapy to support students of color transitioning from an alternative school setting, in «National Youth Advocacy and Resilience Journal», 2(1), pp. 49-60, 2016.

Traduzione di Francesca Nicola.


Bibliografia

  • A. D. Benner, S. Graham, The transition to high school as a developmental process among multiethnic urban youth, in «Child Development», 80, pp. 356–376, 2009.
  • M. Caroleo, An examination of the risks and benefits of alternative education, in «Relational Child & Youth Care Practice», 27, pp. 35–46, 2014.
  • P. R. Carver, L. Lewis, & P. Tice, Alternative schools and programs for public school students at risk of educational failure: 2007–08, U.S. Department of Education, Government Printing Office, Washington, DC 2010.
  • G. Combs & J. Freedman, Narrative, poststructuralism, and social justice: Current practices in narrative therapy, in «The Counseling Psychologist», 40, pp. 1033–1060, 2012.
  • R. Hall, C. McLean, & C. White, Special edition on accountability. Dulwich Centre Newsletter, 2. Dulwich Centre Publications, Adelaide, Australia 1994.
  • J. D. Hoye & C. Sturgis, The alternative pathways project: A framework for dropout reduction and recovery, 2005.
  • C. Lagana-Riordan, J. P. Aguilar, C. Franklin, C. L. Streeter, J. S. Kim, S. J. Tripodi, & L. M. Hopson, At risk students’ perceptions of traditional schools and a solution-focused public alternative school, in «Preventing School Failure», 55, pp. 105–114, 2011.
  • G. W. Lambie & A. Milsom, A narrative approach to supporting students diagnosed with learning disabilities, in «Journal of Counseling & Development», 88, pp. 196–203, 2010.
  • S. Madigan, Child therapy with the experts, Alexander Street Press, Alexandria, VA 2004.
  • S. Madigan, Narrative therapy: Theory and practice, APA Publications, Chicago, IL 2011.
  • W. McKenzie, G. Monk, Learning and teaching narrative ideas, in G. Monk, J. Winslade, K. Crocket, & D. Epston (Eds.), Narrative therapy in practice: The archaeology of hope, Jossey-Bass, San Francisco, CA, 1997, pp. 82–117.
  • C. P. McNulty, D. L. Roseboro, “I’m not really that bad”: Alternative school students, stigma, and identity politics, in «Equity & Excellence in Education», 42, 412–427, 2009.
  • N. L. Murdock, C. Duan, J. E. Nilsson, Emerging approaches to counseling intervention: Theory, research, practice, and training, in «The Counseling Psychologist», 40, pp. 966–975, 2012.
  • A. Porowski, R. O’Conner, J. L. Luo, How do states define alternative education? REL 2014–038, Washington, DC: U.S, Department of Education, 2014.
  • A. M. Turton, J. Umbreit, S. R. Mathur, Systematic function-based intervention for adolescents with emotional and behavioral disorders in an alternative setting: Broadening the context, in «Behavioral Disorders», 36, pp. 117–128, 2011.
  • M. White, Deconstruction and therapy, in S. Gilligan & R. Price (Eds.), Therapeutic conversation, Norton, New York, NY 1993, pp. 22–61.
  • M. White, Re-authoring lives: Interviews and essays, Dulwich Centre Publications, Adelaide, Australia 1995.
  • M. White, D. Epston, Narrative means to therapeutic ends, WW Norton & Company, New York, NY 1990.
Condividi:

Autumn Joy Moore

è school counselor in una scuola media di Athens, Georgia.

Candice Norris-Brown

è counselor e insegna all’Indiana Wesleyan University.

Lee E. Grimes

insegna alla Valdosta State University, Georgia.

Leonissa Johnson

insegna alla Clark Atlanta University, Georgia.

Natoya Hill Haskins

insegna alla University of Virginia.

Contatti

Loescher Editore
Via Vittorio Amedeo II, 18 – 10121 Torino

laricerca@loescher.it
info.laricerca@loescher.it