«Gli indici di povertà estrema si sono ridotti di più della metà dal 1990. Nonostante si tratti di un risultato notevole, nelle zone in via di sviluppo una persona su cinque vive ancora con meno di 1,25 dollari al giorno e ci sono molti milioni di persone che ogni giorno guadagnano poco più di tale somma. A ciò si aggiunge che molte persone sono a rischio di ricadere nella povertà.
La povertà va ben oltre la sola mancanza di guadagno e di risorse per assicurarsi da vivere in maniera sostenibile. Tra le sue manifestazioni c’è la fame e la malnutrizione, l’accesso limitato all’istruzione e agli altri servizi di base, la discriminazione e l’esclusione sociale, così come la mancanza di partecipazione nei processi decisionali. La crescita economica deve essere inclusiva, allo scopo di creare posti di lavoro sostenibili e di promuovere l’uguaglianza.»
Obiettivo 1 dell’Agenda 2030 dell’ONU
Quando parliamo di povertà siamo spesso approssimativi e non bastano definizioni, studi e statistiche per rendere le cose chiare. A scuola i bambini ci dicono che per loro esseri poveri significa «non mangiare», «non andare a scuola», «non avere regali a Natale». Per i nostri volontari essere poveri è «non arrivare alla fine del mese», «non pagare l’affitto», «non comprare la carne». In India la povertà che ho incontrato è la precarietà, il vivere al limite, senza reti, giorno per giorno senza altre risorse se non quelle per arrivare a fine giornata. Un tesoro che ogni giorno viene cercato e ogni giorno viene esaurito, con il timore che una qualunque contrarietà spezzi questa catena. In Kenya la povertà che ho visto è l’assenza di speranza, la fame negli occhi, la terra arida che si crepa, le baraccopoli ai margini di una discarica.
Non riusciamo a descriverla bene la povertà e se non riusciamo a descriverla diventa uno stereotipo, un’immagine, un cliché da affrontare con l’elemosina, con la retorica a buon mercato o con la negazione e la sottovalutazione sistematica. Perché l’obiettivo diventi priorità condivisa occorre che tutti riescano a capirla, la povertà, che la sperimentino attraverso un confronto o un racconto diretto, che ne colgano uno dei tanti significati che a mio avviso è la mancanza di giustizia sociale, intra e intergenerazionale.
E allora facciamo un gioco a scuola e chiediamo ai nostri ragazzi; quando ti sei sentito povero? Quale privazione, quale vulnerabilità, quale solitudine ti ha fatto sentire povero? Quando hai visto la povertà dal vivo, in una persona in carne ed ossa? Quando, in un racconto, in una canzone, in un film l’hai sentita così viva e vera da farti star male?
Un catalogo, una descrizione collettiva per preparare coloro che riusciranno a porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo.
L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – in un grande programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi. L’avvio ufficiale degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile ha coinciso con l’inizio del 2016, guidando il mondo sulla strada da percorrere nell’arco dei prossimi 15 anni: i Paesi, infatti, si sono impegnati a raggiungerli entro il 2030.
Gli Obiettivi per lo Sviluppo danno seguito ai risultati degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals) che li hanno preceduti, e rappresentano obiettivi comuni su un insieme di questioni importanti per lo sviluppo: la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame e il contrasto al cambiamento climatico, per citarne solo alcuni. ‘Obiettivi comuni’ significa che essi riguardano tutti i Paesi e tutti gli individui: nessuno ne è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino necessario per portare il mondo sulla strada della sostenibilità.