Lodi e il mestiere di insegnare

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“Guida al mestiere di maestro” esce per la collana “Libri di base” degli Editori Riuniti nel 1982. È un’idea di Tullio De Mauro quella di inserire un testo come questo, che tiene insieme una visione storica 
dell’insegnamento da un lato, dall’altro una forte componente pratica – una guida, appunto – scritta dal maestro Mario Lodi. Utilissimo, oggi, per riflettere sulla storia della formazione.
Scuola di Vho di Piadena (CR), insegnante Mario Lodi, ciclo scolastico 1958-1962.

Mario Lodi e Tullio De Mauro si sono conosciuti nella seconda metà degli anni Sessanta, quando il linguista è stato coinvolto dal gruppo di insegnanti dell’MCE (Movimento di cooperazione educativa) nei corsi di formazione sulla didattica dell’italiano1. Come scrive De Mauro, è solo nel 1970, però, che lui e Lodi diventano amici, grazie alla mediazione di Giorgio Pecorini, giornalista e intellettuale, che ha avuto già l’immenso merito di aver fatto conoscere nel 1963 don Lorenzo Milani e lo stesso Mario Lodi, incontro dal quale scaturirà il processo di scrittura collettiva che porta alla Lettera a una professoressa2.

La collana Libri di base è un’idea che De Mauro ha mutuato da Lodi e dagli insegnanti dell’MCE che, sul modello di Célestin Freinet, dagli anni Cinquanta, hanno cercato di mettere insieme una biblioteca ideale ad uso degli insegnanti di ogni ordine e grado per tradurre in pratica il “metodo della ricerca”3. Insegnare attraverso la ricerca è uno dei punti chiave delle nuove tecniche didattiche dell’MCE: per farlo occorrono testi che consentano di approfondire i diversi argomenti richiesti dai programmi scolastici, mettendo da parte i manuali, al centro di una critica radicale, soprattutto a partire dai tardi anni Sessanta. I “libri di base” sono, dunque, monografie ad uso di insegnanti e genitori che vogliano farsi carico di un progetto educativo democratico a vasto raggio. Non vogliono rivolgersi solo alla scuola, ma all’intera società, pensata come comunità auto-educante.

Mettere in questa collana un libro come la Guida al mestiere di maestro, tuttavia, è una scelta non del tutto scontata. Quello del maestro, dell’insegnante più in generale, è ancora visto come un mestiere che si impara facendolo, un’idea che hanno anche molti insegnanti che usano gli stessi libri di base. De Mauro e Lodi, invece, vogliono sottolineare che l’insegnamento va conosciuto bene per essere svolto con serietà e competenza, non solo a partire da un tirocinio costante, ma anche attraverso le sue componenti storiche, pedagogiche, teoriche, soprattutto per quanto riguarda la didattica. Per farlo, tuttavia, occorrerebbe investire molto di più di quello che si fa nella formazione: ma, scrive Lodi nel 1982, su questo si fa ancora veramente troppo poco, e anche per questo la scuola è in profonda crisi.

In effetti, la formazione dei docenti è, alla fine degli anni Settanta, un tema sul quale c’è assai poca condivisione, anche se riguarda tutti gli ordini scolastici: non a caso lo stesso Movimento di cooperazione educativa si è spaccato, alla fine del decennio precedente, proprio su questo punto, su come e in cosa deve essere formato un insegnante, sulle tecniche didattiche, che per la maggioranza degli insegnanti devono essere una preoccupazione secondaria per chi insegna, subordinata a una chiara scelta ideologica, di campo. Questa scelta rende ancora più evidente la crisi del mestiere di insegnante che si produce negli anni Settanta. Partiamo dalla scuola primaria.

Nel 1974 il sociologo Marino Livolsi, insieme ad altri ricercatori, in uno studio sulle scuole elementari definisce la scuola dell’obbligo, nei suoi primi cinque anni, la «macchina del vuoto»4, una scuola sorda «verso ogni proposta innovativa sul piano didattico» che «ha costantemente sdegnato di far riferimento alle teorie e alle proposte educative che le scienze sociali e in particolare la pedagogia, sono venute via via avanzando»5. Questo malgrado l’introduzione del tempo pieno, che avrebbe dovuto modificare radicalmente il sistema dell’istruzione primaria, e l’immissione in ruolo di molti giovani maestri e maestre in teoria più “aggiornati” degli anziani colleghi. Ma non è così. I giovani maestri, secondo la ricerca, non sono più formati dei colleghi anziani. Inoltre il gran numero di riforme non ha agito in senso progressivo, stimolando l’innovazione e la voglia di formarsi, ma semmai, al contrario, in senso regressivo. Secondo gli studi di sociologia dell’educazione, ai quali è essenziale rifarsi perché sono fra le poche fonti disponibili per ragionare sulle trasformazioni vissute dai docenti italiani della scuola dell’obbligo, ma anche della secondaria superiore, si ripete, a metà degli anni Settanta, quello che era già accaduto dopo la riforma delle scuole medie del 1962. Le riforme sono viste, infatti, come calate dall’alto anche da chi le aveva auspicate, mentre si spostano le rivendicazioni su questioni di tipo salariale o identitario6. Lo scrivono Antonio Cobalti e Marcello Dei (quest’ultimo già autore del più importante studio sulla reazione dei professori alla riforma delle scuole medie, Le vestali della classe media, 1969) che ora pubblicano Insegnanti: innovazione e adattamento (1979), domandandosi «dove vanno gli insegnanti della scuola secondaria superiore». Una domanda che possiamo estendere, come vedremo, anche alla scuola dell’obbligo.

