Ce lo chiediamo nel giorno del suo novantesimo compleanno, cercando di ripercorrere una lunga carriera piena di successi e di fortunati incontri con grandi registi. Clint Eastwood è nato il 31 maggio 1930 a San Francisco. Dopo gli studi al college e una parentesi nell’esercito, svolge molti mestieri, prima d’intraprendere, quasi per caso, la carriera d’attore. Non ha alle spalle studi accademici o esperienze in ambito teatrale: è un attore che arriva dalla strada e porterà nel cinema una recitazione istintiva, fatta più di sguardi e di azione che di parole. Debutta nel mondo del cinema verso la metà degli anni Cinquanta in piccoli ruoli da comprimario, senza lasciare alcuna traccia. La popolarità arriva quando interpreta il personaggio di un cowboy nei telefilm western della serie Rowhide, ma la vera svolta della sua carriera sarà segnata dall’incontro con Sergio Leone.
Per qualche dollaro in più
L’incontro con Sergio Leone
Il regista romano stava preparando Per un pugno di dollari. Avrebbe voluto come protagonista del suo film Henry Fonda, con cui lavorò in seguito in C’era una volta il West (1968), ma non ci fu nulla da fare. James Coburn costava troppo e arriverà su un set di Sergio Leone solo nel 1971 in occasione di Giù la testa. Guardando alla televisione un episodio della serie Rowhide, Leone restò colpito da un giovane attore dal viso spigoloso, dallo sguardo intenso e di poche parole. Era lui l’attore che cercava. Stanco del solito personaggio televisivo, Clint Eastwood prese al volo l’opportunità di girare un film italiano, anche se all’epoca Sergio Leone era quasi sconosciuto. Ma la lettura del copione e l’idea di vedere l’Europa lo convinsero ad accettare la proposta. Iniziò così, quasi per caso, una collaborazione artistica, che diede vita a quella che oggi è conosciuta come la trilogia del dollaro: Per un pugno di dollari (1964), Per qualche dollaro in più (1965) e Il buono, il brutto e il cattivo (1966). Clint Eastwood indossò un poncho e un cappello da cowboy per interpretare un pistolero senza nome, di poche parole e veloce con la Colt. Il suo personaggio attraversava lo spazio scenico con ieratica lentezza e con la sicurezza di chi non teme di mettere in gioco la vita a ogni passo. Calmo e disincantato, disegna il profilo di un anti-eroe stanco e solitario, senza radici, che non ha nulla da perdere ed è sempre pronto ad andarsene, in un’altra città o al Creatore.
Don Siegel e l’era Callaghan
Nel 1966 Clint Eastwood gira il primo film con Don Siegel: L’uomo con la cravatta di cuoio. Sarà l’inizio di un lungo sodalizio che durerà per oltre dieci anni e segnerà in modo indelebile la carriera di Eastwood. L’attore americano si troverà a interpretare una serie di film d’azione, in cui incarna spesso il ruolo di un giustiziere solitario, che utilizza metodi poco ortodossi e a volte incompatibili con il distintivo che indossa. Sono gli anni d’oro dell’Ispettore Callaghan, un poliziotto spietato e duro che insegue i criminali con metodi da far west nelle moderne metropoli americane. La sua legge è una 44 Magnum sempre pronta a sparare. I suoi personaggi sono violenti, reazionari, carichi d’odio nei confronti dei delinquenti e, quando serve, pronti a farsi giustizia da soli. I titoli lasciano poco spazio all’immaginazione: Gli avvoltoi hanno fame (1968) e Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo (1971). Sempre con Siegel reciterà anche in: La notte brava del Solato Jonathan (1971) e in Fuga da Alcatraz (1979).
Michael Cimino
Nella lunga carriera di Clint Eastwood non sono mancate altre collaborazioni interessanti. Con Michael Cimino ha girato uno dei suoi migliori film: Una calibro 20 per lo specialista (1974). La storia di una rocambolesca rapina, organizzata da un gruppo di attempati criminali, permette a Clint Eastwood di dar vita a una delle sue più belle interpretazioni, accanto a un giovanissimo Jeff Bridges.
La regia, dagli anni Settanta agli anni Novanta
Clint Eastwood firma la prima regia nel 1971 con Brivido nella notte. Faranno seguito una serie di lungometraggi che spesso sembrano rifarsi alle atmosfere dell’era Siegel, come se il marchio di fabbrica del celebre regista fosse rimasto attaccato a Eastwood in modo indelebile. Ricordiamo qualche titolo emblematico di questo periodo: Lo straniero senza nome (1973), Il texano dagli occhi di ghiaccio (1976), L’uomo nel mirino(1977), FireFox – Volpe di Fuoco (1982), Coraggio, fatti ammazzare (1983), Il cavaliere pallido (1985), Gunny (1986), La recluta (1990), Gli spietati (1992). Tuttavia non manca qualche prova dietro alla macchina da presa che comincia a far intravvedere un regista diverso, meno schematico e manicheo, più problematico e sensibile: Honkytonk Man (1982), Bird (1988), Cacciatore bianco cuore nero (1990), Un mondo perfetto (1993), I ponti di Madison County (1995).
Eastwood autore maturo
Il vero volto di Clint Eastwood regista comincia a vedersi solo all’inizio degli anni 2000. Se già con Mystic River (2003) aveva fatto qualche passo avanti nella definizione di un nuovo percorso, il film di svolta è senza dubbio Million Dollar Baby (2004). Un’opera crepuscolare ambientata nel mondo del pugilato, che mette in luce un’insospettabile sensibilità autoriale.
Nel 2006 Eastwood sorprende tutti con due grandi film sulla seconda guerra mondiale e in particolare sulla battaglia di Iwo Jima. Con Flags of Our Fathers racconta la vera storia dei sei marines che issarono la bandiera americana su una collina alla fine della battaglia. Un fatto immortalato in una delle fotografie di guerra più famose della storia, che viene raccontato smontando ogni traccia di retorica e di eroismo. Lettere da Iwo Jima è il contraltare giapponese di Flags of Our Fathers, vissuto attraverso lo sguardo e soprattutto le lettere scritte dai soldati giapponesi e mai spedite.
Il 2008 è un altro anno da ricordare per la sua carriera. Prima firma Changeling e subito dopo esce un dei suoi film più belli, sicuramente il più personale e intimo: Gran Torino. Seguono Invictus – L’invincibile (2009) e Hereafter (2010), entrambi interpretati da Matt Damon, e poi J. Edgar (2011), il ritratto spietato di una delle personalità più buie e della storia americana: J. Edgar Hoover, capo dell’FBI dal 1924 al 1972.
Dopo la parantesi poco fortunata di Jersey Boys (2014), Eastwood ha firmato ancora American Sniper (2014), Sully (2016), Ore 15:17 Attacco al treno (2018), dei buoni film, che però non raggiungono le vette delle sue migliori opere.
Ritrova, invece, la vena creativa con Il corriere (2019), la vera continuazione ideale delle atmosfere e del mood sentimentale di Gran Torino, e con Richard Jewell (2019), altra parabola sul tema del rapporto tra individuo e potere già affrontata in Changeling e in J. Edgar.