«Epos e pop si fondono», ha scritto Elisa Biagini in una nota introduttiva al libro, e il viaggiatore solitario che impersona l’io lirico è di volta in volta Ulisse (Nessuno) e Han Solo, Douglas Quaid – protagonista di Total Recall, film tratto da un racconto di Philip Dick – e David Bowman, l’astronauta di 2001: Odissea nello spazio.
Il futuro, in questa rara se non unica saga poetico-fantascientifica, non è altro che una permanente e insistente promessa di immortalità e, soprattutto, di smemoratezza.
falsa partenza
la mia astronave è partita solo per cercar conferme
a quello che già sapeva
inutile partire inutile restare
penny lasciata a casa
mi dimenticherà mille volte
ma non ha detto niente
anche lei sapeva
itaca morbida
troppo comoda per il mio culo
troppo facile morire tra i tuoi seni teneri
anche se questo viaggiare
è pur sempre una prigione
***
una brutta bonaccia
navigare nel futuro
con l’astronave piena di ricordi
o restare bloccato nella bonaccia
costretto a vivere gli stessi giorni
gli stessi minuti
la stessa tristezza calda che mi rode da secoli
anche gli ologrammi di te
mi sono astiosi
così m’imbevo di liquidi e mi trastullo
ché neanche questa robottina di carne qui accanto
può competere coi miei abietti pensieri
***
mentre il tempo passa
scansare meteoriti
schizzare negli iperspazi
girovagare sotto droghe aliene
che differenza tra il fresco condizionato
di questa astronave
e quello dei boschi che frequenti
tra le piscine spaziali
e i mari pescosi in cui ti bagni
penny abilissima sarta
dalla tela troppo piccola
per la mia pazzia enorme
vent’anni sono troppi
per chiunque abbia un po’ di vita addosso
***
probabilità
le stelle non esistono
sono solo teste di dèi che specolano l’universo
come statue sotto il sole greco
come soprammobili dei miei neuroni
questi sono i miei dèi
beati sulla consolle
sopra una bussola attratta da troppi poli
un buddha cinese col rossetto
una madonnina ripiena d’acqua di lourdes
un sanfirmino senza gambe
santarita e padrepio per mano sotto la neve
una balena di plastica
tra cristincroce sofferenti
capitan al varo appena sveglio
un sifone del seltz senza gas
***
monoliti e miti
corro nella stiva
e prendo a calci e sputi e testate il parallelepipedo
sanguino ma ho tanto fiato da sprecare e rabbia
con tutta la forza che ho lo spingo fino all’espulsore
lo sgancio giù nel buio sotto gli occhi vuoti delle stelle
allora ti vedo insieme a me racchiusa nella pietra
stiamo con i piedi nell’acqua verde di un lago di ninfee
ci sono tre pietre e sopra queste
dei bambini in posa
e pezzi semisommersi di statue bianche
la robottina mi trattiene per la tuta
proprio nel momento in cui sto per autoespellermi
***
richiamo totale
viaggio su e giù
millenni avanti e indietro
finché un giorno vado troppo lontano
mi trovo in un posto fatto di nulla
e dico a me stesso
non tornare indietro
così niente accadrà
resta qui
non ci sarà passato
solo questo futuro
che sarà come un presente
ma all’improvviso
sento uno strappo
e torno indietro
con qualcosa in meno
***
ad occhi aperti
conta ciò che voglio sentirmi dire
i precognitivi lo confermano
si cerca quel che si vuole trovare
anche se fino a un attimo prima
non esisteva nemmeno
Roberto Balò, francesista, insegna italiano come lingua straniera e scrive di didattica dell’italiano, di arte e di musica. Legge in pubblico le sue poesie dai primi anni Novanta, da solo o in collaborazione con artisti e musicisti. Le sue opere poetiche sono: Rispetta il macellaio, Il dio placebo e Nuovi complementi al dio placebo, La perdita del tempo e Cartografie, Saga.