Nato a Genova nel 1922, Gassman si trasferisce giovanissimo a Roma e, dopo il liceo classico, studia all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica. Nel 1943 debutta a teatro lavorando ben presto con attori del calibro di Tino Carraro, Ernesto Calindri e con la compagnia del Teatro Nazionale. Il cinema italiano, che in quegli anni ricominciava quasi da zero dopo la fine della Seconda guerra mondiale, non si lascia sfuggire questo giovane e promettente attore. Dopo qualche apparizione minore, il successo arriva con Riso amaro (1949) di Giuseppe de Santis. Un film che, pur mantenendo una classica un’ambientazione neorealista, inserisce nella narrazione elementi tragici e alcuni risvolti vagamente melò.
Contemporaneamente agli impegni cinematografici, Gassman continua a frequentare le tavole dei palcoscenici più importanti. Questa duplice vocazione, che lo porta a dividere il suo tempo tra i set e gli impegni teatrali, sarà una caratteristica di tutta la sua carriera. Un’esperienza che ha contribuito ad arricchire il suo bagaglio espressivo, rendendolo attore duttile e capace di affrontare ogni ruolo. Anche la televisione si accorge del suo talento. Sul piccolo schermo è stato protagonista del programma Il Mattatore, soprannome che lo accompagnerà per il resto della vita.
Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, Vittorio Gassman diventa uno dei volti più popolari del cinema italiano. Dimostra la straordinaria capacità di svestire i panni del grande attore di teatro classico, per passare con disinvoltura al contesto quotidiano della commedia. Da questa sua poliedricità interpretativa, e dall’intelligenza di non tracciare confini tra il teatro alto e il cinema popolare, nascono alcuni personaggi indimenticabili.
Si deve soprattutto alla geniale creatività di Mario Monicelli l’intuizione di vedere in Gassman le doti di un grande interprete della commedia all’italiana. Nel 1958 è nel cast de I soliti ignoti, dove veste i panni di Peppe “er Pantera”, pugile di second’ordine che entra a far parte di una sconclusionata banda d’improvvisati rapinatori. L’anno dopo sarà Nanni Loy a dirigerlo nel sequel, L’audace colpo dei soliti ignoti (1959). Sempre con Monicelli, interpreta al fianco di Alberto Sordi La grande guerra (1959). La strana coppia del milanese Giovanni Busacca e del romano Oreste Jacovacci si trova ad affrontare il dramma della guerra cercando di cavarsela con mille espedienti, fino al riscatto finale.
Negli anni successivi Dino Risi offre a Gassman alcuni ruoli che sono entrati nella storia del cinema. Nel film Il sorpasso (1962) è Bruno Cortona, un estroverso guascone che vive d’espedienti, contrapposto al suo compagno d’avventura, un timido studente universitario interpretato da Jean-Louis Trintignant.
L’anno seguente è in coppia con Ugo Tognazzi nella commedia a episodi I mostri e nel 1964 è uno squattrinato in cerca d’avventure ne Il gaucho. Risi e Gassman lavoreranno spesso insieme. Ricordiamo solo qualche titolo: Il tigre (1967), Il profeta (1968) e In nome del popolo italiano (1971).
Il sodalizio con Mario Monicelli si rinnoverà con due straordinari film d’ambientazione picaresca, che permettono a Gassman di mostrare il suo carattere da vero istrione: L’armata Brancaleone (1966) e Brancaleone alle Crociate (1970).
Agli inizi degli anni Settanta l’orizzonte del cinema italiano cambia in modo repentino. Dopo i sussulti sociali e la contestazione del Movimento Studentesco, gli scioperi e le lotte operarie, non è più tempo per lo spensierato disimpegno della commedia italiana degli anni del boom economico. I tempi cupi e conflittuali portano il cinema a riflettere sui cambiamenti in atto con uno sguardo più critico e disilluso. Il 1974 è un anno d’oro per la carriera di Gassman. Interpreta due grandi film: Profumo di donna di Dino Risi, una riflessione esistenziale sulla solitudine e sulla morte, e C’eravamo tanto amati di Ettore Scola, amara e nostalgica riflessione sull’Italia del dopoguerra, tra illusioni smarrite, aspettative tradite e una realtà sempre più lontana dai sogni di gioventù. Con Scola tornerà a lavorare ne La terrazza (1980) ritratto dei vuoti riti mondani della classe intellettuale della fine degli anni Settanta.
Nello stesso periodo, alcuni grandi autori del cinema internazionale offrono a Gassman ruoli importanti. Nel 1978 gira due film con Robert Altman, Quintet e Un matrimonio. Poi sarà la volta di La tempesta (1982) di Paul Mazursky e La vita è un romanzo (1983) Alain Resnais. Con Scola girerà ancora La famiglia (1987) e La cena (1998).
Nel 1996 Barry Leviston lo vuole nel cast di Sleepers, ma a noi piace chiudere questo veloce viaggio nella sua carriera cinematografica con un titolo profetico di Dino Risi, Tolgo il disturbo (1990). Una sorta di viaggio nel passato, nei ricordi di una vita, di testamento involontario di chi avverte che la fine si sta avvicinando, inesorabilmente. Ricorderemo per sempre la sua voce profonda, educata dagli studi accademici, capace di dar vita con la stessa passione ai personaggi della tragedia greca, del teatro classico o del cinema popolare, il suo geniale talento di attore universale, la sua cultura, la sua intelligenza tagliente, il suo spirito sarcastico e la sua ironia, l’amore infinito per il suo lavoro e la sua forza interiore, che negli ultimi anni della vita gli ha permesso anche di esorcizzare il demone latente della depressione.
Lo ricordiamo con grande affetto, citando l’epitaffio che lui stesso scelse: Vittorio Gassman, attore: «Non fu mai impallato».