Dieci anni fa, nel chiederci la stessa cosa per gli insegnanti della scuola media unica, partivamo da una costatazione: la violenta opposizione alle innovazioni introdotte dalla riforma del 1962. Ora il punto di partenza è un altro: il diffuso malessere, la disaffezione del corpo docente nei confronti del proprio lavoro. […] Disincantati nei confronti degli Organi collegiali (fin dal 1976), apatici rispetto alla riforma rimasta per tanti, troppi anni in gestazione nei progetti legislativi, distaccati dalla stessa attività quotidiana nelle classi fino al punto di dubitare della loro identità professionale7.

Il rinnovamento della didattica non è visto però come una risposta possibile a questa crisi, perché non c’è stato.
Secondo il Rapporto Iref Maestri in Italia «attivismo, metodo globale, insiemistica, sociometria, esperienze di drammatizzazione ecc. sono forse ricordi di affrettate letture scolastiche o concetti che passano sopra la testa degli insegnanti elementari e che vengono talora captati solo grazie all’iniziativa personale o agli infrequenti quanto astratti corsi di aggiornamento»8. La scuola tutta non è all’avanguardia, dicono gli studiosi, le tecniche innovative sono ignorate o usate in modo occasionale o distorto (il tema libero, per esempio, o il lavoro di gruppo9). Il voto continua a essere l’asse intorno a cui ruota tutta l’attività scolastica10. Ancora nel Rapporto Iref leggiamo: «Interrogo tutti i giorni i ragazzi alla lavagna. Serve per dare importanza e autorità a noi. Faccio interrogazioni una volta alla settimana per far conoscere a ciascuno i propri limiti. Interrogo tutti i giorni alla cattedra; l’alunno deve rispondere con un discorso»11.

La proposta di Lodi e degli insegnanti che come lui hanno lavorato sull’auto-formazione va, ormai da decenni, in tutt’altra direzione, ma non ha fatto breccia, nemmeno fra gli stessi insegnanti di sinistra che fin dalla metà degli anni Settanta rivendicano in parte la necessità di tornare a una scuola “seria”. Antiche diffidenze idealistiche verso la didattica e la pedagogia si saldano, adesso, con una vulgata marxista, che guarda più a cosa si insegna che a come lo si insegna.

La Guida al mestiere di maestro è una risposta a questo disinteresse, intende riportare al centro dell’insegnamento il problema del come si insegna. Saper insegnare dalla parte dei bambini, conoscerli, aiutarli a crescere come individui e come cittadini attraverso un progetto didattico che attivi la loro capacità di conoscere è l’obiettivo ultimo che si prefiggono Lodi e De Mauro. Come era stato nei primi anni Cinquanta, le tecniche educative tornano a essere lo strumento più importante della cassetta degli attrezzi del buon insegnante. Fa abbastanza impressione vederlo scritto ancora una volta nel 1982, a trent’anni dai primi convegni dell’MCE, quando già questi temi sembravano posti, da un punto di vista, almeno teorico, una volta per tutte12. Scriveva Giuseppe Tamagnini nel 1952: «educazione, si dice, non è tecnica: d’accordo, come non è tecnica la musica o l’architettura o la pittura; ma, mentre, pur sottolineando che l’arte in sé non è tecnica, nessuna persona di buon senso direbbe che non esiste una tecnica del costruire, la tecnica del dipingere, del suonare eccetera, nel campo invece dell’educazione non tutti sono disposti ad ammettere che vi sia una tecnica dell’educare»13.

Come ogni lavoro creativo, scrive Lodi nel 1982, anche quello dell’educatore ha i suoi strumenti, le sue tecniche: la discussione collettiva, il giornalino, per esempio. Il piano di lavoro deve essere condiviso con i bambini e con i loro genitori perché sia davvero efficace. L’educazione dei genitori fa parte dei compiti del maestro quasi quanto quella dei bambini: questo è un tema centrale per Mario Lodi, che ritorna con forza a pochi anni dall’approvazione dei Decreti delegati (1974).

