Nel merito

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L’ultimo numero della rivista «La ricerca» ragiona sull’idea di merito fuori e dentro alla scuola da diversi punti di vista: pedagogico, istituzionale, sociale, filosofico, economico, etico.

 

È uscito il numero primaverile della rivista, in distribuzione nelle scuole secondarie di primo e secondo grado (e in anteprima allo stand Lœscher al Salone del libro di Torino, PAD 2, L65), non poteva non intercettare uno degli argomenti più centrali del dibattito attuale sulla scuola: quello del merito. Un concetto ambiguo che può assumere significati molto diversi a seconda della prospettiva da cui lo si guarda. «Chi stabilisce che cosa è meritevole e di quali capacità ci sia bisogno? E in vista di quale bene comune? Sono domande semplicissime ed essenziali, dalla cui risposta dipende tanto del nostro, del loro futuro», sintetizza nell’editoriale del numero il direttore Sandro Invidia, che mette in guardia citando la «massima della donna Prassede manzoniana, che per riuscire a far del bene alla gente, la prima cosa, nella maggior parte de’ casi, è di non metterli a parte del disegno».

Apre la sezione SAPERI l’articolo di Vanessa Roghi, che da storica ragiona sui rischi connessi all’ingegneria sociale «feroce» dietro alla «società dei meritevoli»; Elena Granaglia analizza le principali questioni in gioco e prova a sviluppare una nozione di merito che si contrappone alle visioni oggi dominanti. Segue l’economista Francesco Silvestri, cui è affidato il compito di parlare di mercato, ovvero di merito e della sua remunerazione, mentre la filosofa Silvia Capodivacca sottolinea, in un excursus che va da Platone a Sloterdijk, i paradossi e i contorni di una pratica “aristocratica”. Andrea Mariuzzo racconta le diverse idee di società e scuola e cultura che emergono dalle  procedure di selezione dei migliori in Europa e in USA; Simone Giusti parte dall’importanza attribuita alla possibilità di distribuire premi, in modo da contribuire al mantenimento di un’idea gerarchica di società (ne sarebbe un esempio l’Ordine al merito della Repubblica Italiana), per ricordare che il merito è anche un criterio per distribuire risorse scarse, che non sono sufficienti a soddisfare i bisogni di tutti. Chiudono la sezione Johnny L. Bertolio, con un appassionato e dotto affondo a un concetto che nasce «all’interno del capitalismo e del patriarcato, più per legittimare rapporti di scambio che per valorizzare chi ce l’ha fatta nonostante tutto» e al canone letterario perfettamente aderente a tale schema, e Mauro Reali, che fa considerazioni di ordine etimologico-semantico e culturale sul termine italiano «merito» e sull’idea del meritum nel mondo antico.

Il DOSSIER apre la consueta finestra oltreoceano e sposta la riflessione sul piano universitario: il primo articolo offre una panoramica su borse di studio e sovvenzioni, strumenti sempre più indispensabili per gli studenti americani, e sul dibattito in corso relativo ai criteri con cui vengono stanziati; inoltre, ed è il tema del secondo articolo, molte prestigiose università americane ammettono i loro candidati basandosi su caratteristiche apparentemente neutre rispetto alla provenienza etnica, ma in realtà fortemente legate alla ricchezza e all’essere bianchi, come l’eccellenza atletica. Il terzo contributo approfondisce l’argomento facendo l’esempio degli asiatici americani.

La sezione SCUOLA si apre con Roberto Trinchero che definisce merito, eguaglianza di opportunità, eguaglianza di risultati «concetti utili ma problematici, soprattutto quando vengono applicati agli studenti», e suggerisce una via d’uscita: trasferire «la competizione con gli altri su un piano di competizione con sé stessi (impegnarsi per migliorare)» e ridefinire il merito come «proprietà collettiva anziché individuale; perché «una scuola che “merita” è una scuola che costruisce gruppi e aggregazioni efficaci», dove «i talenti del singolo lavorano per il gruppo, i talenti del gruppo lavorano per il singolo». Per Cristiano Corsini, che si concentra sulla questione della valutazione (degli apprendimenti e degli istituti scolastici), le pratiche del sistema d’istruzione attuale rischiano di riprodurre le disuguaglianze esistenti. Moira Sannipoli propone un’idea diversa di bisogno e di inclusione, di diversità: una scuola in cui «la differenziazione degli interventi non riguarda alcuni, ma un modo ordinario di procedere in educazione»; una scuola che “meriti” di essere frequentata. Perché – la conclusione è del dirigente scolastico Fabio Cannatà, che ha un incarico di reggenza di sezioni carcerarie – l’istruzione «è sempre un’altra possibilità».

Il pdf integrale del numero 24 è sfogliabile e scaricabile gratuitamente dal sito de La ricerca.

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