Non solo i genitori inconsapevoli, ma anche quelli perfettamente consapevoli dell’importanza della scuola, e per questo motivo in preda alla ricerca spasmodica e disperata dell’insegnante perfetto per i loro figli, devono essere educati. Scrive Lodi:

Ogni anno, anche molto prima dell’inizio dell’anno scolastico, ricevo telefonate lettere di genitori conosciuti e no, di ogni parte d’Italia che vivono con preoccupazione, con angoscia il momento dell’iscrizione del figlio alla scuola pubblica. Mi chiedono se conosco qualche scuola della loro città o zona o paese dove ci sia qualche insegnante cui affidare il bambino con la garanzia che venga rispettato nella sua personalità. L’abbiamo tirato su cercando di farlo ragionare su tutto, gli abbiamo dato la possibilità di esprimersi, crediamo nella felicità. Non vorremmo che capitasse con un insegnante che lo imbottisse di vecchie idee14.

Fra i compiti del maestro, secondo Lodi, c’è anche la risposta a questa domanda. Una domanda che suona tanto attuale quanto problematica, in anni nei quali la distinzione fra sezioni buone e sezioni “cattive” è tornata a sembrare naturale a tanti, troppi osservatori.

La Guida al mestiere di maestro è ancora oggi uno strumento utile per ragionare su quanto la storia della scuola sia caratterizzata da elementi di lunga durata difficili da modificare, primo fra tutti l’idea che per certe cose, come l’insegnamento, la formazione, in fondo, non serva.


NOTE

  1. Mi permetto di rinviare al mio Il passero coraggioso. Cipì, Mario Lodi e la scuola democratica, Laterza, Roma- Bari, 2022, pp. 98-101.
  2. Mario Lodi era stato in visita a Barbiana accompagnato dall’amico giornalista Giorgio Pecorini. F. Lorenzoni, C. Lodi (a cura di), L’arte dello scrivere. Incontro fra Mario Lodi e don Lorenzo Milani, Casa delle Arti e del Gioco, Drizzona 2021.
  3. M.R. Di Santo, Mario Lodi e la “Biblioteca di lavoro”. Una proposta didattica alternativa ancora attuale, Edizioni Junior-Bambini Srl, Reggio Emilia 2022, pp. 79 sgg. V. anche M. Lodi, Muore la Biblioteca di lavoro, in «LG Argomenti», 4, 1980, pp. 11-14.
  4. M. Livolsi (a cura di), La macchina del vuoto: il processo di socializzazione nella scuola elementare, cit.
  5. Ibid., p. 15.
  6. A. Cobalti, M. Dei, Insegnanti e organi collegiali, «Scuola e città», 3, 1977, p. 102. V. anche A. Colbalti, M. Dei, Insegnanti: innovazione e adattamento. Una ricerca sociologica sugli insegnanti della secondaria superiore, La Nuova Italia, Firenze 1979, pp. 106-107. Rapporto Iref, Maestri in Italia. Chi sono, cosa pensano, come operano, Coines Edizioni, Roma 1976.
  7. Ibid., p. 1.
  8. Rapporto Iref, Maestri in Italia, cit., p. 105, ma tutto il capitolo è interessante, pp. 102-109.
  9. Ibidem, pp. 111 sgg.
  10. Ibidem, pp. 116-117.1
  11. Ibidem., p. 117.
  12. Cfr. R. Rizzi, La cooperazione educativa per una pedagogia popolare. Una storia del MCE, Edizioni Junior, Parma 2022 e bibliografia ivi contenuta.
  13. Cfr. V. Roghi, Il passero coraggioso, cit., p. 29.
  14. M. Lodi, Guida al mestiere di maestro, Editori Riuniti, Roma 1982, p. 7.

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Vanessa Roghi

Storica del tempo presente, ricercatrice indipendente, autrice di programmi di storia per Rai Tre. Bodini Fellow presso l’Italian Academy della Columbia University dal 2020 al 2021. Ha pubblicato, per Laterza, nel 2017 “La lettera sovversiva. Da don Milani a De Mauro, il potere delle parole“, nel 2018 “Piccola città. Una storia comune di eroina“, nel 2020 “Lezioni di fantastica. Storia di Gianni Rodari“, nel 2022 “Il passero coraggioso. Cipì, Mario Lodi e la scuola democratica“; nel 2021 per Einaudi Ragazzi “Voi siete il fuoco. Storia e storie della scuola”, nel 2022 per Mondadori “Eroina“.

Su twitter è @VaniuskaR

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